Luca Sofri, wittgenstein.it 16/10/2015, 16 ottobre 2015
RETROCASSA
Di fatto, sono quello che chiamano un “autore”, nel mondo dell’editoria. Ovvero ho pubblicato dei libri: solo tre, e tutti con una storia indipendente e nessuna continuità tra loro, quindi di certo non mi penso uno “scrittore” nel senso in cui la parola viene usata normalmente (secondo me poi è scrittore chiunque scriva con continuità qualunque cosa: ma questo è un tema esteso e sensibile e per ora soprassediamo). Però, insomma, ho un conflitto di interessi a parlare di come funziona la vendita dei libri: alla fine ne ho pubblicato uno appena quattro mesi fa.
Quindi ne scriverò come uno incuriosito al fenomeno, ma anche interessato personalmente: non sono di quelli che per giorni vanno nelle librerie a controllare come sia esposto e promosso il loro libro, ma solo perché mi vergognerei di essere riconosciuto e un po’ mi vergognerei di me stesso (ci sono “autori” che lo fanno con una assiduità e insistenza che superano persino quelle messe nello scrivere il libro, mi raccontano): poi il mio libro è andato discretamente finora, e questa è una cosa che rasserena gli autori. Però quando sono in una libreria, è inevitabile che noti se il mio libro è visibile in circolazione, e dove.
La prima cosa che scopri, quando esce un tuo libro, è che un libro nuovo sta in zone visibili della libreria per pochissimi giorni, ancora di più se è la libreria di una catena. In quei pochissimi giorni può succedere che il tuo libro vada subito molto forte – perché sei famoso, perché hai avuto grandi promozioni televisive, perché si crea subito un’attenzione – e allora ti conservi spazio sugli scaffali davanti: se questo non avviene nell’arco di una settimana o al massimo due, sparisci altrove, dovendo fare per forza spazio a un flusso continuo di altre uscite che combattono per sopravvivere: e altrove vuole quasi sempre dire “dove ti trova solo il commesso a cui qualcuno abbia chiesto esplicitamente il libro”. È una di quelle cose che ancora oggi – in tutto questo digitale e virtuale – ha a che fare con le leggi della fisica: lo spazio è limitato, non può essere occupato da due corpi, e anche il tempo di esame delle copertine da parte dei clienti della libreria non è modificabile. Tenere il tuo libro in quella posizione all’ingresso significa sacrificarne un altro che può vendere più del tuo, o di cui hanno parlato ieri sera alle Invasioni Barbariche.
Ma non è solo questo, impari poi: in molte grandi catene che hanno molte librerie, quello spazio è in vendita. Non solo è ulteriormente limitato dal fatto che le catene che sono legate ad editori devono privilegiare i “propri” libri (ancora di più in tempi difficili come questi), ma è anche offerto agli altri editori e distributori secondo definiti listini di sconti e tariffe speciali in cambio di una presenza negli scaffali delle novità, nelle “torri” all’ingresso, nel “retrocassa”. I libri che vedete esposti dietro le casse mentre siete fermi in fila – e magari vedendoli vi viene di comprarli – sono lì perché l’editore o il distributore hanno pagato per ottenere quello spazio, pensando che quei libri potessero beneficiare da una maggiore visibilità (di solito il vederli suona un campanello al cliente, e lo tenta all’acquisto).
E sono solo un paio delle tante variabili molto concrete che orientano le vendite e i successi dei libri, il fatto che poi entrino nelle classifiche, che se ne parli, e che vendano ancora di più eccetera: come avviene per ogni prodotto, la promozione,gli investimenti e il potere imprenditoriale e commerciale – che non è solo quello delle concentrazioni di editori, ma delle concentrazioni di librerie, o di distributori – sono decisivi. E coi libri queste cose concorrono a fare sì che poi le opere restino nella storia generale della cultura, e nelle nostre storie personali di lettori. Poi c’entra anche il contenuto dei libri, e la loro qualità, naturalmente. Anche.