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 2015  ottobre 15 Giovedì calendario

QUANDO DIANE INVENTÒ DIANE


[Diane von Fürstenberg]

Questo è Alex nel nostro appartamento di Park Avenue: ha pochi mesi ed è bruttino». Me lo dice seria la sua mamma, la stilista Diane von Fürstenberg, mentre guarda con occhio disincantato la foto del 1970. Lei è un’icona della moda, l’inventrice del mitico “wrap dress”, l’abito “a vestaglia” imitato da tutti. Ha vissuto una vita da favola, che racconta nell’autobiografia La donna che volevo essere (Marsilio) che esce in questi giorni, ed è anche una vera principessa. Eppure è la donna con più senso pratico e capacità autocritica che io abbia mai incontrato.
«Il segreto del mio successo? In realtà ho vissuto parecchi fallimenti», mi dice Diane mentre spilucca qualche chicco di melograno. Ha 68 anni, è nonna di quattro nipotini, ma mentre la guardo nella sua camicia di chiffon nera a fiorellini colorati penso che è così glam da far invidia a una 30enne. «Ciò di cui sono più grata è aver imparato molto presto ad avere una buona relazione con me stessa», continua. «Credo sia la chiave di tutto: essere onesta quando ti guardi dentro, non coltivare illusioni, aver fiducia nelle tue forze, saper amare».
Diane sta così bene con se stessa che vive da sola, nello stesso palazzo del Meatpacking District dove ha sede la sua azienda DVF, marchio globale del lusso con negozi in 55 Paesi. È lì, al 5° piano, che la incontro un lunedì mattina per fare colazione insieme. Fuori splende il sole sulla vicina High Line, l’ex ferrovia trasformata nella passeggiata più bella di New York grazie alle generose donazioni di Diane e di suo marito Barry Diller, 73 anni, ex mogul di Hollywood ora milionario imprenditore. Sposati dal 2001, lui vive al Carlyle Hotel, a sei chilometri di distanza. Lo scorso fine settimana la super coppia l’ha passato a Santa Fe, nello Stato del Nuovo Messico. «È stato bellissimo, abbiamo camminato per ore sulle montagne», ricorda Diane. «Poi, tornati a Manhattan, ognuno è andato a casa sua. Stare insieme per noi è un lusso, non è mai un obbligo. E io ho bisogno di avere due o tre giorni la settimana di solitudine. Mi piace così». Barry e Diane si sono conosciuti 40 anni fa: «Ci lega un grandissimo amore. Siamo stati amanti e ci siamo lasciati più volte, ma sapevamo che alla fine, un giorno, ci saremmo riuniti. Anche quando ho avuto storie con altri uomini, sapevo di poter contare su di lui. Erano gli altri a essere gelosi di Barry. Lui non lo è mai stato».
Di uomini ne ha avuto tanti, Diane. Quello che ha impresso la svolta cruciale alla sua vita è stato Egon von Fürstenberg, figlio di un nobile prussiano e di Clara Agnelli, sorella dell’imprenditore Gianni. Da lui ha preso il titolo di principessa sposandolo nel 1969, mentre aspettava già il primo figlio. E grazie a lui ha cominciato a vivere il suo sogno americano quando insieme si sono trasferiti a New York.
«All’inizio non volevo lavorare nel mondo della moda», puntualizza Diane. «Ma sapevo che tipo di donna volevo essere: padrona della mia vita e finanziariamente indipendente. Ho raggiunto questi obiettivi con la moda: il successo del “wrap dress” mi ha reso più fiduciosa in me stessa e con quel modello ho venduto alle altre donne un mezzo per avere anche loro fiducia nelle proprie capacità». Quel vestitino in jersey allacciato in vita con una fascia, lanciato da DVF nel 1974, è diventato un classico. Ancora oggi lo vedete indossato da donne di grande personalità, dalla popstar Madonna alla first lady Michelle Obama.
Nostalgia della New York degli Anni 70? «No, ma certo era molto divertente essere giovani e liberi, senza la paura dell’Aids: il sesso, allora, non era un rischio», sospira Diane, musa dell’artista Andy Warhol e it girl di locali mitici come lo Studio 54. Ma mentre lei si preoccupava dei due figli, Alexander e Tatiana, e del business che voleva avviare, il principe pensava solo a divertirsi e in un’intervista al magazine New York rivelò di avere una relazione aperta e bisessuale. Era il 1973 e fu la fine del matrimonio. «Ma siamo rimasti vicini tutta la vita, fino a quando Egon è morto, nel 2004», sottolinea Diane.
«Ho sempre cercato di rimanere in contatto con le persone alle quali ho voluto bene», aggiunge la stilista. Che qualche anno fa ha voluto rivedere anche Deanna, la ragazza di cui si era innamorata al college. «L’ho invitata all’apertura della mia boutique a Honolulu, dove Deanna adesso vive con una donna. È stato bellissimo ritrovarci». Sentire la propria identità sessuale come qualcosa di fluido è un approccio sempre più comune oggi: Diane ha anticipato la tendenza? Glielo chiedo, ripensando a uno dei suoi motti più famosi: «Voglio vivere una vita da uomo in un corpo di donna». Lei mi guarda negli occhi e scandisce la risposta: «Io sono molto donna. Sono fiera di esserlo. Mia madre chiamava gli uomini “les pauvres”, i poveretti. Sono femminista come lei, come mia figlia, come le mie nipoti. Vivere da uomo in un corpo di donna significa solo non dipendere da qualcuno». C’è stata, però, una fase in cui Diane ha scelto di “dipendere” da qualcuno: sono gli anni dall’84 all’89 passati a Parigi con lo scrittore Alain Elkann, ex marito di Margherita Agnelli e padre di John (l’attuale presidente di Fiat-Chrysler), Lapo e Ginevra. «Per lui ho cambiato pelle, assecondavo i suoi gusti e i suoi umori difficili, ma non mi pento del periodo francese: lo scrittore Alberto Moravia viveva con noi e io animavo un salotto letterario. Soprattutto sono grata ad Alain di aver fatto entrare nella mia famiglia i suoi tre figli: siamo unitissimi». Tanto che Lapo, 10 anni fa, per un periodo, si è rifugiato proprio a casa della “zia” Diane.
«Se sono riuscita a superare le difficoltà è grazie a mia madre, che non mi ha mai permesso di aver paura», sottolinea la stilista, commossa al ricordo della mamma Lily, sopravvissuta all’Olocausto e morta nel 2000. «Un giorno mi mise in uno sgabuzzino buio, aspettando fuori che imparassi che non c’era niente da temere. Ed è vero: dopo cinque minuti ti rendi conto che il buio non è mai assoluto, c’è sempre uno spiraglio di luce».