Laura Confalonieri; Alberto Dedè, Quattroruote 11/2015, 29 ottobre 2015
ATTACCATI AL GANCIO
Lo squillo arriva pochi minuti dopo l’inizio del turno del mattino. Il telefono suona nel silenzio, mentre sta bevendo il primo caffè. Dalla centrale operativa lo avvisano che c’è un’auto in panne da recuperare. Ha 20 minuti per arrivare sul posto: non c’è tempo da perdere.
Quella di Alessio Zamperioli è una vita a chiamata, sempre allerta. Milanese, 40 anni, da 13 è addetto al soccorso stradale alla Moroni, centro di assistenza alla periferia sud di Milano che opera sulla viabilità locale, ma anche sulle tangenziali e sulle autostrade A1 Milano-Bologna e A7 Milano-Serravalle. «Prima di partire, dobbiamo capire bene di che mezzo si tratti e qual è la situazione, per scegliere il carro attrezzi più adatto», ci spiega mentre s’infila la pettorina rifrangente e ci fa strada verso la rimessa. Con la sua patente, guida di tutto, dal mezzo per trainare le vetture ai carri-gru per rimorchiare i tir. Siamo fortunati: è una bella mattina e il traffico scorre fluido. «Non va sempre così», racconta, «spesso la tangenziale è bloccata e anche sulla corsia di emergenza ci si fatica a muovere. E poi si lavora sotto la pioggia, con la nebbia, la neve...».
In meno di un quarto d’ora arriviamo a destinazione e ci avviciniamo all’auto in panne con la procedura codificata: Alessio rallenta, inserisce le quattro frecce, poi si porta sulla corsia di emergenza davanti alla macchina guasta, cercando di sistemarsi il più a destra possibile. Sul posto al massimo cerca di riparare, se possibile, i problemi che riguardano la batteria. Altrimenti bisogna ricorrere al traino, come in questo caso. L’automobilista è nervoso: ha un appuntamento e l’inconveniente ha mandato all’aria i suoi programmi. Alessio, invece, è calmo: «Anche questo fa parte del mio lavoro», prosegue mentre issa la vettura sul pianale. «Chi chiama il carro attrezzi è sempre teso, arrabbiato, oppure sotto choc per un incidente. A volte, bisogna imporsi, per far capire che non c’è altra soluzione che portare l’auto in officina. Chi non ha il servizio di traino incluso nella copertura assicurativa, poi, è infastidito per la spesa imprevista (per le auto, 115, 40 euro di giorno, 138, 40 di sera e nei festivi, ndr)». Ce la caviamo in venti minuti, ma, mentre stiamo entrando nel deposito, arriva un’altra chiamata: questa volta per uno scontro tra due camion.
Lasciamo l’automobilista nell’ufficio, dove un’impiegata si occupa del pagamento e delle pratiche, e usciamo di nuovo: dobbiamo raggiungere un addetto già sul posto. Quando s’interviene su un camion, tutto è più complicato. E non soltanto per le dimensioni, che rendono più laborioso il recupero: pure per il carico, che può essere di qualsiasi genere, anche pericoloso (sostanze chimiche, tossiche) e disperso sulla carreggiata. In questo caso, si tratta di cavalli. Sono agitatissimi, l’autista cerca di calmarli, ma si deve fare arrivare in fretta un furgone per trasportarli. Basta un cenno tra Alessio e i colleghi per intendersi e decidere come agire. Del resto, sulla strada, si conoscono tutti: addetti al soccorso, poliziotti, paramedici del 118. In meno di un’ora è tutto risolto. E la rapidità è fondamentale per ridurre i disagi al traffico.
Le auto, negli ultimi anni, sono diventate complicate da soccorrere: «Con ibride ed elettroniche devi seguire procedure precise per evitare il rischio di scariche», spiega. «Per questo seguiamo corsi di aggiornamento specifici. Anche con le vetture automatiche spesso succede che si blocchino le ruote: in quel caso, per caricarle usiamo i carrelli. Pure le operazioni di traino richiedono cautela: l’auto dev’essere ben fissata, per evitare danni alla carrozzeria».
Di notte, poi, cambia tutto: di norma il servizio è svolto da due addetti, che attendono la chiamata guardando la tv, tra chiacchiere e letture. C’è anche un letto, ma non si dorme mai davvero. E quando bisogna intervenire su un incidente, l’atmosfera si fa cupa. «Si vede di tutto», commenta con aria seria. «Ormai, ci ho fatto l’abitudine: anche in presenza di scene forti, con feriti gravi, mi concentro sul mio compito. Non posso fare altro che eseguire al meglio il lavoro. Al resto, pensano i sanitari, i primi ad arrivare».
Il turno dura nove ore, però, se c’è qualche situazione non ancora conclusa, si va oltre. A fine giornata, la stanchezza si fa sentire. «È un lavoro che ti deve piacere», confida Alessio. «Io non sono fatto per i ritmi ripetitivi dell’officina, preferisco questa vita, molto varia, che mi permette di conoscere tante persone, vivere situazioni diverse. A volte difficili, altre buffe. Mi è capitato un cliente, al quale ho riparato l’auto su strada, che mi ha chiesto di accompagnare a casa l’amante perché lui doveva correre dalla moglie. Un altro, che ho soccorso in una notte d’inverno, nel tragitto verso il deposito, mi ha raccontato tutta la sua vita. Il carro attrezzi, a volte, diventa una specie di confessionale. Anche per questo mi piace lavorarci».