varie 3/11/2015, 3 novembre 2015
ARTICOLI SULLA CHAOUQUI DAI GIORNALI DI MARTEDI’ 3/11/2015
GIAN GUIDO VECCHI, CORRIERE DELLA SERA –
«Io? Ma io sto benissimo. Com-ple-ta-men-te estranea ai fatti. È il monsignore che ha cercato di tirarmi in ballo, capirà, c’è un clima molto brutto...». Risposta al secondo squillo, crepitio sulla linea, ma Francesca Immacolata Chaouqui ha la voce sicura, da pierre navigata, «mi raccomando è tutto off the record », dice che non può parlare e parla velocissimo, «devo sentire la Santa Sede, consultarmi col mio avvocato, Giulia Bongiorno, la situazione è delicata» . In effetti, l’hanno arrestata...«Un momento: io mi sono presentata spontaneamente». Spontaneamente? «Mi ha chiamato sabato la Gendarmeria vaticana: dottoressa, c’è bisogno che lei venga. E io dopo venti minuti stavo là. Gentilissimi, i gendarmi, un comportamento esemplare da grandi professionisti, questo va detto. Ho dato tutta la mia collaborazione e mi hanno scarcerata. Tra l’altro: non sono mai stata in cella». E fino a lunedì dove ha dormito scusi? «In comunità dai salesiani».
Nessuna esitazione, nulla da rimproverarsi. «È il monsignore che se l’è presa con me, io non c’entro nulla», scandisce. «Del resto è solo la punta dell’iceberg: c’è anche la storia del computer violato di Milone… C’è un clima da lunghi coltelli, vede, anche per via delle due nomine mancate: prima il monsignore sperava di diventare segretario della Segreteria per l’Economia, poi di essere nominato Revisore generale della Santa Sede». Così lo chiama, «il monsignore». Eppure, nell’ascesa di questa giovane donna di San Sosti (Cosenza) - sposata con un ingegnere informatico, è figlia di un’italiana e un egiziano che la abbandonò alla nascita - la protezione di monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda è stata determinante. Fu lui, Segretario della Prefettura per gli affari economici, a chiamarla a far parte della Cosea, la «Commissione referente per lo studio dei problemi economici e amministrativi della Santa Sede» che Francesco nominò nei primi mesi del suo pontificato,il 18 luglio 2013. L’aveva raccontato lei stessa all’ Espresso , nel settembre del 2013, «lo conoscevo, è il miglior economo che la Chiesa abbia mai avuto in tutto il mondo».
Già allora la nomina appariva bizzarra. Chaouqui aveva fatto la sua comparsa nel sottobosco vaticano fin dal 2012, anno di Vatileaks . Anche i sampietrini sapevano ciò che si diceva, in quella zona grigia che a Roma pullula di gente pronta a millantare agganci in Curia: che quella giovane pierre faceva da «fonte» di alcuni giornali e siti di pettegolezzi, delineando scenari da spy story tra «servizi segreti vaticani» e squadre di «corvi», un polverone che accompagnò l’inchiesta fino all’arresto di Paolo Gabriele, maggiordomo di Ratzinger
E poi c’era la storia dei messaggi lanciati dal profilo Twitter di Francesca Chaouqui in quei mesi: «#paologabriele non è il corvo», «le lettere continueranno ad uscire e sacrificare Paolo non sarà servito a niente», «Il #papa addolorato per l’arresto del cameriere», fino alla stima per il giornalista Nuzzi, autore del libro con i documenti del corvo: «Hai fottutamente ragione».
Chaouqui negò tutto, anche ora dice che con quei messaggi non c’entra nulla: «È stato tutto acclarato con Twitter e la polizia, erano degli screenshot , degli hacker entrarono nel mio profilo». Scomparvero dopo la nomina, lei ammise solo di aver scritto il tweet in cui diceva di Ratzinger: «Confermo: il Papa è affetto da leucemia da oltre un anno», una delle tante menzogne che giravano: «Ho riportato quello che si diceva in Vaticano». Una sua mail con l’atto di nomina vaticana arrivò allo studio Orrick e a Ernst&Young, dove lavorava: disse che era uno «sciacallaggio» e «sconosciuti» le erano entrai nella posta. Fatto sta che nella «Cosea» continuò a lavorare per mesi con documenti riservati e in Vaticano non accadde nulla.
