Greta Sclaunich, Corriere.it 13/10/2015, 13 ottobre 2015
UNA SETTIMANA SENZA SMARTPHONE
Il mio smartphone è defunto domenica scorsa: problemi di batteria, non si ricaricava più. Lunedì mattina sono andata al negozio del mio gestore per capire cosa fare: mi hanno spiegato che il mio contratto scadeva una settimana dopo e che quindi mi conveniva aspettare per sottoscriverne uno nuovo con nuovo smartphone e nuovo piano tariffario. Ci ho pensato su: una settimana senza non sarà poi così dura, vero? Secondo il 12esimo rapporto Censis sulla comunicazione in Italia ne ha uno il 52,8% della popolazione: se il restante 47,2% riesce a sopravvivere senza non vedo perché non ci dovrei riuscire anch’io.
Così ho deciso di provarci. Sapendo che non sarei comunque stata esattamente fuori dal mondo: in redazione ho il pc aziendale e un telefono fisso, a casa il mio pc personale. Ho anche un tablet da utilizzare per restare connessa anche quando non sono né a casa né al lavoro: resto comunque dentro quella fetta di italiani connessi a internet via mobile che, secondo lo studio We are social aggiornato al gennaio 2015, rappresenta il 43% del totale. Ecco la cronaca della mia settimana senza cellulare. Non succedeva dal Natale del 1999, quando i miei genitori (ufficialmente come premio per i buoni voti a scuola, in realtà per potermi controllare meglio durante gli anni dell’adolescenza) mi regalarono il primo Nokia.
LUNEDI’ – Il commesso del negozio riesce a ricaricarmi lo smartphone un’ultima volta. So che la batteria durerà circa 10 minuti e penso che la cosa migliore da fare è ricopiare da qualche parte i numeri della rubrica che possono essermi utili. Ma non me ne viene in mente nemmeno uno di davvero essenziale: tra mail, Facebook, Twitter, LinkedIn penso di poter contattare chiunque senza dover usare il telefono. Così lo spengo. E comincio il mio esperimento.
Primo inghippo: il meteo. Uscendo di casa mi rendo conto che non ho controllato le previsioni: il cielo grigio reggerà fino a stasera o rischio la pioggia? Di solito faccio un giretto sulle applicazioni meteo mentre scendo le scale e in base ai risultati decido se andare al lavoro in bicicletta o con i mezzi pubblici. Stavolta, rischio: prendo la bici e incrocio le dita. Ma mi riprometto di controllare via pc il mattino dopo.
Appena arrivata in redazione, telefono subito al mio gestore telefonico per capire se posso rescindere il contratto anticipatamente senza penali. Ma la tastiera del fisso non è abilitata e non riesco ad andare oltre il menù principale. Chiedo il cellulare a una collega, ma ha un gestore diverso e il numero verde del mio risulta «inesistente». Incrocio le dita e tento con Twitter: funziona! Il servizio assistenza mi risponde ma alla fine conferma ciò che temevo: non si può fare nulla. Penso a chi (e come) avvertire della mia settimana senza telefono: i colleghi a voce, i miei genitori via email, le amiche via chat di Facebook, il fidanzato via messaggi privati di Twitter. WhatsApp? Addio: non ho mai abilitato WA Web e per farlo devo passare dallo smartphone. Poco male, rinuncerò anche a quello.
MARTEDI’ – Mi sveglio con la sveglia del tablet. Prima di andare al lavoro ho il tempo di andare al supermercato: di solito compilo la lista delle cose da comprare sullo smartphone, stavolta mi munisco di un elenco scritto a penna su un foglio di carta. Il problema si presenta quando torno a casa e devo calcolare a quanto ammonta la spesa comune dell’appartamento e come dividerla tra me e le mie coinquiline: da quanto tempo non faccio un calcolo aritmetico a mano, senza usare l’app calcolatrice? Ci metto poco, ma è strano ricoprire un foglietto di calcoli. Mi sembra di essere tornata ai tempi delle elementari tra addizioni e divisioni.
Dopo lavoro, tocca alla palestra. Appena salgo sul tapis roulant mi rendo conto che senza smartphone non ho la mia playlist speciale per fare sport. Nella sala c’è uno stereo e io temo il peggio: un’ora alle prese con canzoni di musica che non mi piace. Invece, per fortuna, oggi passano solo canzoni degli U2: mi piacciono e non li conosco benissimo, è l’occasione per scoprire canzoni nuove.
MERCOLEDI’ – Andando al lavoro incrocio due ragazzi che trasportano un enorme peluche di un delfino. Vorrei fotografarli, poi mi rendo conto che non posso. E mi rendo conto anche che non entro su Instagram da domenica sera, che non ci pubblicherò niente ancora per una settimana e che, strano ma vero, non mi manca per nulla. Come non mi mancano - ma la settimana è ancora lunga ... - i selfie: non potrò scattarmene nessuno fino a quando non avrò un nuovo smartphone. E lasciamo perdere l’egocentrismo, perché ormai i selfie per me vanno molto oltre: è uno degli strumenti che uso per comunicare con i miei genitori per far loro vedere momenti della mia giornata, ma anche per salutare il mio fidanzato o per immortalare attimi speciali con le mie amiche. Tutte e tre attività delle quali, lo ammetto, sia io che i miei genitori, come anche il mio fidanzato e le mie amiche, possiamo benissimo fare a meno.
A proposito di genitori: mi accorgo che non ho il loro numero di cellulare. L’ho salvato sullo smartphone e non l’ho mai memorizzato. Ricordo però a memoria il loro numero di casa e, pensandoci su, mi rendo conto che oltre a questo, a quello del mio cellulare, a quelli delle nonne e a quello della mia migliore amica del liceo (che non chiamo, appunto, dal liceo) non ho memorizzato altri numeri.
