Massimo Nascimbene, Quattroruote 11/2015, 29 ottobre 2015
MANCA SOLO IL CARBURANTE
LE AUTOMOBILI ormai sono pronte: dalla Honda alla Mercedes, dalla Hyundai alla Toyota (che della sua Mirai ha addirittura avviato la commercializzazione, sia pure a tiratura limitata), le fuel cell alimentate a idrogeno rappresentano una realtà. E senza punti deboli, se si escludono costi giocoforza ancora difficili da digerire: prestazioni, guidabilità, autonomia ed efficienza si rivelano comparabili in tutto e per tutto a quanto offerto dalle automobili tradizionali, se non superiori. E, a differenza delle elettriche, pure i tempi di rifornimento non costituiscono un problema. Peccato che per i più restino delle auto virtuali. Per il semplicissimo motivo che la rete di rifornimento resta di là da venire.
Certo, non tutti i Paesi sono malmessi come il nostro, che al momento può contare su un solo distributore, sito in quel di Bolzano. Ma la realtà ci dice che, a parte i fortunati abitanti di Berlino, Londra, Monaco di Baviera e di poche altre città, di fatto la stragrande maggioranza degli europei un’auto a idrogeno potrebbe comprarla solo per tenersela in giardino. Eppure qualcosa comincia a muoversi, finalmente: a spingere sull’acceleratore è soprattutto la Germania, con un programma che prevede la creazione di una rete di rifornimento di dimensioni accettabili da realizzare nell’arco dei prossimi otto anni: 400 stazioni, con investimento previsto di 400 milioni di euro.
Questo il programma annunciato dai sei partner di H2 Mobility, joint venture in cui convergono costruttori (Daimler), fornitori di componenti e impianti (Linde, AirLiquide, Omv) e, udite udite, persino due petrolieri, Shell e Total. Parallelamente, le cinque case automobilistiche che più si sono spese sulla via dell’idrogeno (BMW, Daimler, Honda, Hyundai e Toyota), supportate da fornitori e partner istituzionali di varia natura, hanno dato vita a un progetto denominato HyFive, che punta alla creazione di una vera e propria autostrada dell’idrogeno, capace di collegare l’Europa da nord (Copenaghen e Londra) a sud. Laddove per sud s’intende, ahinoi, Bolzano. Perché per scendere ulteriormente lungo la Penisola occorrerebbe cambiare un’italica normativa, che limita la pressione d’accumulo nei serbatoi a 350 bar. Mentre il resto del mondo, in testa la già ipercollaudata Mirai, lavora a 700. Storture nazionali a parte, l’impressione è che da soli, per quanto armati di buona volontà (e pure di risorse), costruttori & Co. più di tanto non possano fare, senza che l’Europa compia una scelta “di sistema” a favore dell’idrogeno. In sostanza, occorre che qualcuno, a Bruxelles, si prenda finalmente la responsabilità di decidere da che parte andare.
Massimo Nascimbene