Le cose cominciarono ad andare male l’anno scorso, dopo lo scandalo del buffet da 18 mila euro durante la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, un ricevimento «vip» sulla terrazza della Prefettura degli Affari Economici mentre un milione di fedeli stava pigiato in piazza: si disse di inviti fatti da Vallejo e Chaouqui e lei parlò di calunnie e «nemici che vogliono screditarmi agli occhi del Papa».
E ora, ancora tutto falso? «Ho in mano il documento che parla della mia collaborazione e dispone la scarcerazione. Ho dato la mia massima disponibilità, ho portato documenti, farò una dichiarazione con il mio avvocato. Non so se ci sarà un processo, ma sono certa sia emerso che io non c’entro nulla. Sono serena, spero che andrà tutto bene».
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FABIO TONACCI, LA REPUBBLICA –
È convinta di uscire pulita da questa storia. E di esserci finita non per responsabilità sue, ma perché tirata dentro da altri. «Collaborerò con la gendarmeria vaticana per far emergere la verità. Collaborare non significa autoaccusarsi: sono estranea da tutto », si limita a far sapere attraverso il suo avvocato Giulia Bongiorno, nel giorno in cui tutto il mondo la addita come uno dei corvi della Santa Sede. Ma chi è veramente Francesca Immacolata Chaouqui, nata 33 anni fa a San Sosti in provincia di Cosenza, da madre italiane e padre marocchino?
È tutto e niente, la Chaouqui. Di lei qualcunque cosa è stata detta: che è una lobbista, protetta di Renato Bisignani (con cui ha lavorato davvero), infiltrata dei servizi segreti americani, massona, vicina all’Opus Dei, millantatrice. Ora corvo. Voci che nascono da una domanda senza risposta: perché il Vaticano la chiamò nel 2013 a far parte della Cosea, la commissione che ha vagliato i conti dei dicasteri, di cui il suo ex amico monsignor Vallejo Balda era segretario? In quel momento lavorava ad Ernst & Young, ma nessuno la conosceva. «Mi hanno scelto perché sono brava», disse lei.
Di sicuro ora vanta un circolo di amicizie che pochi hanno, sia all’interno delle mura leonine, sia nell’attuale governo italiano. Una volta ha portato i genitori di Matteo Renzi a Santa Marta con la promessa di far incontrare loro Bergoglio. In quanto membro della Cosea, la Chaouqui aveva il pass per entrare ai locali della mensa, che sono al piano terra del palazzo dove risiede il pontefice. Soltanto che papa Francesco non li potè (o non li volle) ricevere e la cosa creò non pochi imbarazzi. Ha provato ad avvicinare anche il sottosegretario Luca Lotti, senza trovare considerazione, poi è entrata nelle grazie di Marco Carrai, l’imprenditore toscano braccio destro del premier. Lei e suo marito, l’informatico Corrado Lanino, erano tra gli invitati al matrimonio di Carrai. Non solo: la moglie dell’imprenditore, Francesca Campana Comparini, ha voluto la Chaoqui tra i relatori del Festival delle religioni.
Francesca Chaoqui non ha più incarichi in Vaticano dal maggio 2014. Fino allo scorso maggio la vedevano sempre insieme a monsignor Vallejo Balda, poi però è successo qualcosa e i due si sono allontanati. Ha una sua società di public relation, la View Point Strategy, con clienti italiani e stranieri. Laureata in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, annovera nel curriculum tre anni passati nel grosso studio legale Orrick, Herrington & Sutcliffe.
Appena entrata nel Cosea, fece subito rumore per una serie di tweet velenosi contro Benedetto XVI («È affetto da leucemia»), il cardinale Tarcisio Bertone («è corrotto») e l’ex ministro Giulio Tremonti («Gli hanno chiuso il conto allo Ior perché è gay»). Tweet che la donna non ha mai ri-conosciuto, sostenendo che fossero frutto di hackeraggio del suo profilo e di un ritocco col photoshop. È incinta di pochi mesi e sulla sua pagina Facebook scrive post contro i gay e le famiglie omogenitoriali («Abominevole pseudo amore di chi vuole un figlio per egoismo»).
Un secondo “caso Chaouqui” scoppia il 15 aprile 2014 quando organizza un party sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici in via della Conciliazione durante la canonizzazione di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Su quella terrazza Chaouqui faceva gli onori di casa e monsignor Balda distribuiva ai presenti la comunione in un bicchiere di cristallo. Bergoglio non gradì.
