Vittorio Zucconi, D, la Repubblica 17/10/2015, 17 ottobre 2015
LE BRAVE RAGAZZE MOSTRANO LE GAMBE
Considerata fra gli ospedali top nel mondo, la Mayo Clinic del Minnesota è famosa anche per l’estrema rigidezza tradizionalista del proprio codice d’abbigliamento. Giacche e cravatte per i medici, divieto per tutti di jeans, flip flop, stivaletti, T-shirt, felpe. Ma nello scorso luglio, quando anche il Nord America, come l’Europa, boccheggiava nell’estate più calda a memoria di termometri, una piccola rivoluzione è avvenuta: la direzione ha esentato le donne dall’obbligo di indossare le calze. Ben cinque anni dopo la liberazione decretata anche dalla chiesa Mormone per le proprie suore, il personale femminile ha potuto presentarsi al lavoro a gambe nude. E la caduta dell’ultimo bastione della calza ha fatto gridare alla nuova conquista della liberazione femminile, dopo la sconfitta di busti, crinoline, stecche di balena, guepiere, giarrettiere, elastici e tutto l’arsenale di strumenti di tortura inventati nelle epoche successive alla cintura di castità.
Era dai tempi delle prime suffragette dell’Ottocento che le donne lamentavano l’insolubilità del problema calza, creato dall’invenzione di un industriale inglese del tessile che nel 1864 creò il primo telaio capace di produrre una calza lunga.
L’invenzione aveva generato un altro problema, quello di reggerle. Ma per quanto indignate fossero le proto-femministe di fronte a quegli arnesi, il pensiero di uscire di casa senza calze sarebbe apparso a loro, come a generazioni di donne dopo di loro, inaccettabile. Una signora a gambe nude in giro per la città o al lavoro avrebbe suscitato immediati sospetti di sciatteria, se non di peggio. Ogni decennio nello scorso secolo, e ogni generazione di donne, aveva quindi dovuto inventarsi metodi per fasciarsi le gambe in calze di vari materiali e forme per abbellirle, dalla seta al rayon al nylon, introdotto dalla DuPont nel 1939 e prontamente scomparso dal mercato nel 1942 quando il governo americano requisì a scopi militari tutta la produzione.
Per mantenere l’illusione, Helena Rubinstein aveva commercializzato le calze finte. Un liquido da spalmarsi sulle gambe per renderle lucide e lisce, compresa la matita per disegnare l’indispensabile cucitura. Non che le donne si fossero arrese tanto facilmente. Lo dimostrarono le “sommosse per il nylon” esplose in città come Pittsburgh dove cinquantamila clienti assaltarono un grande magazzino che aveva messo in vendita 13 mila paia di calze. La Guardia Nazionale dovette intervenire per impedire che le clienti si sbranassero tra di loro e demolissero il negozio.
Il primo segnale di liberazione venne quando, con molta resistenza, le donne accettarono le calze senza cucitura – un altro incubo delle nostre mamme e nonne insieme con la terrificante smagliatura – grazie a un’azzeccatissima campagna della Hanes, costruita su un semplice slogan: «La natura vi ha dato gambe senza cuciture. Noi vi diamo calze senza cucitura».
Parve inizialmente un enorme balzo liberatorio, l’introduzione dei “pantyhose” negli Usa, i “collant” come furono conosciuti altrove, inventati negli anni 50 proprio da una donna, la signora Ethel Gant, che suggerì l’idea al marito. Era la moglie di Berand Gantmacher, un ebreo russo immigrato e fondatore dell’azienda di abbigliamento oggi nota appunto come Gant.
L’imperativo della calza era rimasto nel codice d’abbigliamento delle aziende fino alla resa della Clinica Mayo. Il declino era già stato avvertito a partire dal 1995, con la progressiva diminuzione delle vendite e spesso con la sostituzione dei legging e di calzemaglie, indumenti – almeno secondo uomini insensibili – dall’apparenza non particolarmente rinfrescante per l’estate.
Sono ormai soltanto le donne in posizioni di tradizionale prestigio come la duchessa di Cambridge, nota al mondo come Kate la moglie del principe William, o la regina, quelle che non hanno scelta e probabilmente sono costrette a fare anche la doccia con le calze. Per le altre, che per loro fortuna non sono principesse o duchesse o non vogliono per forza costruirsi con il nylon gambe per i parabrezza di Tir, la scelta è libera.
E vale più che mai lo slogan della Hanes, rivisitato e corretto: la natura non vi ha dato gambe con le calze.