Paola Scaccabarozzi, D – la Repubblica 31/10/2015, 31 ottobre 2015
MESSAGGERI D’UMORE
Gli ormoni siamo noi. Noi, un po’ per volta, un po’ diversi. Lo dicono medici, scienziati e antropologi soprattutto a proposito delle donne, che a questi “messaggeri chimici”, nel corso degli anni, spesso reagiscono con più spiccata vulnerabilità psicologica. Perché gli ormoni, che sono numerosissimi – da quelli surrenali a quelli tiroidei, fino a quelli riproduttivi, solo per citarne alcuni – sono di fatto i direttori d’orchestra della nostra esistenza. E comprenderne meglio il vero funzionamento è oggi una sfida che coinvolge tutti gli ambiti della medicina e ci fa andare verso una personalizzazione della cura.
La partita con questi messaggeri chimici inizia fin dalla nascita, visto il loro ruolo determinante nel definire il nostro sesso. E si fa più che mai agguerrita negli anni della giovinezza, a partire anche da piccole questioni... di sex-appeal, come hanno dimostrato i ricercatori tedeschi della Ruhr-Universität Bochum, curiosi di capire perché certi profumi maschili inventati negli anni 60, come l’Eau Sauvage, favorirebbero più di altri il rilascio
di ormoni sessuali nelle donne (tutta “colpa” del dihidrojasmonato di metile, che attiverebbe un’area dell’ipotalamo). «Sono poi le fasi ormonali che ci trasformano durante tutta l’esistenza, inventando sempre una donna diversa», spiega MariaGiovanna Luini, senologa dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, divulgatrice scientifica, ricercatrice di medicina integrata e autrice del libro Le età della donna. Diario del corpo femminile (Skira). «Avviano la pubertà, regolano l’età adulta e la gravidanza e si modificano di continuo, durante i cicli mestruali e la menopausa». «Gli estrogeni, per esempio», spiega Daniela Fantini, ginecologa presso i consultori laici milanesi e direttore sanitario del Cemp, Centro di educazione matrimoniale e prematrimoniale, «ci donano il buon umore e ci regalano una pelle luminosa, dei bei capelli, il desiderio sessuale, l’entusiasmo. Il loro messaggio è chiaro: quando gli estrogeni la fanno da padrone, e cioè nella prima parte del ciclo, il diktat è “cerca qualcuno per la riproduzione”. Dopo l’ovulazione, bisogna invece fare i conti con un seno dolente, i capelli spesso grassi, un umore pessimo e il desiderio di starsene più a lungo possibile rannicchiate sul divano a non fare nulla».
Tradotto nella quotidianità: l’impatto degli ormoni è comunque sconvolgente, anche se declinato in maniera diversa in ognuna di noi. Non per nulla la scrittrice e attivista americana Miranda Grey ha insegnato alle sue competitive connazionali a sfruttare professionalmente il “mese” (The optimized woman. Using menstrual cycle to achieve success and fulfillment): il periodo premestruale è creativo, quindi ottimo per il brainstorming, l’ovulazione è una fase espressiva, indicata per le riunioni; i primi giorni del ciclo inducono alla riflessione e sono i migliori per le decisioni importanti, poi subentra un periodo molto dinamico, perfetto per i nuovi progetti. Ma, ci dicono, è eventualmente proprio dai terribili mal di testa e dalle tensioni al seno che si parte, o si dovrebbe partire, con una prescrizione personalizzata degli ormoni. Spiega Fantini: «La pillola anticoncezionale dev’essere infatti sempre cucita su misura sulla base dei sintomi premestruali riferiti dalla singola donna. La ragione è semplice, gli ormoni possono acuire i disturbi o, al contrario, alleviarli». Non bisogna poi dimenticare che agiscono su tutti gli organi del nostro corpo. «Compreso l’insospettabile cuore, a cui spesso non si pensa», prosegue MariaGiovanna Luini. «Non è affatto un caso che, dopo la menopausa, per le donne aumentino le malattie cardiovascolari. E gli estrogeni contribuiscono anche a mantenere in salute le ossa: il loro calo, durante la cessazione dell’attività ovarica, le rende infatti più fragili e ci predispone all’osteoporosi». Il cervello risente moltissimo dell’influsso ormonale. «Gli ormoni femminili ne controllano lo sviluppo già durante lo sviluppo prenatale», spiega Michela Matteoli, responsabile del Programma di neuroscienze dell’ospedale Humanitas e direttore dell’Istituto di neuroscienze del Cnr. «Controllano la crescita dei neuriti, cioè dei prolungamenti dei neuroni, il processo di formazione delle sinapsi (i collegamenti tra i neuroni, ndr), facilitano la diffusione degli impulsi elettrici e la plasticità cerebrale. Nel cervello l’amigdala e l’ippocampo contengono alti livelli di recettori per gli estrogeni e il progesterone». Non è un caso che le variazioni dei livelli ormonali nel corso della vita di una donna si riflettano proprio sulla funzionalità del suo cervello. «Un’importante modificazione del livello di ormoni avviene, per esempio dopo il parto, quando il livello degli estrogeni si riduce di 100-1000 volte in soli pochi giorni», precisa Matteoli. Tant’è che uno studio sul cervello femminile dopo il parto ha evidenziato un improvviso aumento dei livelli di un enzima (la monoamminossidasi di classe A-MAOA) che provoca la riduzione dei livelli di serotonina. Il che si traduce facilmente in depressione. E ciò avviene anche durante la menopausa. «In questa fase della vita spesso le donne accusano anche una specie di “nebbia mentale”», prosegue Michela Matteoli. «E cioè un rallentamento delle funzioni cognitive, come avallato dai risultati di uno studio dell’Università di Rochester, New York, eseguito tramite la somministrazione di test cognitivi a 117 donne tra i 40 e i 60 anni».
Dunque, che cosa fare? Cure ormonali a gogò se qualcosa non funziona o come antiaging per prevenire i sintomi della menopausa? «Non è sicuramente questa la strategia vincente», sottolinea Luini. «La terapia ormonale dev’essere personalizzata. Non può essere prescritta a priori alla donna che sta andando in menopausa. Vanno valutati i singoli casi, analizzando anche i rischi strettamente individuali annessi e connessi alla terapia ormonale sostitutiva». A rifare per l’ennesima volta il punto sul garbuglio di benefici e pericoli della Tos (terapia ormonale sostitutiva) ci ha pensato recentemente la rivista americana The Atlantic. Che ha intervistato JoAnn Manson dell’Harvard Medical School e ricercatrice di Women’s Health Initiative, studio pluriennale sull’utilizzo a lungo termine degli ormoni nella prevenzione delle malattie croniche, come demenza e patologia cardiovascolare. Molte le alternative e tutte da prendere con consapevolezza (nel caso, la North American Menopause Society ha varato un’app chiamata MenoPro): c’è sempre la Bhrt, la Bio-identical Hormonal Replacement Therapy), terapia personalizzata a base di ormoni bio-identici e non di sintesi, e cioè di sostanze dalla struttura biochimica uguale a quella degli ormoni prodotti dal corpo, per esempio gli steroidi (estrogeni, progesterone, testosterone, cortisolo, Dhea...) realizzati a partire da alcune piante. Certo, ma il trattamento di cui in realtà oggi si parla molto è quello che aggiunge i modulatori selettivi dei recettori estrogenici (o Serm: farmaci che hanno diverse attività a seconda dei tessuti dove agiscono) di terza generazione agli estrogeni coniugati. Perché darebbe sì sollievo alle vampate e ai sintomi dell’osteoporosi, ma senza un aumento del rischio di trombosi e di tumori al seno.