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ANDREA TORNIELLI, LA STAMPA –
Alla fine di un mese intensissimo per la vita della Chiesa, per il Sinodo dei vescovi, seppur già segnato da episodi opachi come la falsa notizia della malattia del Papa, riesplode Vatileaks. O meglio, l’ultimo colpo di coda del vecchio Vatileaks. Riesplode con il clamoroso arresto Oltretevere di un monsignore spagnolo, Luis Angel Vallejo Balda, segretario dell’ufficio del Revisore dei conti vaticano, e della Pr Francesca Immacolata Chaouqui. Dietro l’accusa di aver travasato in due libri di prossima pubblicazione le carte sulle finanze vaticane che avevano giurato di mantenere segrete, e di aver fornito persino registrazioni di colloqui tra Francesco e i suoi collaboratori, c’è una storia iniziata in un luglio afoso di due anni fa.
I due «corvi» dicono di aver agito «per aiutare il Papa», per «vincere la guerra» contro certe cordate che si opporrebbero al rinnovamento e alla trasparenza. Ma Bergoglio non dev’essere rimasto poi così contento del loro generoso aiuto, dato che ha personalmente approvato gli arresti della strana coppia, il cui coinvolgimento non ha sorpreso molti al di là del Tevere.
Nel luglio 2013 Vallejo era riuscito a far nominare Chaouqui nella commissione che avrebbe avuto tra le mani le carte più riservate sulle finanze vaticane. Il legame tra di loro è strettissimo: lui si presentava come l’«economo del Papa», lei come la «commissaria del Papa». L’incarnazione di un nuovo corso, fatto di trasparenza e tante amicizie con gente che conta nel mondo dell’economia, dell’informazione, della politica. Ora il cinquanquattrenne monsignore spagnolo vicino all’Opus Dei, che ambiva di diventare l’uomo chiave dell’economia della Santa Sede, è guardato a vista in una cella della Gendarmeria vaticana. Mentre lei, Francesca Immacolata, trentaduenne calabrese di San Sosti, è stata trattenuta per una notte Oltretevere.
Secondo gli investigatori avrebbero fornito tutto il materiale per i libri «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi e «Via Crucis» di Gianluigi Nuzzi.
Due date per comprendere l’origine di questo colpo di coda del vecchio Vatileaks, che aveva già visto a suo tempo Francesca Chaouqui aggregarsi ai «corvi» per corroborare, con interviste anonime sui giornali, l’importanza delle carte trafugate dal maggiordomo.
La prima, 18 luglio 2013. Francesco pubblica un motu proprio che istituisce la commissione referente sui problemi economici e amministrativi della Santa Sede (Cosea): Vallejo ne diviene segretario, e a sorpresa nel team incaricato di fare uno screening sui conti e sui problemi gestionali di uffici e dicasteri vaticani, è nominata, grazie all’amico monsignore, anche Chaouqui. I dubbi sull’opportunità della sua designazione sono immediati: la giovane donna compone tweet disinvolti contro il cardinale Tarcisio Bertone e l’ex ministro Tremonti (smentirà di averli scritti, denunciando infiltrazioni di hacker e li cancellerà dopo averli lasciati per mesi online). Non fa mistero del suo legame con il sito di gossip Dagospia e rilancia illazioni del tutto infondate sulla «leucemia» di Benedetto XVI. In un colloquio pubblicato su sito dell’«Espresso» annuncia di avere accesso alle «carte riservate» del Vaticano e di essere buona amica proprio di Nuzzi. Le polemiche, però, si sopiscono presto, e Chaouqui, grazie al suo ruolo, entra ed esce da Casa Santa Marta.
La seconda data, 3 marzo 2014. Quel giorno, dopo aver istituito la Segreteria per l’Economia e aver nominato come nuovo Prefetto il porporato australiano George Pell, Francesco rende noto il nome del numero due del dicastero. E invece di designare Vallejo Balda, come richiesto e dato per sicuro fino all’ultimo dallo stesso Pell, nomina a sorpresa il maltese Alfred Xuereb. È un duro colpo per la coppia Vallejo-Chaouqui. Non ci sono ruoli nemmeno per la «commissaria» Francesca Immacolata: mentre cinque dei membri della Cosea entrano in un nuovo organismo vaticano, il Consiglio per l’Economia, lei resta a bocca asciutta. La Pr e il suo talent scout con la tonaca da quel momento si sentono «in guerra», e individuano proprio in Pell il grande nemico. Le frizioni tra la Segreteria dell’Economia, la Segreteria di Stato e gli altri dicasteri della Santa Sede non sono un’invenzione. Lo stesso Francesco interviene più volte per ridimensionare certi poteri e chiarire le competenze. Ma per la strana coppia «in guerra», non basta.
