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 2015  novembre 03 Martedì calendario

SMACCO AIRBNB SAN FRANCISCO VUOLE SFRATTARLO DA CASA SUA

NEW YORK
Ha sconvolto l’industria alberghiera in mezzo mondo. Sta cambiando le regole del mercato immobiliare e turistico. E adesso subisce un attacco politico senza precedenti proprio a casa sua. Airbnb, la più celebre piattaforma digitale per affittare camere o case intere, oggi affronta il verdetto delle urne a San Francisco. Nella capitale mondiale delle tecnologie avanzate, che è anche la sede di Airbnb dalla sua nascita sette anni fa, si vota per la Proposition F. È un referendum cittadino indetto dagli anti-Airbnb. Se vincessero sarebbe un colpo duro per la nuova formula affitta- case di breve periodo. Airbnb ha preso la minaccia sul serio: investendo una cifra spropositata per un piccolo referendum locale, 8 milioni di pubblicità per la campagna “votate no”, contro i 350.000 dollari spesi dai promotori del sì. Spiccioli per Airbnb, naturalmente, visto che questa società viene valutata 20 miliardi di dollari, prima ancora della quotazione in Borsa. Ovvero, come notano gli analisti di Wall Street esterrefatti, Airbnb vale virtualmente più della catena di hotel Marriott, pur senza possedere un solo metro quadro sul mercato immobiliare. Tipico fenomeno della “sharing economy” — economia della condivisione — Airbnb è un puro intermediario digitale. Si limita a quotare e pubblicizzare tutte le abitazioni offerte in locazione dai proprietari. Il successo è in queste cifre: in un giorno qualsiasi vengono offerte su Airbnb un milione e mezzo di abitazioni (dalle ville alle monocamere), in 34mila città e 190 nazioni. Ma quanto di questa offerta è un fenomeno nuovo, nato dalla cultura della condivisione e del consumo frugale? Quanto invece è elusione di tasse e normative alberghiere, oppure delle leggi sui fitti? È questo il tema al centro del referendum di San Francisco. I promotori sostengono che Airbnb ha accelerato e amplificato un fenomeno in atto da anni nella capitale della Silicon Valley: la “gentrification”, l’espulsione dei lavoratori e del ceto medio, l’iper-inflazione immobiliare.
San Francisco avrebbe, sulla carta, una delle leggi più protettive d’America per i diritti degli inquilini: “rental control” è una sorta di equo canone, calmiera i fitti, ostacola gli sfratti. Airbnb aiuta ad aggirare quella legge. Basta mettere sul mercato un appartamento come una locazione di brevissimo periodo, e il padrone di casa fissa i prezzi che vuole. Un appartamento mono- camera non si trova per meno di 3mila dollari al mese. Le tutele dell’inquilino svaniscono, quando quest’ultimo appare come un visitatore di passaggio.
La parte più efficace e temibile della Proposition F è un meccanismo che penalizza la stessa Airbnb, e premia la delazione dei vicini di casa. Oltre a fissare un massimo di 75 giorni all’anno per le locazioni occasionali da parte di proprietari che non abitano dentro la stessa casa, la nuova legge imporrebbe ad Airbnb mille dollari al giorno di multa per ogni singola unità offerta in affitto illegalmente. Altri mille dollari andrebbero al vicino di casa delatore, come premio per aver denunciato un abusivo. Un incentivo potente per fare un’operazione di trasparenza, e far emergere tanta elusione.
Airbnb ha un mercato mondiale, l’eventuale sconfitta a San Francisco avrebbe però un impatto simbolico notevole, potrebbe fare scuola e provocare riforme analoghe in tante altre città del mondo. Proprio per questo Airbnb ha mobilitato mezzi finanziari, nonché alleati nella politica e nella società civile. Con un argomento “di sinistra”: è proprio affittando camere in casa propria che la popolazione meno abbiente può ancora permettersi di abitare sulla Baia del Golden Gate. I sondaggi prevedono che questo sarà l’argomento vincente.
Federico Rampini, la Repubblica 3/11/2015