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 2015  ottobre 14 Mercoledì calendario

PLAYBOY – IL NUDO NON TIRA PIÙ – [3

pezzi] –
Per una generazione di ragazzi americani, la lettura di Playboy era un rito, un brivido illecito consumato sotto la luce fioca di una torcia. Nel 1953 il fondatore Hugh Hefner – che sul primo numero riuscì a far spogliare Marylin Monroe –, per tentare l’impresa aveva investito 600 dollari di tasca propria e 8.000 che aveva avuto in prestito. Un successo: 51 mila le copie vendute. Ma oggi il magazine vede un pesante crollo delle vendite: dalle 5,6 milioni di copie del 1975 alle 800 mila attuali. “Oggi siamo a un clic di distanza da qualsiasi atto sessuale immaginabile, e gratis”. Così l’ad della società, Scott Flanders, ha spiegato al New York Times una scelta editoriale che sembra segnare la fine di un’epoca: da marzo 2016 Playboy smetterà di pubblicare foto di nudi integrali perché ai tempi di internet il facile accesso a immagini simili online le ha rese “sorpassate”. Il brand del coniglietto è stato “un creatore di tendenze, un arbitro di stile e un’avanguardia per la libertà politica, sessuale ed economica” ha spiegato il direttore, Cory Jones, nominato lo scorso luglio per arginare il crollo delle vendite. Adesso allontanarsi dai nudi integrali sembra essere la strada giusta. Da quando, l’estate scorsa, hanno scelto di togliere il nudo integrale dal sito gli accessi sono triplicati e l’età media è diminuita da 47 a 30 anni. Vuol dire che i lettori cercano contenuti differenti. Dal 2016 ci saranno ancora donne provocanti, ma non più nude, compresa la “playmate” del mese. “La scelta di Playboy Usa delinea un nuovo corso in cui la libertà, ancora una volta, riveste un ruolo fondamentale sulle pagine del nostro magazine – ha spiegato al Fatto Andrea Minoia, editore di Playboy in Italia –. Abbracciamo con coraggio la decisione e rilanciamo: saranno le donne a scegliere in che modo mostrarsi, l’autodeterminazione femminile passa anche per chi ha il piacere di mostrarsi senza veli e non saremo di certo noi a censurarle”. Una scelta per risollevare le sorti della rivista, rispondendo anche alla domanda dell’ad Flanders: “Se togli il nudo, oggi cosa resta?”.
Caterina Minnucci

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HA FATTO BENE ANCHE ALLA DONNA (MA DITELO PIANO) –
Cosa è stato Playboy per le donne? Gloria Steinem, figura di spicco del femminismo Anni 60/70, ha scritto: “Una donna che legge Playboy si sente un po’ come un ebreo che legge un manuale nazista”. Per decenni è il simbolo in carne e orecchi di coniglietta della donna oggetto del desiderio maschile.
Al contrario, guardandolo oggi, si può dire che Playboy è stato uno degli strumenti attraverso cui è passata la rivoluzione sessuale. Pensiamo a cosa era il mondo negli Anni 50, quando fu lanciato. In Italia vigeva ancora il cosiddetto ius corrigendi (il marito poteva picchiare la moglie che faceva cose contrarie alla morale comune). L’adulterio era reato e la pillola sarebbe arrivata solo nel 1966 e solo per “scopi terapeutici”. Nel novembre del 1972, quando Playboy raggiunse il picco di vendite con 7.161.561 copie, il divorzio era appena stato introdotto ma l’aborto era ancora reato e il delitto d’onore sarebbe stato abolito solo nel 1981. La donna era niente più che moglie e madre, e quindi senza pulsioni sessuali. In un’Italia così mostrare su una rivista una donna nuda era comunque rivoluzionario. Le conigliette di Hefner erano solo corpi, mercificati per il godimento dell’uomo? Certamente. Ma al tempo stesso mostravano agli uomini che anche le donne erano esseri sessuati, con le proprie malizie e i propri desideri. La differenza con la pornografia odierna è il mix intelligente di cultura e sesso che la rivista aveva inventato. Anche Doris Lessing, convinta femminista, vi apparve, accanto a gente come Nabokov, Wodehouse, Saul Bellow, Kurt Vonnegut o Margaret Atwood. Il primo editoriale, accanto alla celeberrima foto di Marilyn, diceva: “Se sei un uomo tra i 18 e gli 80 anni, Playboy è quello che fa per te”. Oggi si può aggiungere senza paura: anche se sei una donna.
Caterina Soffici

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IN SICILIA NON C’È RAVE PIÙ SENSUALE DELLA SETTIMANA SANTA –
L’Inquisizione è un’escogitazione. Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse ha scolpito l’aforisma appropriato: “Essere nato in un Paese cattolico e aver vissuto in provincia sono i presupposti di un’eterna felicità, scoprire qualche centimetro di pelle femminile in più”. Non c’è libro più erotico di Feste religiose in Sicilia e, dunque, non c’è rave più sensuale della Settimana Santa, dalla Domenica delle Palme alla Resurrezione. Sono gli scatti di Ferdinando Scianna a confermarlo. Con le immagini – la luce e il lutto riflessi sui décolleté delle dame – ci sono le parole di Leonardo Sciascia, coautore col grande fotografo del prezioso volume il cui rango, oggi, è feticcio.
La letteratura si sposa al reportage fotografico ed è un’intensa trama di lussuria. L’eros dimora nel sacro. Sciascia, infatti, in Morte dell’Inquisitore, decifra “una escogitazione, per così dire, boccaccesca” nel sacramento della confessione.
Ecco, l’Inquisizione: “Un modo escogitato da una categoria privilegiata, cioè quella dei preti, per godere di libertà sessuale sul terreno altrui, e nell’atto stesso di censurare una tal libertà nei non privilegiati”. Lo stesso celibato dei preti è pura astuzia, assicura invulnerabilità nello sconfinare il mondo della femmina velata, ammantata e addobbata di mantiglie quando svela azioni e intenzioni. Quella Semana, in Sicilia, è un teatro rimpicciolito al modo di un cortile dei doppi sensi. I maschi indossano la penitenza, le femmine, avvolte nella compostezza, s’incamminano nell’estasi. L’eleganza del lutto estremo – il più potente rito di consacrazione della carne inchiodata – s’avvolge nella brace, tutto sfarzo e fantasticheria, di un desiderio. Gli uomini sono incappucciati. I bambini, pure. Pura escogitazione.
Pietrangelo Buttafuoco

Caterina Minnucci – Caterina Soffici – Pietrangelo Buttafuoco, il Fatto Quotidiano 14/10/2015