Manuel Follis, MilanoFinanza 17/10/2015, 17 ottobre 2015
CAOS A PORTA VITTORIA
Uno dei tanti detti che capita di sentire parlando con i più navigati operatori del settore immobiliare è che «quando c’è di mezzo Danilo Coppola, c’è da aspettarsi qualsiasi cosa, nel bene e nel male». Le cronache degli ultimi giorni non fanno che confermare che il polverone che si solleva al passaggio dell’immobiliarista fa sempre fatica a depositarsi.
Tanto per dire l’ultima, venerdì 16 ottobre Coppola ha dovuto precisare che «già da qualche giorno il suo tributarista ha raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate per il pagamento del residuo debito di 31 milioni, che sommato ai pagamenti già effettuati, risalenti alla precedente intesa del 2010, portano sopra 200 milioni il totale versato nella casse dell’Agenzia». Questo perché il giorno prima aveva avuto risalto la notizia che l’imprenditore era stato indagato dalla Procura di Milano per bancarotta in relazione al fallimento del Gruppo Immobiliare 2004. Giù con i titoloni ed ecco Coppola correre ai ripari e precisare, per esempio, che «per quanto riguarda il Gruppo Immobiliare 2004, le imposte definitivamente dovute ammontano a circa 16 milioni, rispetto ai 272 milioni per cui Equitalia aveva chiesto istanza di fallimento». L’immobiliarista quindi verserà il dovuto «in 5 rate annuali, ciascuna dell’importo di 6,2 milioni più gli interessi concordati che matureranno». Chi provvederà alle risorse per il mantenimento degli impegni? «Società del gruppo oppure Tikal Sa», spiega ancora Coppola. I contenziosi e di conseguenza i tribunali ormai sono una seconda casa per Coppola, che sta combattendo un’altra battaglia sul fronte Porta Vittoria Spa, ovvero la società responsabile del grande progetto di sviluppo immobiliare nella parte est di Milano. La società ha parecchi creditori alle calcagna, dal Banco Popolare alla Colombo Costruttori fino alla Ipi dei Segre. Banco e Colombo, in particolare, a fine luglio hanno depositato istanza di fallimento per Porta Vittoria, la quale ha risposto presentando domanda di concordato preventivo, innescando così un inevitabile percorso giudiziario. L’ultimo atto ufficiale risale a martedì 13 ottobre, quando Porta Vittoria Spa ha depositato presso il Tribunale civile di Milano un nuovo documento di circa 20 pagine, con il quale muove una serie di rilievi formali e tecnici contro le richieste di fallimento. Dal momento della richiesta di concordato Coppola avrà 60 giorni (prorogabili di altri 60) per presentare tutta la documentazione a supporto di tale richiesta. Il compito di valutare spetterà al commissario giudiziale (già nominato), che presto potrebbe trovarsi a dover tenere conto anche di altre informazioni.
È chiaro che le posizioni sono distanti e contrapposte e che quindi in questo momento i creditori premono per il fallimento, ritenendo strumentale (in sostanza un modo per «tirare avanti») la richiesta di concordato. E quindi è altrettanto chiaro che i creditori leggono sotto una cattiva luce qualsiasi scelta dell’imprenditore romano. Forse per questo ha destato molte perplessità la decisione di Porta Vittoria di concedere il 1° agosto una fideiussione da 83 milioni a favore di una società riconducibile alla galassia Coppola, fideiussione escussa il 31 agosto e trasformatasi quindi in passività. L’interpretazione più spregiudicata che si dà di questa operazione è che Coppola voglia figurare come principale creditore chirografario di Porta Vittoria in modo da poter votare a favore del concordato (oggi gli altri creditori voterebbero contro). Così ora da una parte c’è chi fa notare che un eventuale concordato farebbe comodo agli stessi creditori, perché permetterebbe loro di rientrare almeno in parte delle spettanze, e dall’altra c’è chi sostiene che se Coppola avesse venduto Porta Vittoria nei mesi scorsi (quando sono state fatte offerte fra 320 e 350 milioni) oggi la situazione dei creditori sarebbe già ampiamente sanata.
Manuel Follis, MilanoFinanza 17/10/2015