Cristina Marconi, Libero 20/10/2015, 20 ottobre 2015
MISTERO A ISTANBUL: IMPICCATA IN AEROPORTO EX REPORTER DELLA BBC
LONDRA L’hanno trovata impiccata nel bagno dell’aeroporto Ataturk di Istanbul, dopo che aveva perso un collegamento aereo per Erbil, nel Kurdistan iracheno. Si chiamava Jacqueline Sutton, Jackie per gli amici, e aveva 50 anni, era stata tra le altre cose producer e giornalista per la Bbc e per Radio Vaticana e negli ultimi tempi lavorava per l’Institute for War and Peace Reporting, un’organizzazione molto conosciuta che sostiene il giornalismo nelle zone di conflitto e di crisi e che da qualche mese a questa parte ha già perso ben tre dipendenti in attacchi terroristici, uno a Karachi, uno a Baghdad e uno a Kabul.
LA RICOSTRUZIONE
Secondo i media turchi quello di Jacky è stato un suicidio, secondo chi la conosceva bene si tratta di un’ipotesi assolutamente inverosimile sulla quale occorre fare piena chiarezza. Fonti non precisate hanno raccontato ai media turchi che la donna, arrivata con un volo da Heathrow verso le 10 di sabato sera, aveva reagito male alla notizia che non si sarebbe potuta imbarcare per Erbil a mezzanotte e che avrebbe dovuto comprare un altro biglietto. Avrebbe pianto, prima di andare in bagno, ma le telecamere, forse, non funzionavano bene e non hanno ripreso la scena. «Un volo da Istanbul a Erbil costa un paio di centinaia di dollari e Jackie non era una che viaggiava per la prima volta», ha messo in evidenza il direttore esecutivo dell’Institute for Peace and War, Antony Borden, aggiungendo che la donna aveva preso molto sul serio il suo lavoro dopo la morte di uno dei colleghi e che era determinata a portare a termine la sua missione. «Difendeva senza paura I diritti delle donne. La sua morte porta alla luce i rischi che i difensori dei diritti umani delle donne corrono ogni giorno», si legge sull’account Twitter dell’istituto.
Una donna tosta, che però aveva raccontato con onestà di aver sofferto di stress post-traumatico dopo essere finita in carcere in Eritrea con l’accusa di essere una spia quando lavorava lì negli anni ’90, in una delle molte fasi avvincenti della sua vita, tra cui un paio d’anni trascorsi a Roma. Anche secondo il giornalista iracheno Mazin Elias, che aveva lavorato con lei, è molto improbabile che una donna con la sua esperienza si sia suicidata per un volo perso. «Qualcuno l’ha uccisa», ha spiegato al Mail Online, aggiungendo che «aveva continuato ad andare avanti in Iraq, dove tutto era una difficile, tutto era una sfida». E adesso stava lavorando ad un servizio sulla condizione delle donne nell’Isis. Charlie Winter della fondazione Quilliam ha scritto di «non credere per un secondo che si sia suicidata», aggiungendo che «quando ci siamo incontrati lunedì scorso era tutto tranne che tendente al suicidio».
AVEVA PAURA
Fatto sta che a Erbil non si sentiva al sicuro e in una mail ad una collega aveva scritto nel giugno scorso di temere che qualcuno si facesse convincere da Isis ad attaccarla. «Come dicono i miei amici curdi, basta che un debole di mente senta nella preghiera del venerdì che uccidere gli stranieri sia jihad e in un secondo sono alla tua porta», scriveva, raccontando del piccolo albergo dove alloggiava e delle sue paure di essere presa di mira. I media turchi sono assolutamente inamovibili rispetto alla versione del suicidio e le televisioni hanno mostrato le immagini del corpo della donna portato via in un sacco nero dopo essere stato scoperto in bagno da alcune turiste russe, attaccato alla porta con i lacci delle scarpe. La Sutton parlava cinque lingue, aveva un dottorato da finire e una valigia piena di regali per i figli dei suoi colleghi a Erbil.