Carlo Verdelli, DLui, la Repubblica 17/10/2015, 17 ottobre 2015
1994– Quando si mette di mezzo il destino, tira fili così imprevedibili che viene il sospetto che un qualche disegno superiore davvero ci sia: una specie di passatempo degli dei, un gioco di società dei burattinai dell’Olimpo con i loro omini, cioè noi
1994– Quando si mette di mezzo il destino, tira fili così imprevedibili che viene il sospetto che un qualche disegno superiore davvero ci sia: una specie di passatempo degli dei, un gioco di società dei burattinai dell’Olimpo con i loro omini, cioè noi. Gioco talvolta crudele. Fernando Alonso, principesco pilota delle Asturie, vince l’ultimo dei suoi 32 gran premi a Barcellona, maggio 2013, alla guida di una Ferrari. Passato alla McLaren, il 22 febbraio scorso si ritrova proprio a Barcellona per una sessione di test in vista del Mondiale 2015. Ma stavolta la ruota, anzi le ruote, girano al contrario: invece di frantumare un record, Alonso va a sbattere contro un muretto del circuito, mai capito bene il perché, guasto tecnico o mentale. Comunque, al risveglio in ospedale, è come se il prode Fernando fosse stato sbalzato indietro nel tempo. Non ha più 34 anni, due titoli mondiali di F1 e un’aura da campionissimo ormai indelebile. Dice ai medici che di anni ne ha 13, corre in kart e al momento sta in vacanza su una spiaggia vicina alla sua Oviedo con mamma Ana Maria, papà Josè Luis e la sorella più grande Lorena. Tredici anni uguale 1994. La pallina della memoria del grande Alonso tornato piccolo si ferma, chissà quanto a caso, su un anno speciale e cruciale per il mondo dei motori, e non solo per quello. Nasce una stella e un’altra, spegnendosi, fa piangere chiunque abbia un cuore. La stella filante è Michael Schumacher, che vince ad Adelaide il primo dei suoi sette titoli mondiali, l’inizio di una marcia trionfale che una sorte infame gli farà scontare riducendolo a uno spettro smarrito di 45 chili, non per un sorpasso da sincope ma per una cretinissima caduta da fermo sugli sci quando si era già ritirato dalle corse. La stella che vola via è una dolce meraviglia d’uomo, Ayrton Senna, brasiliano melanconico e campione non dimenticabile. Domenica primo maggio scende in pista a Imola già con un’ombra dentro: il giorno prima, durante le prove, Roland Ratzenberger aveva lasciato la sua vita alla curva Villeneuve. A lui, il magico Senna, toccherà un’altra curva, la Tamburello, settimo giro, cedimento del piantone dello sterzo, uno strazio in diretta tv che come un’onda travolgerà prima gli spettatori del Gran Premio e poi ogni terra della Terra. Gli dedicheranno un monumento in bronzo alto due metri, forgiato con ardore e dolore dallo scultore Stefano Pierotti, che è ancora lì, alla Tamburello, a ricordare che gli eroi sono per sempre giovani e belli. È a suo modo ancora giovane e bello anche il Frank Sinatra che a Tokyo, davanti a 100 mila persone, tiene a 79 anni il suo ultimo concerto dal vivo. E giovanissimo e bellissimo sembra Nelson Mandela quando a maggio viene eletto presidente del suo Sudafrica, finalmente libero dalla schiavitù del bianco e del nero: Madiba ha ormai 70 anni, di cui 28 consumati in prigione, ma in quel giorno storico, il 27 aprile, il suo sorriso è quello di un bambino felice. Ride, e parecchio, anche Silvio Berlusconi che, un mese prima dell’ascesa di Mandela, corona la sua discesa in campo («L’Italia è il Paese che amo etc.» e mi candido a guidarlo nei secoli dei secoli) surclassando con il 42 percento dei voti contro 34 la gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto e diventando così il primo presidente del Consiglio della Seconda repubblica. Il Berlusconi 1 durerà poco ma ne seguiranno altri tre, l’ultimo chiuso malamente nel novembre 2011. Fine di un sogno, il suo perlomeno. Anche Alonso, il giorno dopo l’incidente, con una smentita a tutela della sua infrangibilità di pilota (e del rapporto aureo con gli sponsor), si affretterà a cancellare il bel sogno di lui che torna ragazzino a Playa de Rodiles. Peccato, caro Fernando, era anche un bell’anno per tornarci, il 1994. Si poteva godersela con Il re leone o giocare con i nuovi gameboy. Quelli appena più grandi, sarebbero impazziti per Zucchino e Coniglietta, Vincent Vega e l’inarrivabile Mia di Uma Thurman. Pulp fiction, insomma. Non che la vita fosse tanto più bella di adesso, ma almeno andava veloce, molto veloce. Fast and furious, tipo Formula Uno o gli autoscontri dei lunapark.