Stefania Berbenni, Panorama 15/10/2015, 15 ottobre 2015
I LOVE BARBIE
Quando sbarcò in Italia, nel 1964, Barbie aveva cinque anni di vita. Si portò dietro un miliardo di paia di scarpe e poco meno di vestiti, perché la dotazione annua era di 120 nuovi modelli.
Adesso, che dalla nascita di anni ne sono passati 56, siamo ancora qui a domandarci perché questa piccola fata giocattolo non smetta di stare dentro il nostro presente con una forza di penetrazione da record: ogni tre secondi ne viene venduta una nel mondo, ha più di 300 pagine dedicate su Facebook e un migliaio di canali su Youtube. Ha un curriculum di numeri senza rivali: oltre mezzo miliardo di pezzi venduti dal 1959, con 95 professioni svolte, 45 versioni di nazionalità differenti, otto diversi colori di pelle, 4.800 accessori (compresa una bara tutta rosa), 70 famosi stilisti che l’hanno interpretata. Malgrado la concorrenza spietata di Winx e Bratz, altre eroine femminili, la simil donna prodotta da Mattel tiene ancora la testa alta. E come potrebbe fare diversamente lei che è anche un po’ noiosamente, diciamolo l’incarnazione della donna perfetta in ogni occasione? Dal 28 ottobre fino al 13 marzo il Museo delle culture di Milano (Mudec) ospita Barbie, the icon, 437 pezzi in mostra, corredati di analisi del fenomeno, accessori, habitat: insomma tutto l’universo plasticoso di questo solido feticcio contemporaneo. Parigi non è da meno nel celebrarla, pur non essendoci anniversari particolari: dal 10 marzo al 18 settembre 2016, il Museo delle arti decorative (all’interno del Louvre), ospiterà un’altra rassegna a lei dedicata. Nel 1999 Natalia Aspesi scrisse: «È miracoloso, o magico o diabolico, che di generazione in generazione le bambine continuino ad andare pazze per Barbie». Già, perché? Ogni risposta calza, ma non liquida mai la questione (ci hanno provato studiosi di tutto il mondo). È il topos della bellezza americana: terza di reggiseno, fisico asciutto, gambe da modella. È la sintesi fra favole e cultura materiale: un po’ Bella addormentata nel bosco con tanto di principe (Ken, il fidanzato-bambolotto), un po’ consumatrice compulsiva. È la più bieca proiezione della donna perfetta, oggetto del desiderio, ma è anche una femminista ante litteram che rivendica un ruolo nella società come chirurga, astronauta, dentista, pilota (le fatidiche 95 professioni svolte). È la vittoria conclamata dell’immagine su ideologie ed etica. È la testimone muta dei cambiamenti in corso, non solo nel vestire, ma persino nel comportarsi. Nel 2000, per esempio, è arrivata la versione con piercing, e durante la sua vita si è vestita da hippy e da carrierista, da sportivona e da first lady. Ha avuto tre restyling facciali, nel 1967,1977 e 1998.
Ora scende persino dai tacchi, un passo impensabile fino a ieri. La Mattel infatti sta studiando caviglie regolabili per consentire alla sua dea di plastica di portare sneaker o infradito come sensuali décolleté. Non solo: è allo studio la Barbie hi-tech. Parlante. Dovrebbe costare 75 dollari e sarà in grado di interloquire con chi l’avrà in mano. «Hello Barbie» (questo il nome) funzionerà più o meno così: il messaggio sarà registrato, mandato in tempo reale via wi-fi a un server, che grazie a un software sofisticato darà la risposta giusta, preregistrata da un’attrice. Benvenuti nell’internet delle bambole.
C’è già chi ha ventilato pericoli di privacy per i bambini, di «manipolazione» e di possibili messaggi subliminali pubblicitari. La Mattel giura che userà tutte le attenzioni del caso, anche perché non può permettersi di sbagliare: nel 2014 ha già perso il 6 per cento del fatturato e che ci sia una crisi d’identità dell’icona tanto celebrata è fuori di dubbio. Ma sopravviverà, ne siamo sicuri. Lo fa da 56 anni, respingendo al mittente le accuse di essere una ninfetta (uscì quattro anni dopo Lolita di Vadimir Nabokov), di incastrare la donna nello stereotipo di oggetto (per questo è odiata dalle femministe), di iniziare al consumismo sfrenato le bambine. È singolare però la coincidenza del dibattito sugli stereotipi di genere e le due mostre annunciate. Ma lo abbiamo detto, Barbie sta dentro la realtà (e ne ha una sua parallela). Fra qualche anno arriverà la Barbie transgender. Scommettiamo?