Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 09 Venerdì calendario

L’AMERICA (E L’ANANAS) SCOPERTI DAI ROMANI. FORSE - I

L’AMERICA (E L’ANANAS) SCOPERTI DAI ROMANI. FORSE - I Romani avrebbero scoperto l’America millecinquecento anni prima di Colombo. Questa l’ipotesi che Elio Cadelo insegue per oltre trecento pagine nel suo libro «Quando i Romani andavano in America», appena pubblicato da Palombi. Ipotesi già lanciata sei anni fa dall’autore e ora avvalorata da nuove osservazioni e confronti tra archeologia e astronomia, botanica e geologia, cartografia antica e storia della medicina, storia della navigazione e storia della scienza. Racconta Cadelo che aveva già consegnato all’editore la prima stesura del volume quando, in visita al Musée des Arts et Histoire di Ginevra, nella sala dedicata alla Roma bizantina si imbatté nella statua di un ragazzo alta circa un metro e mezzo, risalente al III-IV secolo dopo Cristo. Questo ragazzo regge con la mano sinistra un ananas, tenendolo stretto per il ciuffo di foglie. Sotto c’è scritto: «ragazzo con grappolo d’uva». Sorpreso dalla somiglianza del grappolo con l’ananas, Cadelo ha fotografato la statua e ha sottoposto l’immagine a numerosi botanici, paleobotanici, arheologi: «Tutti hanno confermato che il frutto scolpito non può essere assolutamente un grappolo d’uva ma un ananas. Intorno al III-IV secolo d. C. le sculture, come i dipinti e i mosaici, erano fortemente realistici e il grappolo d’uva veniva raffigurato in maniera canonica, vale a dire con un acino alla fine, due più su, quindi tre, e così via».Ora tutti sanno che l’ananas è originario della fascia tropicale dell’America. Eppure il frutto compare in altre raffigurazioni di età imperiale. La più famosa, elenca l’autore, è quella proveniente dalla Casa dell’Efebo a Pompei. Poi c’è il mosaico rinvenuto nella Casa delle Colombe e oggi al museo archeologico di Napoli. Infine il mosaico proveniente da Grotte Celoni, nei pressi di Roma, e custodito al Museo nazionale romano di Palazzo Massimo. Partendo da questi ananas Cadelo ha cominciato a cercare le prove dei viaggi transatlantici degli antichi romani. E ha scoperto che durante l’età imperiale avevano le conoscenze scientifiche, astronomiche, nautiche e geografiche necessarie per attraversare l’oceano e arrivare nel Nuovo Mondo. Descrive, in un affascinante percorso, la stazza delle navi, le tecnologie di bordo, le ampie velature e la capacità di navigare contro vento. Riporta il racconto scritto intorno al 192 d. C. dallo storico greco Ateneo di Naucrati, che parla della nave fatta costruire da Gerone II di Siracusa, talmente grande da ospitare una biblioteca, venti stalle, una palestra e giardini pensili. Ricorda come le variazioni del clima di Roma spingevano i suoi abitanti a cercare altri territori da cui approvvigionarsi. Verso la Sicilia e l’Africa, nei secoli in cui il freddo era così intenso che anche il Tevere si ghiacciava e veniva attraversato a piedi. Verso Nord, nei secoli di canicola, risalendo con le navi lungo le coste dell’Atlantico oltre le colonne d’Ercole fino alla Groenlandia. Verso Est, fino a raggiungere l’India e la Cina. Quindi avrebbero potuto raggiungere anche l’America. «L’ipotesi, ardita quanto affascinante, è destinata a restare misteriosa», annota nella prefazione l’astrofisico Giovanni Bignami. In ogni caso il libro fa navigare felicemente tra i segreti dell’antichità.
Lauretta Colonnelli