Michele Serra, l’Espresso 15/10/2015, 15 ottobre 2015
CORSIVI
Ci vuole una dose di pietà quasi infinita per affrontare senza spregio (e senza ilarità) la folle vicenda della famigliola italiana trascinata al completo dalla figlia, fanatica e plagiatrice, nel Jihad, vero o presunto tale. Lei, la ragazza, fervida sostenitrice della decapitazione degli infedeli perché “lo vuole Allah” (è la variante orrorifica del vecchio motto beghino “non lo fo’ per piacere mio, ma per far piacere a Dio”), è latitante. Ma la povera madre, una donna del popolo senza altra colpa che essersi lasciata fregare e rovinare da una figlia fuori di testa, è morta per cedimento cardiaco appena prima di uscire dal carcere. Non si sa chi, della famiglia, abbia avuto la strana idea di chiedere per lei, tornata al paesello in una bara, esequie cristiane; comprensibilmente negate, perché un conto è abbracciare – francescanamente – un po’ tutti; altro conto è dare cristiana sepoltura a chi ha appena aderito a un culto che prevede, della cristianità, la cancellazione mediante sterminio. Nemmeno un emulo particolarmente cinico di Flaiano avrebbe potuto concepire un finale così atrocemente italiota: la casalinga ingabbiata nel burqa e convertita alla Guerra Santa che però, per l’ultimo viaggio, per il decoro della comunità, qualcuno vorrebbe accompagnata dal prete, magari con il rosario e l’immaginetta di Sant’Antonio tra le dita.