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 2015  ottobre 25 Domenica calendario

SCRITTORI SCORRETTI: LA RIVINCITA DELL’EDITING

«Le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste», annotava Raymond Carver, che di precisione lessicale si intendeva bene.
Ma aveva esperienza anche di revisioni del testo, visto che il suo editor Gordon Lish tagliò e modificò il 50% di alcuni racconti del libro Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, di cui Einaudi ha potuto ripubblicare la versione originaria riportandola in auge fin dal titolo Principianti. Gli editor fanno notizia non solo quando si arriva a tanto: non è un caso che in un periodo critico e di trasformazioni per l’editoria come l’attuale, compresa l’acquisizione Mondadori-Rizzoli, queste figure escono dall’ombra e occupano molti dibattiti di Bookcity, dal paragone con i Vittorini negli anni del dopoguerra (giovedì scorso in Cattolica) a una ricerca ricca di sorprese degli allievi del master di Pavia con un titolo lampante: Correggimi se sbaglio. I retroscena tra autore ed editor (Edizioni Santa Caterina, anteprima domenica nel Laboratorio Formentini alle 10 con protagonisti del settore).
«Parlare di riscrittura e di editing è come indagare intorno a un iceberg, la parte visibile è di gran lunga meno imponente di quella che non si vede e che poco si racconta», spiega nella prefazione Benedetta Centovalli, tra le migliori nel suo campo con un’ottima attività recente per la narrativa Giunti. Dopotutto è duro a morire il pregiudizio su un lavoro fatto sulle parole che risulta invisibile, anche perché editoria è équipe e soprattutto riguarda quella mediazione tra autore e lettore, tra ispirazione letteraria e mercato, che per i più non comporta proprietà intellettuale. Eppure «il nodo della revisione del testo, della messa a punto e accordatura, è centrale». Lo attestano i casi proposti nel libro, da Levi e Antonicelli alle donne Lalla Romano e Natalia Ginzburg nell’officina «Gettoni» e alla lunga attesa di Horcynus Orca («Datemi quindici giorni, massimo vent’anni») senza dimenticare Grazia Cherchi, indimenticata maestra delle ultime generazioni, tra cui c’è Antonio Franchini. Dell’editor che ha lasciato Mondadori il volume ricorda il lavoro sulla Solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, che avrebbe voluto altro titolo (Dentro e fuori dall’acqua) e copertina diversa da quella fortunata che guarda e irretisce il lettore. Proprio Giordano ammette: «Gli scrittori hanno bisogno dell’editor quanto gli sportivi dell’allenatore».
Per Chiara Gamberale si parla di «funzionalità del testo e alchimia umana» come esercizio di estetica che deve avere una forte carica etica essendo un lavoro di servizio. L’etica serve di fronte alle «cinquemila parole tagliate» nel Richiamo della foresta di Jack London o all’editing post mortem su Lovecraft, per non parlare del ’rotolo’ libresco di Kerouac e degli incantesimi redazionali delle Streghe di Roald Dahl. L’editing è tutt’altro che una scienza esatta ma, leggero o pesante che sia, è un mestiere che deve ambire all’esattezza e alla comprensione del processo inventivo senza cadere in «una forma non confessa di ideologia letteraria». Ha ragione Centovalli: «Un testo non è un porto ma è una nave che affronta il mare aperto e la lettura un viaggio senza approdo». Un po’ come la vita. Il fascio di luce oggi rivolto a questa professionalità intellettuale serve a prendere consapevolezza che i new media non possono eliminare questa mediazione nel segno dell’«editoria senza editori» profetizzata da Schiffrin.
L’aveva capito uno scrittore «letto e corretto ad alta voce», come ricordano i suoi editor, da Di Stefano a Bersani: si tratta di Francesco Biamonti, che quando leggeva a loro un suo testo inedito, poi chiedeva: «Lo vedi, lo senti?».