Paolo Siepi, ItaliaOggi 29/10/2015, 29 ottobre 2015
PERISCOPIO
Altra sparatoria in un college americano. Una volta per farti studiare si sacrificavano i genitori. Ora, direttamente gli studenti. Gianni Macheda.
Funzionerà l’inasprimento delle pene? Come dice il poeta, «un dubbio il cor m’assale». Perché chi ruba e chi intrallazza non pensa al codice penale, pensa di farla franca. E se ci pensa, non saranno 10 anni di galera anziché 8 ad arrestare i suoi progetti. Michele Ainis. Corsera.
Vorrei essere chiaro: si può sempre fare di più. E cercheremo di farlo. Se poi deputati e senatori si sono stancati di noi, basta togliere la fiducia delle Camere e vediamo chi prenderà quella dei cittadini. Ma non vedo praticabile questo scenario: a mio giudizio la legislatura andrà avanti fino al 2018. Matteo Renzi (Maria Teresa Meli). Corsera.
Più che l’Argentina, la Grecia ha rischiato di diventare una Cuba del Mediterraneo: un’economia con due monete, l’euro usato dagli stranieri e la dracma dai greci, basata su turismo, olive e feta (al posto di sigari e canna da zucchero). Vito Tanzi, ex presidente del Fondo monetario internazionale (Luciano Capone). Il Foglio.
La promessa di giustizia del comunismo è stata realizzata sotto la forma dello stalinismo, polizia segreta, campi di concentramento, in una parola, di una ingiustizia infinitamente più crudele di quella che esso diceva di voler riparare. Augusto Guerriero, Tempo perduto. Mondadori, 1959.
L’impotenza e l’angoscia delle democrazie di fronte alla confusione planetaria non devono farci di perdere di vista un fatto, tuttavia. Il nostro modello attira ancora. E internet, particolare non secondario, contribuisce a diffonderlo come mai era accaduto in passato. La violenza spasmodica cui assistiamo dimostra che i boia ci temono. Temono la concorrenza della pace, del benessere, dell’istruzione, della tolleranza, del rispetto per le donne. Beppe Severgnini. Sette.
La selezione, detta pure meritocrazia, non è un privilegio ma una vitale necessità per tutti. Ad esempio, ciascuno di noi, sotto i ferri del chirurgo, spera che l’arbitro della nostra esistenza sia stato sottoposto a severe prove di istruzione o selezione professionale. La stessa speranza comune riguarda il pilota dell’aereo mentre si allacciano le cinture, o l’ingegnere o l’architetto quando si compra un appartamento eccetera. Alberto Ronchey, Fin di secolo in fax minore. Garzanti, 1995.
Felici non lo sono stati e non lo sono neppure gli italiani derubati da Tangentopoli e poi derubati ancora dalle cricche nella indecente spoliazione della ricchezza nazionale proseguita fino ai giorni nostri, senza apparenti ostacoli. E purtroppo questa non è fiction. Antonio Padellaro. Il Fatto.
Ancora una volta, anche con Mia madre, cominciai un film senza essere pronto e pensavo che nessuno sarebbe andato a vederlo. Non credo di avere un grande talento, altri registi hanno un rapporto più leggero con il proprio lavoro. Il mio film Caro diario è più libero rispetto a film più scritti, come Mia madre. La Cosa, che era il documentario sullo smarrimento dei militanti comunisti dopo la fine del Pci, andrebbe rivisto anche se si può anche sopravvivere senza, risponde. Nanni Moretti, regista (Valerio Cappelli). Corsera.
Ieri la mia ditta ha chiuso. Per me ha fatto bene. Parlo contro il mio interesse, ma su 20 dipendenti che lavoravano erano in cinque. Gli altri (compreso me) stavano tutto il giorno imboscati nel magazzino (che nessuno, nemmeno il padrone, sa che c’è). Maurizio Milani, Lettere d’amore. Wingsbert House editore
Una volta, avevo 12 anni, venni sorpreso da mio padre con un mio giovane amico in camera ai margini di una festa. Ci sbaciucchiavamo, ci toccavamo il pisello, ci scoprivamo a vicenda. Lui ci beccò con i pantaloni abbassati e me le diede forte. Poi chiamò gli altri ospiti: «Venite a vedere cosa fanno qui i frocetti». Non arrivò nessuno. Poco dopo entrò mia madre: «Senti Ferzan, anche io da ragazza avevo le tue curiosità. Non mi frenavo, ma facevo in modo che nessuno se ne accorgesse». Mia madre mi ha educato alla libertà. Ferzan Ozpetek, regista e scrittore (Malcom Pagani). Il Fatto.
Una delle più belle definizioni dell’estate l’ha data Cesare Pavese: «La giornata era breve ma gli anni non passavano mai». Edoardo Nesi, romanziere de L’estate infinita (Edoardo Rialti). Il Foglio.
Come si fa a non amare Milano? È una città divina. Anche da lontano. Senza voler contribuire anch’io all’orrore delle classifiche, rispetto a Roma, Milano è un’altra cosa. Ma la mia è una posizione minoritaria. Milano non piace a nessuno. Roma e Milano sono diverse. Adriana Asti, attrice (Malcom Pagani e Fabrizio Corallo). Il Fatto.
Il critico letterario è spesso recrutato fra gli scrittori falliti. È vivamente sconsigliato di esercitare delle vendette troppo visibili. Spesso lettore presso un grande editore, non deve apparire di voler privilegiare la produzione del suo datore di lavoro. Certo, è autorizzato, e persino incoraggiato, a parlare bene dei libretti pubblicati dai collaboratori del giornale per il quale lavora ma, quando critica (sic) l’opera di un amico, è più credibile se, nel mezzo di un concerto di lodi, egli include anche un piccola critica. Facendo così, quando il critico letterario pubblica a sua volta un romanzo o un saggio, gli sono garantite, in virtù di un sistema detto del rinvio dell’ascensore, eccellenti recensioni da parte degli altri critici letterari. Così, ad esempio, è dimostrato statisticamente che, nelle rubriche specializzate, si parla quattro o cinque volte più dei libri firmati dai giornalisti scriventi che degli scrittori non-giornalisti. Philipp Bouvard, Je crois me souvenir..., credo di ricordarmi, J’ai lu.
L’Evelindo rientrò a casa quando mancavano pochi minuti alle dieci di sera. Incespicò sulle scale. Faceva conto di liberare un rutto che da un po’ gli ballava dentro lo stomaco, non appena fosse stato in cucina. Lo sganassone che la Noemi gli tirò senza preavviso, gli fece ringoiare l’alcolico refolo e lo spostò di un metro buono, perché nell’avambraccio della Castrozzi c’era una lunghissima abitudine a spaccare legna. Andrea Vitali, Almeno il cappello. Garzanti, 2009.
UN BRUTO - È qualcuno che ha bevuto troppo e non sta in piedi. Claude-Alain Duhamel et Carole Balaz, Le gros dico des tout petits. Il dizionario scritto dai bambini. J.C.Lattes.
Il goloso, sa quello che non perde. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 29/10/2015