Roberto Caramelli, DLui, la Repubblica 17/10/2015, 17 ottobre 2015
MELBOURNE FUTURO A RITMO SLOW
Anche quest’anno prima. Per la quinta volta consecutiva, infatti, Melbourne è stata proclamata la città più vivibile al mondo. L’Economist, settimanale brit che mette in fila 140 metropoli del pianeta, l’ha (ri)scelta per un mix vincente fatto di verde pubblico, spazi per lo sport e il tempo libero, trasporti all’avanguardia, festival, numero e qualità dei musei, offerta enogastronomica.
Più che nell’eterna “sorella” rivale culturale, Sydney, a Melbourne lo stile di vita mediterraneo ha decisamente surclassato quello anglosassone. Al tè del pomeriggio si preferisce il caffè; nei ristoranti, al pane e burro servito in attesa del primo piatto, sono subentrate le fette di pane con olio d’oliva (made in Australia); molto più della birra, si beve il vino (prodotto nella vicina Yarra Valley): come a Roma o a Barcellona, durante la bella stagione i tavolini di bar e ristoranti affollano i marciapiedi.
Quattro stagioni e nuovi quartieri. Difficile però definire “mediterranea” la sua estate. Per la mutevolezza del clima Melbourne viene infatti chiamata weather capital of Australia. Le stagioni sono sempre quattro, la particolarità è che può capitarti di viverle tutte insieme nell’arco della giornata. «Anglosassoni negli affari e mediterranei nel tempo libero», usano definirsi qui. E le due atmosfere si respirano contemporaneamente nel Cbd, il Central Business District (la loro City), come nei quartieri più periferici. Uno di questi, in rapida trasformazione, è Richmond. Detto The Island, perché ci si trova tutto come su un’isola autosufficiente, senza bisogno di uscire. Era una zona operaia e piccolo borghese, con le centrali Victoria street e Swan street su cui si affacciavano solo modesti locali vietnamiti e greci. Ora sta diventando un quartiere di tendenza, abitato da professionisti, artisti e intellettuali. E un grande segno della sua trasformazione sono i ristoranti di cucina innovativa. I migliori? Mister Jenning, Union Dining, Anchovy, Noir.
A proposito di offerta gastronomica, Melbourne quest’anno è stata premiata anche per i suoi coffee bar. Perché bere un espresso è diventato, in questo angolo di Australia, un rito quasi sacro. E sul caffè la capitale dello stato di Victoria vanta un record: la Cnn l’ha collocata infatti al primo posto fra le World’s Coffee Coffee Cities. Roma, per capirci, è seconda (seguita da Singapore, Vienna e Londra). Ogni giorno qui si consumano nei bar oltre 3 milioni di tazze e, da quando ospita l’International Coffee Expo, Melbourne è stata definita coffee crazy. La kermesse si svolge a marzo, negli Showgrounds di Epson road, con eventi, spettacoli e un coffee tour che tocca i migliori locali della città: bar design dove gli avventori non consumano l’espresso in piedi come in Italia, ma bevono lentamente e «riescono anche a guardarsi negli occhi», fa notare la giornalista Lou Pardi. Tra febbraio e marzo si svolge un’altra manifestazione, il Melbourne Food & Wine Festival, con più di 200 appuntamenti nei parchi e nei ristoranti, chef ed espositori da tutto il mondo e una tavolata per 1.500 persone.
