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 2015  ottobre 22 Giovedì calendario

L’OSSESSIONE DEL PIL E LA VERITA’ DEI NUMERI

La Cina è ossessionata dalle modalità di calcolo del Pil, lo stesso Ufficio nazionale di statistica che in questi giorni è costretto a fare gli straordinari, ha annunciato il cambio di marcia nella rilevazione dei dati del Pil trimestrale.
Adottare gli standard internazionali e migliorare la precisione dei numeri cinesi è l’obiettivo di Pechino che, però, non cambia la sostanza del problema: la Cina non cresce più come un tempo e, probabilmente, se non interverranno nuovi elementi sostanziali le cose peggioreranno.
Il lifting delle cifre è un gioco che non può continuare a lungo. La nuova metodologia - che è in linea con quella dei principali Paesi sviluppati - aprirà, tuttavia, la strada all’adozione del Fondo Monetario Internazionale Special Data Dissemination Standard (SDDS) nel calcolo del Pil.
I dati, particolarmente negativi, pubblicati lo scorso 19 ottobre e relativi al terzo trimestre sono già frutto di questi nuovi calcoli e della nuova metodologia applicata.
I tassi di crescita economica anno su anno per ogni trimestre dello scorso anno sono stati rivisti al ribasso di 0,1 punti percentuali, a seguito della revisione del tasso di crescita economica annuale del 2014 al 7,3 dal 7,4 per cento.
L’Ufficio ha anche rivisto al ribasso i tassi di crescita nei primi due trimestri del 2012 di 0,1 punti percentuali, rispettivamente, e rivisto al rialzo nel quarto trimestre di altri 0,1 punti percentuali.
Un ginepraio di calcoli che per un verso punta all’allineamento con gli standard stranieri, mentre in casa c’è l’esigenza politica di non enfatizzare il fatto che nel 2015 il 7% sarà una chimera. Per non parlare del desiderio di Pechino di entrare con lo yuan nel paniere dei diritti speciali di prelievo, il che implica ulteriori aggiustamenti nell’adeguamento dei criteri di calcolo dei dati macro.
Tutto ciò non può occultare la vera razione, sostanziale, dell’economia cinese: la qualità della crescita è insufficiente e se - come suggerisce McKinsey - ci si concentrasse nello sviluppare valore, nell’innovazione, i risultati concreti sarebbero garantiti.
La Cina continuerà molto probabilmente il suo rallentamento nei prossimi anni, in parte a causa delle sue dimensioni molto più grandi - il 7 per cento di crescita di quest’anno è equivalente, in termini assoluti, al 10 per cento di crescita solo un paio di anni fa. Il premier Li Keqiang a marzo, nel suo discorso alla Nazione, ha parlato di “circa il 7 per cento”.
Ma, visto che la nazione più popolosa del mondo si avvicina a livelli di medio reddito, il modello di crescita trainata dagli investimenti e alimentata dal credito, con la sua dipendenza da salari bassi, industrie inquinanti e costruzione di immobili, non è più proponibile, non funziona. Un rallentamento del mercato immobiliare ormai surriscaldato che si è manifestato lo scorso anno si prevede che continuerà anche quest’anno, e sarà un ulteriore colpo alle industrie come l’acciaio, il cemento e vetro che soffrono di surplus produttivo cronico. Nel frattempo la crisi finanziaria globale ha spinto Pechino a lanciare un programma di stimolo enorme per attutire il calo delle esportazioni cinesi, i livelli del debito hanno aumentato di livello vertiginosamente in tutta l’economia, in particolare nel settore delle imprese e tra i governi locali.
La priorità di Pechino è quello di creare posti di lavoro sufficienti, e la popolazione in età lavorativa si restringe. Ma l’esterofilia cinese resta.
Dopo un cambiamento di metodologia dello scorso anno, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno stimato che l’economia della Cina avrebbe superato quella degli Stati Uniti nel 2014 in termini di potere d’acquisto.
Questa misura tenta di tener conto delle differenze nei prezzi dei beni e dei servizi delle due diverse economie.
Il governo cinese che ci tiene a far bella figura contesta la metodologia e la stima e ha cercato per quasi un anno di dire la sua sul rapporto della Banca Mondiale, anch e se valutare il vero valore dei beni e servizi nelle diverse economie è molto complicato. A parità di tassi di cambio del dollaro Usa, infatti, le dimensioni dell’economia cinese sono più ridotte, “appena” 10 trilioni di dollari, contro quella Usa di 17.5. In termini di Pil procapite, per il Fondo monetario internazionale la Cina è all’89esimo posto, con una popolazione ai livelli di quella del Perù e delle Maldive. Per il Paese lo smacco è stato forte, ma è normale, quando la Cina gioca la sua partita all’estero il risultato non è mai garantito. Pechino resta uno dei pochi Paesi al mondo a coltivare l’illusione che la crescita e la qualità della crescita possano essere decise a tavolino su un piano, quello globale, che risponde a regole assolutamente lontane dai piani quinquennali. Nonostante che proprio in questi giorni siamo partite le grandi manovre per fissare le linee guida di quello che arà il 13esimo piano in vigore dal 2016 al 2010.