il Giornale 29/10/2015, 29 ottobre 2015
Nel libro scritto con Annalisa Chirico (Confessioni di un anticonformista. Storia della mia vita, Marsilio), Umberto Veronesi ha ricordato anche il giorno in cui confidò alla moglie Sultana Razon, detta Susy, un’avventura extraconiugale da cui è nato un figlio
Nel libro scritto con Annalisa Chirico (Confessioni di un anticonformista. Storia della mia vita, Marsilio), Umberto Veronesi ha ricordato anche il giorno in cui confidò alla moglie Sultana Razon, detta Susy, un’avventura extraconiugale da cui è nato un figlio. Era una domenica mattina del 1989: «Era primavera e io guidavo con le mani contratte sul volante. Avevo rimandato tante volte quella confessione. Il mio settimo figlio, Francesco, è nato quando avevo sessant’anni ed è stato il frutto di una passione profonda: Emanuela, con la quale ho lavorato per la costituzione dell’Associazione italiana di ricerca sul cancro. Aveva una ventina d’anni meno di me, era molto bella e single. Mi amava molto e voleva a tutti i costi un figlio da me. Sapeva che non avrei lasciato la mia famiglia, ma non le importava». La prima reazione di lei fu terribile: «Mi guardò raggelata e mi chiese di ripetere quello che avevo detto. Mi disse che credeva di morire, e io sapevo di averla ferita. Sulle prime fu categorica: non avrebbe mai potuto perdonarmi; dovevo andarmene di casa. Quando le dissi con tono definitivo: "Allora vuoi che vada via?", mi rispose che, nonostante tutto, non voleva che abbandonassi il tetto coniugale». Più tardi, in un’autobiografia, Sultana Razon disse di non averlo cacciato via per non privare i suoi figli del padre. Ma la vita coniugale per lei non fu facile, anche se continuarono a dormire nello stesso letto: «Ci rincantucciavamo ai due lati opposti, voltandoci le spalle». Tra le tante esperienze di sofferenza per lei, quel pomeriggio poco prima di Natale, quando lo vide per strada sorridente a braccetto alla sua amante, mentre in tanti anni di matrimonio non aveva mai voluto accompagnarla a fare acquisti perché «andare in giro sottobraccio è un atteggiamento piccolo borghese». Veronesi, però, dice di non essersi mai innamorato di un’altra donna: «Le mie scappatelle sono sempre state faccende superficiali che si risolvevano in una notte o poco più». Nonostante le difficoltà, Sultana Razon gli è ancora accanto: «È una donna speciale. Ebrea, a nove anni è stata deportata con l’intera famiglia in un campo di concentramento, prima a Ferramonti di Tarsia e poi a Bergen-Belsen. È stata un’esperienza terribile, cinque anni che l’hanno profondamente segnata. Nonostante questo, in una Milano in rovina, Susy si è rimboccata le maniche e ha fatto diversi mestieri per mantenersi agli studi di medicina. È diventata pediatra. Pur avendo partorito sei figli, non ha mai preso un giorno di maternità». Fu lui a operarla quando le diagnosticarono un tumore al seno: «Susy è una roccia. L’unica cosa che si rifiuta di fare riguarda la fine della mia esistenza. Le ho chiesto di praticarmi un’iniezione il giorno in cui questa vita diventasse per me insostenibile. È stata categorica e in questi casi non c’è verso di farle cambiare idea. Se volessi farla finita, lei non mi aiuterebbe».