Tra le cose che devo memorizzare ci sono anche gli itinerari: se devo andare in un posto nuovo meglio che mi studi la strada sul browser e, magari, la ricopi a grandi linee su un foglio. Proprio come facevo prima del mio primo smartphone.
Intanto, sempre sul tema delle cose da memorizzare, bloc notes e agenda diventano indispensabili e inseparabili: ci appunto tutto e le liste (cose da fare, persone da chiamare, spesa, orari) si moltiplicano e allungano.
GIOVEDI’ –
Oggi vado al lavoro con l’autobus. E per la prima volta, mentre attendo alla pensilina, non posso controllare le email / commentare su Facebook / twittare / mandare sms / scorrere la timeline di Instagram. Non posso nemmeno fissare il vuoto ascoltando musica. Quindi, che faccio? Mi siedo e aspetto. Mi guardo in giro: noto una splendida terrazza all’ultimo piano del palazzo di fronte, ascolto i canti di una donna che protesta contro il taglio degli alberi del parco.
Arrivata al lavoro ricevo una mail per una visita specialistica: la dottoressa mi chiede (e si chiede) se sto bene visto che non mi sono presentata e il mio cellulare è staccato. Eh già, la visita l’avevo segnata sul calendario dello smartphone - e da nessun’altra parte, perciò l’ho scordata. Mi scuso, sempre via mail, preciso che sto bene e che richiamerò per fissare un altro appuntamento non appena riavrò il mio telefonino.
VENERDI’ –
Mi scopro a sorridere quando sento suonerie del cellulare identiche alla mia. Non mi capitava da anni: di solito quando sento gli squilli inizio a frugare nella borsetta con una punta di fastidio pensando «e adesso chi è? E cosa vorrà?». Mi ricordo che anni fa, invece, accoglievo lo squillo del cellulare con un sorriso sorpreso: mi chiedevo chi poteva cercarmi pensando che sicuramente doveva essere per un ottimo e piacevole motivo. La telefonata era sempre sinonimo di sorpresa, spesso gradita. Come ha fatto a diventare, invece, sinonimo di potenziale scocciatura?
A proposito di telefonate. Chissà chi mi ha cercata in questi giorni? Alzo le spalle: di certo non avrò ricevuto la chiamata della vita. E se invece l’avessi ricevuta? Ri-alzo le spalle: forse avrò perso una qualche fantastica opportunità che non si ripresenterà mai più, ma dato che non lo posso in nessun modo sapere non ha senso angustiarmi. Nemmeno pensarci su.
SABATO – Vorrei andare a fare un giro in bicicletta, ma non posso: è vero che non lavoro, ma preferisco essere comunque sempre raggiungibile. E il mio tablet pesa troppo per portarmelo nello zaino per chilometri e chilometri...
Un altro problema che non avevo considerato: le telefonate (impossibili) per chiedere informazioni o prenotare qualcosa. Così arrivo in pizzeria e ho fortuna, trovo un tavolo. Ma quando scoppia un temporale, e sono lontana dalla fermata dell’autobus e senza ombrello (e per giunta è già tardi), non so proprio come fare a chiamare un taxi per tornare a casa. Sono fortunata: la proprietaria di un bar si offre di telefonare dal fisso del locale per prenotarmi un taxi e così torno a casa senza grandi problemi.
DOMENICA –
Ho rinunciato alla bicicletta sabato, non rinuncio ad una giornata al lago domenica. Ovviamente sempre con il tablet a portata di mano, che non si sa mai. Il prezzo da pagare, a sera, è una spalla dolorante. Inizio a rimpiangere il mio smartphone, leggero e maneggevole.
Per giunta è una giornata quasi primaverile, con tanto sole e cielo azzurro. E io non posso scattare neanche una foto ricordo. Non è la cosa peggiore che mi è successa: senza app trasporti perdo il treno per una manciata di minuti perché alla biglietteria c’è la coda. Dopo una settimana di relax a ripetere quanto è bello stare senza smartphone mi ritrovo domenica sera nel bar di una stazione sperduta, ad aspettare un treno sovraffollato. E per la prima volta in questa settimana di detox il mio smartphone mi manca un po’.
LUNEDI’ –
Tutte le persone alle quali ho parlato del mio esperimento hanno sbarrato gli occhi e mi hanno chiesto: «Ma come fai? Dev’essere difficilissimo». La verità è che non lo è per nulla. Il bilancio, alla fine, è questo: complessivamente il mio cellulare non mi manca. La funzione pratica di internet maggiormente sfruttata dagli italiani nella vita quotidiana - dice il 12esimo rapporto Censis sulla comunicazione - è la ricerca di strade e località (60,4% degli utenti del web). A seguire c’è la ricerca di informazioni su aziende, prodotti, servizi (56%), l’home banking (46,2%), l’ascolto della musica (43,9%, percentuale che sale al 69,9% nel caso dei più giovani). Tutte attività che riesco benissimo a gestire da pc e tablet. Tanto che, non fosse per il lavoro, trasformerei questo esperimento in un nuovo corso della mia vita: telefonino-free.
Rinunciare al cellulare senza rinunciare a internet non è un vero detox. Mi ha fatto bene, ma tornerò presto allo smartphone. Anche se, quando oggi il responsabile del negozio del mio gestore mi ha detto che lo smartphone che voglio non è ancora arrivato e dovrò aspettare qualche giorno, ho sorriso: non ho nessuna fretta di essere di nuovo munita di cellulare.