Nell’aprile dell’anno scorso, durante la cerimonia di canonizzazione dei Papi Giovanni e Giovanni Paolo, Vallejo e Chaouqui sono protagonisti di nuovo passo falso che infastidisce non poco Papa Bergoglio. Organizzano un buffet con vista per 150 selezionatissimi invitati vip sulla terrazza della Prefettura degli Affari economici, all’insaputa del diretto superiore di Vallejo.
Le carte dei libri di Fittipaldi e Nuzzi, sulla gestione del Bambin Gesù, sui costi dell’appartamento di Bertone, su alcuni strani conti dello Ior e sugli affitti delle case del Vaticano, sono corredate da registrazioni che sarebbero state carpite durante le riunioni di Cosea in presenza del Papa. I gendarmi guidati da Domenico Giani già da tempo indagavano sul passaggio dei nuovi documenti. E questa volta sono convinti di aver risolto il caso prima ancora che le carte arrivino in libreria.
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GIACOMO GALEAZZI, LA STAMPA –
«Sono tranquilla, mi sento a posto con la coscienza: ho raccontato soltanto la verità a chi sta indagando sulla fuga di documenti in Curia». Ostenta serenità Francesca Immacolata Chaouqui all’uscita da una lunga riunione con il suo avvocato Giulia Bongiorno. Il tono è sereno. Prova a minimizzare la montagna che le è crollata addosso. E assicura di «non c’entrare nulla con corvi e talpe». È sicura che le cose si sistemeranno. Non ha dubbi.
Piena collaborazione
Versione normalizzante anche del lavoro condiviso in Vaticano con monsignor Vallejo Balda. «Ha fatto tutto lui, anzi io ho cercato di fermarlo». Francesca Immacolata Chaouqui nega qualunque addebito. «So di non aver fatto nulla e sono sicura di aver completamente chiarito la mia posizione». L’impressione che la attanaglia è di essere rimasta incastrata in una vicenda alla quale è estranea. Tiene a precisare che la sua collaborazione con le autorità vaticane «non va interpretata come un pentimento né come un’ ammissione di colpa perché non ho nulla da ammettere e nulla di cui pentirmi». Perciò la sua «piena collaborazione» non va intesa «nel senso tecnico del termine». Non c’era «nessun sacco da vuotare», bensì un aiuto da fornire per fare luce su quanto accaduto. Francesca Immacolata Chaouqui lo spiega nel dettaglio. Non si è autoaccusata, ha fornito «tutte le notizie di cui sono a conoscenza sui fatti».
Nessun braccio di ferro
Il motivo per il quale sta collaborando con la Gendarmeria e la magistratura vaticane è che ha a cuore un unico obiettivo: «l’immagine della Santa Sede». Quindi «non c’è stato un braccio di ferro», bensì «la volontà di accompagnare la ricerca della verità, fornendo un contributo all’indagine. «Non ho minimamente respirato un’atmosfera di contrapposizione, non siamo nell’impostazione accusa-difesa», puntualizza Francesca Immacolata Chaouqui. Una serenità di toni che bilancia l’accorata descrizione dei clamorosi sviluppi che l’hanno proiettata al centro della scena. «Non mi aspettavo nulla del genere, ne sono sempre restata fuori», ripete. «Sono totalmente innocente e lo dimostrerò», spiega.
Immagine falsata
Non avverte un atteggiamento a lei contrario. Non si considera una pentita e vuole contribuire ad una autentica ricostruzione dei fatti. Non lo definisce un arresto. Si è trattenuta per «riferire quello che so» e ha trovato accoglienza in una comunità religiosa femminile. Inoltre non si riconosce «nell’immagine mediatica dei corvi e delle talpe» che sta facendo il giro del mondo con la notizia delle manette scattate in Vaticano. Quella dei veleni e delle cordate di potere in Curia, garantisce, non è una situazione in cui si riconosce. «Non è un’esperienza che mi appartiene né il clima nel quale vivo», garantisce. «La mia unica intenzione è stata quella di fornire un servizio al Vaticano».
La fuga di notizie
Francesca Immacolata Chaouqui si dice addolorata per il clamore. «Collaboro perché far emergere la verità è il mio unico intendimento e nel mio animo sono serena- afferma- Non ho nulla da temere e le cose si chiariranno». Cerca di tenersi emotivamente al riparo dalla bufera che l’ha investita. Un ciclone.
