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 2015  ottobre 15 Giovedì calendario

IL PROCESSO? È INUTILE IL «CORRIERE» HA GIÀ EMESSO LA CONDANNA

È anche per gli articoli dei vari Giangiacomo Schiavi se questo Paese fa schifo: non soltanto per via di politici che sono molto più imbarazzanti che ladri, molto più piccolo-cetomedisti che elementi di “spiccata capacità criminale” come invece vorrebbero che fosse Mario Mantovani, uno del quale - chiarisco - mi frega zero e che mi infastidisce anche fisicamente. È anche colpa di questi Schiavi se un popolo tipicamente milanese e falso borghese ha preferito imborghesirsi e crogiolarsi nella micidiale balla storica della società civile allo zafferano, e infilarsi il Corriere della Sera sotto l’ascella prima di immergersi nuovamente nelle proprie occupazioni e nelle proprie attività economiche e commerciali, catturato dal proprio privato salvo leggere gli articoli degli Schiavi per poter dire «cielo, che scandalo» e poter rituffarsi nella propria separatezza, incapace di saldare uno spazio intermedio tra cultura popolare e cultura d’élite, ciò che nei paesi civili ha invece governato e governa da decenni. Se siamo ancora un popolo di forcaioli e di garantisti, di pressapochisti e di giornalisti, ancora basculanti e incuranti tra più parti in commedia, è anche per articoli come quello che Giangiacomo Schiavi ha scritto ieri sul Corriere della Sera: che sembrava il vecchio Indipendente tirato con l’amido. Il titolo richiamava al “verdetto del buonsenso sulla carriera di Mantovani” e questo era appunto l’articolo: un verdetto, appena condito con una-riga-una di premessina fastidiosa modello «aspettiamo che le accuse siano provate o smentite, ma» («ma») in un articolo che era tutto un «ma». Del resto «ci sarebbe poco da dire» di un assessore con «spiccata capacità criminale», e «c’è molto da obiettare (il condizionale era già sparito, ndr) di un’amministrazione che ne fa il responsabile della Sanità». In sintesi: aspettiamo che le accuse siano provate o smentite, ma in realtà - come al solito, come sempre - noi giornalisti con la schiena dritta non aspettiamo niente, e spariamo contro il parvenu Mantovani perché non è dei nostri e nel nostro circolino non conta un tubo. Tranquillo, Schiavi: Mantovani non è neanche dei nostri, ripeto, chissenefrega, però Mantovani ha preso 13mila preferenze che è roba che il tuo amico Umberto Ambrosoli («la società civile») se le sarebbe sognate. Fa niente, che c’entra: sarà clientelismo. Forse è per questo che il condizionale (è il condizionale che gli italiani sbagliano sempre: non il congiuntivo) il baffuto Schiavi l’ha abolito completamente, altro che «aspettiamo che le accuse siano provate o smentite»: è tutto inciso nella pietra. Mantovani «ha una propensione alla violazione delle regole», trucca le aste, briga per gli appalti, usa i suoi poteri per interessi personali, traffica per sistemare i suoi sodali, anzi: l’intera «Regione Lombardia è di nuovo epicentro di corruttele», perché ricordatevi che «il caso non riguarda soltanto Mantovani». Punto. Che poi: potrebbe anche essere tutto vero, Mantovani potrebbe anche essere un superbo manigoldo e non, invece, una terza fila della Prima Repubblica che faceva i suoi affarucci ma non beccava mazzette, visto che nell’inchiesta non si parla di tangenti: non sappiamo, ma una cosa la sappiamo. Sappiamo che non ne sa più di tanto neanche Giangiacomo Schiavi, non abbastanza da giustificare l’articolo che ha scritto: un capolavoro da mostrare nelle scuole di giornalismo come esempio di presunzione di colpevolezza, non prima di averlo fatto leggere, però, «ai tanti cittadini che si stanno rimboccando le maniche tra tagli e sacrifici», quelli che «non vengono perdonati se pagano un bollettino in ritardo». Giangiacomo Funari. E intanto passano i decenni, i baffi s’imbiancano, e però che strano: la società civile continua a non capire concetti fondamentali e da Paese normale, anzi, da società civile: che si è innocenti sino a sentenza definitiva, che si è colpevoli dopo sentenza definitiva, che la custodia cautelare dev’essere l’extrema ratio, e insomma tutta questa paccottiglia inventata dai berlusconiani opportunisti. Pazienza, proseguiamo: come se il giornalismo piccolo-borghese degli Schiavi non avesse un ruolo in tutto questo, come se un certo scambio perverso tra banche e industria - certo salotto buono di finanzieri e capitalisti - fosse pure quello ascrivibile ai Mantovani, e non, semmai, simbolizzato da quel Corriere della Sera su cui Giangiacomo Schiavi arringa la Milano perbene. È anche per gli articoli dei vari Giangiacomo Schiavi se questo Paese fa schifo.