Italiani d’Australia. Ma come mai una città un tempo inglesissima, fondata dall’esploratore e imprenditore John Batman 180 anni fa, sembra oggi un pezzo d’Italia in Oceania? «La ragione è la forte presenza di vostri emigrati, arrivati qui negli anni 50. E la seconda generazione è diventata culturalmente molto influente», dice Daniel Schelbert, protagonista del successo del ristorante Saint Urban, al numero 213 di Swan street, definito musical chef dal quotidiano The Age. «Lo stile italiano ha vinto ovunque. E in cucina in particolare perché c’è voglia di ingredienti semplici, freschi, locali. Noi per esempio proponiamo menu diversi ogni giorno a seconda dei prodotti trovati al mercato», prosegue Schelbert, «per offrire un’esperienza sempre diversa per occhi e palato». Lo chef insiste sulla filosofia enjoy the food: provare piacere nel mangiare, «proprio come fate voi italiani». Anche l’architettura moderna parla un po’ la nostra lingua. Il docente universitario Robert Maitland, autore del saggio Tourism in National Capitals, ricorda quando fu lanciato il concorso per la costruzione di Federation square, per celebrare nel 2001 i cent’anni della Federazione e della Costituzione australiana: la commissione chiese ai partecipanti di progettare un luogo simile alle italian piazza. Inaugurato nel 2002, il grande spazio pubblico tra il fiume Yarra, la cattedrale neogotica di Saint Paul e la edoardiana stazione ferroviaria di Flinders street fu molto criticato. Oggi invece è il cuore e l’anima della città, su cui si affacciano il Bmw Edge Theatre, lo Ian Potter Museum di arte australiana, il Visitors Centre e gli studi della tv Sbs. Si calcola che i 38mila metri quadri acciottolati vengano calpestati ogni anno da 9 milioni di visitatori, che vogliono assistere a spettacoli, sfilate, concerti, manifestazioni di protesta. Oppure, semplicemente, darsi appuntamento. «Federation square è il luogo dove incontrarsi di cui la città aveva da sempre bisogno», spiega Robyn Archer, ex direttrice artistica del National Festival of Australian Theatre. Kate Brennan, per anni chief executive di Fed square (come tutti la chiamano), la paragona a piazza del Campo a Siena e dice di ricevere «un’energia positiva da ogni angolo».
Come un melburnian. Architettura, design, storia e cultura europea tornano sempre. E non è un caso che Melbourne sia stata anche gemellata con Milano. Nel Queen Victoria Market, comunemente il Vic Market, l’atmosfera è da vivere senza fretta. Costruito a fine ’800, ha subito una profonda ristrutturazione architettonica nel 2010, diventando un gourmet market dove si mangia, si assaggiano i vini delle Wine Regions of Victoria e si acquistano prodotti locali di qualità. Il mercato è una delle tappe del Walking Melbourne, lungo percorso che tocca architetture contemporanee come il Museum of Victoria, il Melbourne Recital Centre, l’Eureka Tower sullo Yarra River con la sua terrazza aperta al pubblico per ammirare il panorama. E gioielli di epoca vittoriana, edoardiana e déco come la Newspaper House (con la facciata decorata a mosaici liberty) e la Flinders street Station di inizio 900. O il Melbourne General Post Office della centrale Bourke street che, quando fu costruito a metà 800, rappresentava (come tutti gli uffici postali australiani) il vero legame ideale con la Gran Bretagna. I melburnians che non usano molto l’auto e amano soprattutto due cose: le arcades e i tram. I primi sono passaggi commerciali con negozi eleganti e bar, costruiti nell’800 tra due palazzi, come a Londra e Parigi, coperti da vetrate e travi in ferro; alcuni – come la Block Court Arcade e la Royal Arcade – sono stati progettati da grandi australiani come Charles Webb e Harry Morris. Per quanto i secondi, invece, giovani artisti hanno ridipinto i vecchi veicoli della Linea Yarra (e Melbourne Art Trams è una mostra itinerante lungo i binari, con una trentina di vetture). Il tram poi porta, fin dal lontano 1890, al mare: Kilda beach è la spiaggia di Melbourne, a sei chilometri dal centro, con le sue acque tutte balneabili. L’icona è il molo di St. Kilda Pier, con il pavillon costruito a inizio ‘900 quando anche in Australia iniziò la moda dei bagni in mare. Kilda divenne allora una località elegante con villini, alberghi, un teatro, un luna park. Grazie a un ingegnere che ne curò nel 1900 il piano urbanistico. Si chiamava Carlo Catani e sì, era italiano.