Paolo Siepi, ItaliaOggi 13/10/2015, 13 ottobre 2015
PERISCOPIO
Salvini vuole eliminare il limite di 999 euro per l’uso del contante. Quindi almeno un nero che gli piaccia, esiste. Gianni Macheda.
Roma brinda sulle macerie, immemore, inconsapevole, perduta, naturalmente devota. Ermanno Rea, scrittore (Antonello Caporale). Il Fatto.
Se non trovano proprio nessuno e cercano candidati a sindaco di Milano, ci sono io qui. Lo farei anche per il Pd. Enrico Bertolino, comico (Antonio Di Pollina). la Repubblica.
Paolo Del Debbio si diverte troppo a fare la tv, conduce il talk show che, in questo momento, fa più ascolto in Italia, ha la simpatia di tutti e teme che, se si candidasse a sindaco, ne perderebbe un po’. Come successe a me nel 1994, quando scesi da una popolarità del 93% sotto il 50. Silvio Berlusconi. (Andrea Montanari). la Repubblica.
È vero che Marino ha vinto le primarie, ha preso i voti e vaffanculo a chi glieli ha dati, però il partito, una responsabilità ce l’ha. Non aver scelto uno come Marchini è una colpa grave. Suo padre ha costruito Botteghe Oscure. Non è che venisse da destra, Mar chini. Viene da sinistra. È un imprenditore, non un chirurgo. Sa guardare un bilancio. Sa far di conto. La città l’avrebbe saputa governà. Antonio Pennacchi, romanziere, premio Campiello. (Malcom Pagani). il Fatto.
Alla Rochelle, in un consiglio di guerra, qualcuno aveva messo il dito sopra una mappa dicendo: «Attraverseremo qui». Ma il signore di Toiras rispose: «Purtroppo il vostro dito non è un ponte». L’episodio fa pensare a quegli strateghi d’ingegneria finanziaria che avevano progetti per superare d’un balzo l’ostacolo del debito pubblico. Alberto Ronchey, Fin di secolo in fax minore. Garzanti, 1995.
Può riprendersi una nazione che abbia vissuto, in cicli, reiterati 8 di settembre e 25 di aprile, da almeno sette secoli? No, non lo può: l’Italia può essere soltanto eterodiretta: dai club anglofoni, da Gheddafi o della curie, adesso da Bruxelles. Del resto essa deriva da un miscuglio di genti diversissime soggiogate da Roma, rese pazze dal dispotismo imperiale e da orge di eccesso. Plebi capaci di tutto del Satyricon. Con il sangue ricolmo di incubi e beffe, gli italiani vorrebbero quiete e, al contempo, quotidiano teatro. Così fatti, come potrebbero dirigersi da soli? Avverso la mia patria e però m’è simpatica quant’è vana. Geminello Alvi, Ai padri perdono. Mondadori, 2003.
Divi non si diventa, si nasce. Se per divismo si intende carisma, Pavarotti ne aveva da vendere. Chi vuole fare il divo è patetico. Lui, divo, lo era. Riccardo Muti (Emilia Costantini). Corsera.
L’intera operazione Mondazzoli (incorporazione della casa editrice Rizzoli libri da parte della Mondadori) è avvenuta in un silenzio pressocché assoluto, se si esclude il documento degli autori Bompiani e qualche timida uscita del ministro Franceschini (pure lui autore Bompiani). Pochissimi i commenti anche solo dubbiosi, perfino sui giornali. Del resto il panorama è questo: il Giornale è della famiglia Berlusconi; Il Corriere è il diretto interessato. La Stampa è degli Agnelli (che hanno il 16% dell’Rcs), Repubblica è di De Benedetti. O più semplicemente la sinistra en travesti la pensa come il premier che si è detto non preoccupato. D’altra parte «è il mercato, bellezza». Silvia Truzzi. Il Fatto.
Quando Giulia Maria Crespi manifestò il desiderio di incontrarmi, andai a casa sua e non ci parlammo, poiché mi diede appena il tempo di sottrarmi alle sue domande incalzanti. Spesso, coloro che, per una ragione o per l’altra, si ritengono potenti, usano avvicinare il prossimo, sottoponendolo a una specie di test psicotecnico. Non dialogano: esaminano. Questo metodo, nel fondo arrogante e inquisitorio, raggiungeva nella Crespi, incapace di concentrarsi più di qualche secondo su un argomento preciso, culmini da teatro dell’assurdo. Enzo Bettiza, Via Solferino. Rizzoli, 1982.
La gente di Romagnese (Pavia) ha sempre avuto più polenta che pane, più fame che polenta, più debiti che soldi, più figli che letti, più capre che mucche, più topi per casa che polli in cortile, più asini che buoi, più braccia che terra, più boschi che campi, più pregiudizi che libri. Italo Pietra, I Grandi e i Grossi. Mondadori, 1973.
Una volta, don Pio, sul manubrio della sua bicicletta aveva appoggiato un sacco pieno di marroni, solo che nel sacco c’era un buco e don Pio, mentre scendeva verso la discesa di Montegarullo, perdeva la castagne dal sacco. «Monsigno’rr, i v’ casche’n i maròn» (monsignore le cascano i marroni!) gli urlavano dietro i ragazzi del paese. «A perdì i maròn!» (perdete i marroni!) aggiungevano altri. Ma don Pio, che aveva frainteso, non si fermava, agitava un mano in segno di rimprovero e diceva: «Ah ech ragazta’z, ech ragazta’z!»). Ah, che ragazzacci, che ragazzacci! Marco Santagata, Papà non era comunista. Guanda, 1996.
Giovanni Faraboli fu, nei primi anni del Novecento, il fondatore delle cooperative rosse della bassa parmense. Era socialista. Con i suoi compagni saliva in camion e andava a rigettare a ceffoni, oltre la via Emilia, i più violenti tra i sindacalisti della città che volevano portare anche nella Bassa odio e disordine. Nel ’22 brandì le asce per difendere le cooperative dai fascisti che di distruggevano col fuoco. Fu preso, incarcerato, processato, mandato al confino con Nenni, Saragat e gli altri. Ritornò a guerra finita più socialista e più povero di prima. Odiò il potere e combatté i potenti, amò la solidarietà che può nascere dal lavoro. Perse: tutto e sempre. Ma aiutò gli altri a riscattarsi. Visse in dignitosa povertà e morì a ottant’anni in un ospizio per vecchi, in disperata miseria, abbandonato da tutti, meno che da Giovannino Guareschi e da un paio di amici sopravvissuti. Beppe Gualazzini, Guareschi. Editoriale Nuova 1981.
Nessun cliente dieci anni fa, seduto in pizzeria, si sarebbe mai sognato di chiedere al cameriere quale tipo di farina venisse usata e quanti anni avesse il lievito madre dell’impasto. Il Rinascimento della pizza a Milano si può sintetizzare così: prima ci si preoccupava di che cosa c’era sopra, ora ci si preoccupa di che cosa c’è dentro. Roberta Schiro. il Corsera.
Esco poco, amo i miei segreti, sono discreta, non pettegola e forse sono anche un po’ noiosa. Edwige Fenech, attrice (Malcolm Pagani). Il Fatto.
La geografia fa la storia più di quanto la storia faccia la geografia. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 13/10/2015