varie, 19 ottobre 2015
DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 19 OTTOBRE 2015
Giovanni Battista Boggio, 70 anni. Di Torino, ex operaio Fiat, vedovo due volte (l’ultima moglie, Maria, era morta una quindicina d’anni fa), senza figli, viveva da solo in un appartamento al piano rialzato nel quartiere Lucento. Carattere schivo e solitario ma «sempre gentile», pochissimi amici, afflitto da una grave depressione, si vedeva in giro solo quando usciva per andare al bar o a fare la spesa. L’altro giorno aprì la porta di casa sua a qualcuno che probabilmente conosceva e che, per rubargli pochi spiccioli, gli sfondò la testa con una mazzetta da muratore. Il cadavere, trovato in un lago di sangue, a faccia in giù, sotto il tavolo della cucina.
Notte tra mercoledì 14 e giovedì 15 ottobre in un appartamento al civico 65 di via Forlì a Torino.
Fabio Bassoli, 30 anni. Originario di Carpi, nel Modenese, figlio unico di Claudio, dipendente della Coop Consumatori Nordest e di Enrica, insegnante che in passato ha gestito un affermato ristorante tra Novellara e Reggiolo. Diplomato alla scuola alberghiera, da una decina d’anni viveva in Francia. Dopo diversi anni passati a lavorare in un locale della regione dell’Ardeche, sulle montagne vicino a Grenoble, aveva realizzato il suo sogno: con l’aiuto dei genitori s’era comprato un furgone, l’aveva trasformato in ristorante ambulante, e andava in giro a cucinare cibi italiani durante sagre e fiere. Scomparso da una settimana, trovato cadavere sabato 10 ottobre da uno che faceva jogging, il cranio sfondato a colpi di tagliere da cucina (una mezzaluna), le mani legate, lungo un sentiero a una quindicina di chilometri da Aubenas, il paese dove abitava nella Francia meridionale. Gli inquirenti – che a casa sua hanno trovato piante di marijuana – fanno due ipotesi: un regolamento di conti o una lite sfociata in tragedia.
Prima di sabato 10 ottobre lungo un sentiero a una quindicina di chilometri da Aubenas, nella Francia meridionale.
Silvio Forconi, 56 anni. Romano, titolare di un bar-tabaccheria in via Nomentana, sposato, due figlie. Molto noto in zona, «benvoluto da tutti», da tutti giudicato «un buon padre di famiglia e un gran lavoratore», sabato sera andò nel suo locale per riparare l’impianto d’allarme. La mattina dopo, non trovandolo a casa, la moglie mandò un amico a vedere cosa fosse successo. Quello entrò nel negozio e lo trovò cadavere in un angolo del pavimento, addosso al corpo dei fili elettrici. In un primo momento si era pensato che fosse rimasto folgorato mentre aggiustava l’allarme, poi l’autopsia ha stabilito che è stato strangolato.
Mattina di domenica 11 ottobre in un bar-tabacchi in via Nomentana, angolo via Zara, a Roma.
Alfio Vittorio Molteni, 58 anni. Architetto brianzolo di interni di lusso con affari anche in Russia e a Dubai, tre figli, due nati dal secondo matrimonio, uno dal primo, aveva uno studio a Mariano Comense, una ventina di chilometri da Como. A fine maggio il suo fuoristrada, parcheggiato sotto lo studio, era stato dato alle fiamme. A luglio la villetta a due piani di Carugo, a pochi minuti dall’ufficio, in cui da poco più di un anno viveva con l’anziano padre e una zia, era stata crivellata di colpi di pistola. Aveva denunciato i fatti ai carabinieri, sostenendo di non sapersi spiegare quell’accanimento e di non avere indicazioni su eventuali sospetti. Era semplicemente un periodo difficile – raccontava da un po’ di tempo – ma solo per faccende private, i dissidi con la seconda moglie da cui si stava separando. Mercoledì notte uscì di casa per andare in stazione a prendere uno dei figli ma non fece in tempo ad arrivare al cancelletto che fu centrato da due proiettili: uno a una gamba, uno alla parte bassa della schiena. Morto poco dopo in ospedale (le modalità dell’agguato fanno pensare alla volontà di gambizzare la vittima più che di ucciderla: forse doveva essere solo un ulteriore avvertimento, ancora più pesante rispetto a quelli degli ultimi mesi).
Notte di mercoledì 14 ottobre davanti a una villetta in via Garibaldi a Carugo, Como.
Shuie Yang, 49 anni e sua figlia Haiyan Wang, 22 anni. Cinesi, gestivano un bar a Pordenone e di continuo discutevano col connazionale Yongxin Wu, 57 anni, perché un figlio della Yang, da cui la figlia dell’uomo aveva avuto due bambini, non si decideva a sposare la ragazza, in modo da tutelarla anche dal punto di vista economico. In più, a giudizio del Wu, le due donne sfruttavano e maltrattavano sua figlia. L’altra sera l’uomo andò dal genero e lo affrontò: «Se non vuoi intestare il bar anche a mia figlia mi devi dare 30mila euro». Quello non gli diede retta e allora lui andò a casa di consuocera e cognata. Ben presto nacque una lite furibonda e d’un tratto Wu, che s’era portato nello zaino un’accetta, con quella colpì entrambe le donne al collo, lasciandole cadavere in un lago di sangue: la madre stesa a terra, la figlia riversa su una sedia. Quindi scese in strada zuppo di sangue, e incontrò figlia e nipotini: «Non salire, le ho uccise, non portare su i bambini».
Alle 22 di lunedì 12 ottobre in un appartamento al civico 19 di Viale Marconi nel centro di Pordenone.