Intanto, però, l’Opus Dei specifica «che la signora non è né è mai stata membro né cooperatrice» della Prelatura. Una precisazione già fatta «diverse volte in passato», cioè da quel luglio 2013 in cui fu chiamata a far parte della Cosea, la Commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione delle strutture economiche e amministrative della Santa Sede, guidata dal monsignore spagnolo dell’Opus Dei, Lucio Angel Vallejo Balda. «Sono tranquilla perché so di essere innocente, non sono io a dovermi pentire».
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FRANCA GIANSOLDATI, IL MESSAGGERO –
La corsa di Francesca era iniziata nel migliore dei modi. Porta Sant’Anna perennemente spalancata, le guardie svizzere che battevano i tacchi, i corridoi delle logge vaticane pronti a darle il benvenuto. La familiarità con la quale entrava e usciva dal Portone di Bronzo la faceva sentire un po’ come a casa sua. Il che per certi versi era vero, almeno fino ad un anno fa. Poi le cose sono cambiate, capovolgendosi, tanto che da diversi mesi circolava una specie di divieto che le impediva di entrare senza preavviso a Sant’Anna; questo dopo uno spiacevole incidente che ha interessato i genitori del premier Renzi, ai quali l’intraprendente Chaouqui avrebbe promesso di introdurli personalmente da Papa Francesco.
Bergoglio informato per tempo che quel giorno nella sala da pranzo lo aspettava una specie di trappola finse una indisposizione, saltando pure il desinare, pur di non mortificare nessuno.
LA SCALATA
La marcia di Francesca al di là del Tevere è stata velocissima, e altrettanto in fretta si è conclusa. Eppure il suo fulgido ingresso negli uffici che contano e nelle stanze dei bottoni era stato facilitato alcuni anni fa da monsignor Vallejo Balda, suo buon amico, anche se ora i due non si parlano più. Una amicizia infranta anche se fu lui a farla inserire in diversi ambienti, principalmente in quelli finanziari, iniziando dalla Prefettura degli Affari Economici. Dopo l’elezione di Francesco, nel 2013, Francesca fu nominata membro della Cosea, la commissione coi superpoteri ispettivi. Per tutti fu una sorpresa.
LA SORPRESA
Nessuno se l’aspettava. Il Papa firmò un chirografo apposta, un atto di gran peso. La domanda che in questi giorni si rincorre con insistenza è come sia stato possibile affidare tanto potere ad una lobbista di 32 anni, semisconosciuta, nata in Calabria da madre italiana e da padre marocchino, con un modesto curriculum alla Ernst & Young e pubbliche relazioni per la Orrick, Herrington & Sutcliffe. Non faceva mistero di essere amica di Nuzzi, il giornalista di Vatileaks e di Bisignani.
LA GAFFE
In Segreteria di Stato sapevano che nel 2012 ebbe pure qualche guaio perchè su Twitter sostenne una falsità, e cioè che Benedetto XVI aveva la leucemia; poi offese apertamente anche Bertone e il ministro Tremonti. Nel clima di sospetti esistente in Vaticano nel 2013, post Vatileaks, quando la Segreteria di Stato era stata quasi esautorata e non veniva più ascoltata come prima per via degli effetti della gestione Bertone, il Papa rimase colpito positivamente dal monsignore spagnolo e dalla sua schiettezza nel denunciargli i vari mali della curia. Gli credette. Ben presto al Papa arrivarono diversi segnali di sorpresa, anche se nessuno osava contestare una sua decisione personale e fatta a tale livello. Era evidente che Bergoglio era stato tenuto all’oscuro di informazioni comuni ma preziose. Sarebbe forse bastato andare su Internet o consultare la Segreteria di Stato.
I PROBLEMI
I guai per la Chaouqui arrivarono successivamente con una festa in terrazzo, organizzata in Vaticano grazie a munifici sponsor, il giorno della beatificazione dei due Papi – Wojtyla e Paolo VI. L’evento riuscì a mandare su tutte le furie Bergoglio. Del resto lo spettacolo che la curia e il Vaticano offrinvano al mondo con un party modaiolo e pieno di vip come quello, non rientrava di certo nello spirito francescano auspicato dal nuovo corso. Le fotografie pubblicate su diversi siti mostravano 150 invitati intenti a stappare champagne e mangiare tartine al salmone. Era un affronto. “Quei 20 mila euro si potevano dare ai poveri”. Così fu chiesta dal Pontefice una indagine per conoscere chi fosse lo scriteriato ad aver autorizzato il rinfresco. Gli autori erano proprio Francesca Immacolata Chaouqui e monsignor Balda, come evidenziò anche il cardinale Versaldi. Il vento da quel momento per la giovane lobbista iniziò a girare male.