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 2015  novembre 03 Martedì calendario

IL FASCINO SEXY DELLA PIPA

(SE SI SCEGLIE QUELLA GIUSTA) –
Tutte speculazioni piuttosto gratuite, che finiscono per intimi dire quanti non si ritengano all’altezza di tali vocazioni. Se ci accosta alla pipa semplicemente per scoprirne il fascino più in- timo, per assaporare un fumo di qualità diverso ma non meno nobile rispetto a quello del sigaro, difficilmente si resterà delusi. Il primo passo consiste nella scelta del modello. Curva o dritta? Grande o piccola? Liscia o sabbiata? Le risposte a queste opzioni di pendono dalla combi- nazione di numerosi fattori:con- testo, senso dell’estetica e delle proporzioni, preferenze personali, esperienza. La pipa dritta è a proprio agio in situazioni dina- miche e sportive, mentre quella curva, leggermente più impegnativa per via della tendenza a sviluppare umidità, dà il meglio di sé quando si desideri una fumata rilassata: si pensi a un dopo cena in poltrona, arricchito da una conversazione lieve, un ottimo distillato, un buon libro. Le dimensioni complessive e la capienza del fornello, oltre a scandire i tempi della fumata, sono importanti sotto il profilo estetico. Prima di essere acquistata, una pipa dovrebbe essere provata in bocca, davanti allo specchio, valutandone sia il peso, che non deve essere eccessivo per la mascella o costringere il volto a espressioni goffe e innaturali, sia le proporzioni rispetto al viso e al corpo: analoga sarà l’armonia che scaturirà da un fornello generoso associato a una corporatura ro- busta e imponente, o da uno di piccole dimensioni per una figura esile e minuta. Quanto alle finiture, le pipe lisce, generalmente considerate più pregiate, specie quando la radica presenta rare qualità, come ve- nature fiammate o piccoli disegni a occhio di pernice,sono da preferire in occasioni e con abiti formali. Quelle sabbiate (sotto- poste, cioè, a un forte getto di sabbia che ne scanala la superficie evidenziando le ve- nature del legno) si intonano benissimo a contesti e abbigliamento più sportivi. Nei primi approcci, occorre fare i conti con difficoltà divenute ormai classiche: la brace troppo viva che brucia la lingua; l’eccesso di condensa che inacidisce il gusto; i continui spegni- menti e le necessarie riaccensioni. Il superamento di questi piccoli fastidi, così come la piena soddisfazione che si potrà trarre dalla fumata, dipendono dal corretto dominio di alcuni passaggi fondamentali: il carica- mento, da effettuare lasciando cadere a pioggia, nel fornello, strati progressivi di tabacco, su cui esercitare una pressione crescente fino a quando attraverso il bocchino non passi la giusta quantità di aria, e l’accensione dell’intera superficie del tabacco (come fosse il piede del sigaro), aspirando con boccate dapprima veloci e leggere e poi lente e profonde, dopo aver nuova- mente pressato il tabacco sollevato dal fuoco. A pipa perfettamente accesa, il ritmo misurato della fumata eviterà si eccessivi spegnimenti sia surriscaldamenti del tabacco e del legno, regalando al palato e all’olfatto un variegato flusso di sensazioni. Sono queste sensazioni, del tutto peculiari, a rendere la pipa complementare rispetto ad altri nobili colleghi, come il sigaro Avana, a farne un accessorio immancabile della vita elegante, un raffinato braciere di aristocratici misteri, ma anche, ricordando i limpidi versi di Charles Baudelaire, mirabilmente tradotti da Giovanni Raboni, una fedele compagna le cui spire «incantano lo spirito d’un balsamo potente, e d’ogni affanno lieve il cuore».
ITALO BORRELLO, Libero 3/11/2015