Lorenza Sebastiani, Grazia 15/10/2015, 15 ottobre 2015
OGGI LE UNIONI GAY, DOMANI LE NOZZE
[Vladimir Luxuria]
Pochi giorni fa nel mondo è stato festeggiato l’anniversario del primo matrimonio gay, celebrato in Danimarca il 1° ottobre del 1989. Sono trascorsi 26 anni e l’Italia, dal punto di vista dei diritti degli omosessuali, non ha fatto alcun passo avanti. La svolta dovrebbe verificarsi proprio in questi giorni, quando in Senato sarà discusso il disegno di legge sulle unioni civili presentato dalla senatrice del Partito democratico Monica Cirinnà.
Sull’argomento Grazia ha sentito Vladimir Luxuria, da sempre in lotta contro la discriminazione di genere. Ex deputato di Rifondazione comunista nel 2006, recentemente ha dichiarato di ripensare alla politica: «In questi tempi in cui si parla spesso di unioni civili vorrei essere in Senato».
Nel frattempo, multitasking com’è, la vediamo in televisione a condurre il reality L’isola di Adamo ed Eva, ogni mercoledì su DeejayTv, alle 21.15. «Un uomo e una donna si conoscono per la prima volta su un’isola deserta, spogliati di tutto, vestiti compresi», spiega Luxuria. «Una sorta di esperimento sociale sul corteggiamento.
Per condurlo serve ironia e una certa capacità di mettersi a nudo per ciò che si è».
Una dote che lei ha dimostrato anche in politica: è stata la prima parlamentare transgender in Europa.
«A 16 anni non vedevo un futuro, pensavo che quelle come me fossero destinate a una vita dissoluta, borderline. Invece mi sono ritrovata a ricoprire un ruolo di rappresentanza del popolo italiano. Mi intervistavano giornali di tutto il mondo, non avevo un segretario né un portaborse, ho cercato di gestirmi da sola e non è stata una passeggiata».
Parliamo del disegno di legge sulle unioni civili, una speranza per le coppie italiane di omosessuali che vogliono veder riconosciuta la loro relazione. Che cosa ne pensa?
«Il mio obiettivo sarebbe il matrimonio tra omosessuali anche in Italia: un’uguaglianza dosata non esiste, deve essere piena. Ma, anche se ancora non si parla concretamente di nozze gay, siamo sulla strada giusta. Per quanto mi riguarda, al momento non sono fidanzata, né convivente, ma i gay che lo sono hanno bisogno di tutele sanitarie, giuridiche, ereditarie. In questo senso, il disegno di legge in discussione è già qualcosa».
Sembra che le unioni saranno definite “istituto giuridico originario”. Un modo per prendere le distanze dalla parola “matrimonio”?
«Anche in Francia hanno fatto prima il Patto civile di solidarietà, poi le unioni civili. Focalizziamoci sul contenuto e non sulla forma. Il disegno di legge Cirinnà è solo una tappa, credo che poi si arriverà al matrimonio anche da noi. Fa parte della naturale evoluzione della civiltà umana che nessuno può fermare».
Che cosa le piace di più del documento in discussione in Parlamento?
«Apprezzo la “stepchild adoption”, che consente, qualora in una coppia gay un genitore biologico non sia in grado di occuparsi del bambino, che sia l’altro a farlo. Così si evita il rischio che il minore venga strappato da un contesto familiare e diventi “orfano di Stato”. Purtroppo l’adozione esterna è ancora vietata ai gay. Ma questo disegno di legge riconosce alle coppie diritti e doveri giuridici, assistenza sanitaria, stabilisce unione o separazione dei beni, subentro nel contratto d’affitto, reversibilità della pensione. Tutte tappe fondamentali».
Qual è il suo modello di Paese in termini di riconoscimento dei diritti?
«La Spagna, che è anche molto simile a noi. Ci somigliano per il fervore religioso, eppure lì i gay si sposano da tanto tempo. Persino Mariano Rajoy, primo ministro del Partito popolare, non ha abolito il matrimonio gay voluto dal suo predecessore José Zapatero. Una volta che la gente si abitua a questa realtà, preconcetti del tipo “i bambini figli di coppie omosessuali cresceranno male” si riveleranno per quello che sono: paure infondate e non minacce reali».
Secondo lei avremo una legge sulle unioni civili entro la fine dell’anno?
«Volere è potere, perché i numeri ci sono. Ora bisogna vedere se in Senato si vuole mantenere questa maggioranza o aprirsi a una diversa, composta da Partito democratico, Sinistra ecologia libertà e Movimento 5 Stelle. Da come andranno le cose, si capirà se il premier Matteo Renzi tiene di più all’alleanza con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, contrario a questa legge, o alla sua coerenza, visto che durante le primarie aveva promesso una legge sulle unioni civili. Ho sentito recentemente i senatori Monica Cirinnà e Alberto Airola del Movimento 5 Stelle e, se tutto andrà bene, a metà novembre il disegno di legge dovrebbe essere approvato».
Perché oggi gli omosessuali tengono così tanto a sposarsi?
«Negli Anni 70, quando è nato il movimento gay, non si pensava certo a metter su famiglia. Il sesso era libero, promiscuo. Poi la tragedia dell’Aids ha cambiato abitudini e atteggiamenti. I gay hanno scoperto tra loro una solidarietà diversa, hanno vissuto preoccupazioni legate all’assistenza sanitaria e alle successioni ereditarie. Sono nate tante relazioni stabili, ma sono figlie solo degli ultimi decenni».
Molti aspetti sono mutati, ma alcune difficoltà sono rimaste le stesse. Lei sa bene che nel nostro Paese cambiare sesso, per una persona transessuale, prevede un lungo iter.
«Io ho sempre vissuto in equilibrio. Poi, nel 2009, c’è stato un periodo in cui ho avvertito un malessere, e l’ho attribuito al fatto che, nonostante avessi già fatto qualche intervento chirurgico per il cambiamento di sesso, non avessi avuto il coraggio di arrivare fino in fondo. Allora ho deciso di cambiare anche i genitali, seguendo la lunghissima procedura prevista dalla legge italiana. Nel 2011 avevo trovato la struttura per operarmi, l’ospedale Federico II di Napoli».
E poi?
«A pochi giorni dall’intervento ci ho ripensato. Ho avuto paura, visto che è un’operazione molto dolorosa. Ma la verità è che non ero convinta. Lo avrei fatto per piacere più agli altri che a me. Oggi sono contenta della mia doppia identità».
Tutto sì può dire di lei, tranne che non sia trasparente. Che cosa non vediamo di Vladimir Luxuria?
«La fragilità. Passo sempre per battagliera. In realtà c’è una parte di me con la quale combatto da sempre. Basta un’offesa sui social che la ferita si fa sentire in profondità».