Emilio Deleidi, Quattroruote 11/2015, 29 ottobre 2015
E ADESSO CI RUBANO ANCHE I CATALIZZATORI
OCCHIO alla marmitta. Non bastano i furti di cerchi più o meno pregiati di fari preziosi come gioielli. Da qualche tempo, a far gola ai ladri sono pure i catalizzatori. Il fenomeno, iniziato negli Usa, si sta consolidando anche dalle nostre parti: di recente, per esempio, la polizia di Rimini ha arrestato due lituani di 20 e 23 anni, sorpresi a trafficare intorno a un’auto. Con tanto di regolamentare giubbino rifrangente, per accentuare la verosimiglianza di un guasto inesistente. Peccato che la vettura non fosse loro e che i malviventi avessero già iniziato a smontarne il depuratore, per portarselo via e rivenderlo. Il motivo di questi traffici è facile da comprendere: all’interno dei catalizzatori ci sono piccole quantità di metalli preziosi, anzi preziosissimi, che è possibile recuperare attraverso trattamenti complessi. Che i ladri non sono certo in grado di effettuare personalmente: per questo, rivendono la refurtiva ad aziende specializzate nel riciclaggio dei componenti, scegliendole tra quelle che non fanno troppe domande sulla loro provenienza. Platino, palladio e rodio, utilizzati nel processo di conversione delle sostanze nocive contenute negli scarichi, valgono tra 21 e 29 euro al grammo, sui mercati dei metalli preziosi. Presupponendo che, all’interno di un catalizzatore, ce ne siano 3-4 grammi, il ricavo dei malviventi può aggirarsi intorno agli 80-100 euro, per arrivare a 200 nel caso di vetture di particolare pregio. Dunque, per i ladri è un rischio che vale la pena correre, anche se l’impresa, in realtà, non è facilissima: i dispositivi sono saldamente imbullonati al sistema di scarico ed è necessario tagliare il metallo per asportare la parte centrale, quella del catalizzatore. Operazione più agevole, come si può immaginare, nelle ore notturne.
Emilio Deleidi