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 2015  ottobre 22 Giovedì calendario

TEGOLA PER LA TOYOTA, RICHIAMATE 6,5 MILIONI DI AUTO

NEW YORK Un nuovo, massiccio richiamo su scala mondiale porterà nelle concessionarie 6,5 milioni di vetture Toyota, pari a circa due terzi della produzione annuale della casa giapponese. Al centro della campagna annunciata ieri è l’interruttore che comanda il movimento dei finestrini, un dispositivo da tempo sotto inchiesta, e che ha già costretto la Toyota in passato ad emettere altre tre campagne simili. L’interruttore è costruito dalla Tokai Rika, uno dei fornitori di lunga data dell’azienda giapponese. I lotti prodotti tra il 2005 e il 2006, e poi tra il 2008 e il 2010, non sono stati sufficientemente lubrificati, un problema che paradossalmente potrebbe essere stato conseguenza del fatto che in passato lo stesso alzacristalli era stato accusato di eccesso di lubrificazione (anche in quella circostanza la Toyota fu costretta a richiamare le vetture interessate). In entrambi i casi comunque la conseguenza è identica: l’interruttore si surriscalda e rischia di causare un incendio a bordo del veicolo. Sarà la stessa Rika a farsi carico delle spese di riparazione, con un intervento sostitutivo di circa un’ora, e un costo complessivo di 121 milioni di dollari.
L’AUTOMOBILISTA USTIONATO

Il maggior numero delle auto interessate sono nel mercato giapponese, mentre all’estero il problema riguarda soprattutto i modelli Yaris, Corolla, Camry, Matrix e RAV4 immatricolate negli anni interessati dal richiamo. In Europa sono circa 1,2 milioni le vetture richiamate. Questa volta la casa giapponese ha voluto giocare d’anticipo, per evitare l’imbarazzo e la perdita di immagine che ha sofferto in passato in seguito alla denuncia tardiva di problemi tecnici, come quello degli airbag potenzialmente esplosivi forniti dalla Takata. Al momento i casi di incidenti conosciuti sono solo undici, dei quali due negli Stati Uniti, dove la conseguenza più grave è stata l’ustione delle dita di un automobilista che non si era reso conto del surriscaldamento del comando.
IL DIESELGATE

La decisione è influenzata anche dal nuovo clima di tensione innescato dallo scandalo dei diesel della Volkswagen truccati per passare i test sulle emissioni. La casa tedesca il 18 di settembre ha ammesso la piena responsabilità nell’occultamento, e da allora ha perso un quarto della capitalizzazione in borsa e un amministratore delegato, mentre i tribunali di tutto il mondo hanno aperto pratiche di incriminazione. Ieri il nuovo ad Muller ha deciso di fermare le vendite in tutta Europa delle vetture che incorporano il software al centro della truffa, mentre l’inchiesta interna in cerca di responsabili ha finora mietuto cinque vittime tra i progettatori e gli addetti ai controlli. Nella Volkswagen come nel resto delle case costruttrici si cerca di limitare il contraccolpo di questo scandalo che rischia di contaminare la reputazione dell’intero comparto dei motori diesel. Preoccupato il presidente di Confindustria Squinzi: è bene non generalizzare il giudizio nei confronti dell’intera industria - ha ammonito - e non forzare la mano dei legislatori europei che si apprestano a rivedere la normativa sulle emissioni, al punto di provocare una "virata" punitiva per l’intera industria.