varie, 4 novembre 2015
PIETRE
«Marquez forse s’è rovinato la carriera. Si è messo contro il pilota più amato di tutti i tempi, e quando Rossi si ritirerà lui sarà ricordato come quello che, forse, gli ha messo una pietra sopra in maniera neanche tanto comprensibile. Se fossi Marc, due grattatine alla coscienza me le darei» (Guido Meda).
IDOLI «Da piccolo giocavo nel Pescara, che è ancora la squadra del cuore, e tifavo Milan. Ma non avevo un attaccante di riferimento, un idolo da seguire, Ora mi piace Higuain, mi sembra la punta più forte del campionato. Giocatore incredibile» (Roberto Inglese, attaccante del Chievo al primo gol in A domenica scorsa).
OGGI «Oggi sono un coach dell’Università di Houston, dove sono tornato a vivere con Evelyn, mia madre 86enne. Un padre: mio figlio ha 21 anni e serve la patria in Corea, nell’esercito. Un ex atleta, un politico, un testimonial Nike che viaggia 190 giorni all’anno. Non resto a casa a guardare la tv, insomma...» (Carl Lewis).
BANCA «A me stranisce sempre tornare dove ho giocato. È già accaduto con i Raptors: lì fu molto emozionante e lo sarà anche al Garden. I fischi di Toronto al mio ritorno? Capitò solo il primo anno e comunque riservarono quel trattamento pure a Bosh. Sono cose che succedono, se volevo la tranquillità mi cercavo un impiego in banca» (Andrea Bargnani).
MILLE «Cosa mi dava più fastidio in un tecnico? Quando mi mettevano a fare i mille. Cioè le dieci ripetute da un chilometro a cui ci costringeva Zeman. Non le sopportavo, e non ero l’unico» (Alessandro Nesta).
DRIBBLING «Il dribbling. A destra o a sinistra, verso l’interno o l’esterno del campo. Un dribbling senza troppe finte: uno scarto secco e via. Perché ciò che conta, una volta che hai messo a sedere l’avversario, è che tu sei uno in più e loro uno in meno» (il colpo preferito di Federico Bernardeschi).
ISOLE «Siamo al terzo anno di A, qui facciamo ancora le conferenze in piedi, siamo piccoli, stiamo crescendo a poco a poco, servono equilibrio e continuità. Non siamo una favola: vogliamo essere una bella storia. Un’isola felice in cui i giovani italiani possano crescere. Non un posto dove prendi i soldi e nessuno ti rompe le scatole» (Eusebio Di Francesco e il suo Sassuolo rivelazione).