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 2015  ottobre 11 Domenica calendario

L’IDEA NASCOSTA NELLA TESLA DI ELON MUSK

Oggi Elon Musk, ceo di Tesla, Space X e presidente di Solar City, ricorda Steve Jobs prima del lancio dell’iPhone, nel 2007. Il grande pubblico lo conosce appena. Gli analisti finanziari seguono le sue presentazioni con attenzione. I sostenitori dell’auto elettrica lo indicano come imprenditore visionario e illuminato. I più scettici ne parlano come di un abile comunicatore ed esperto di marketing, che sta facendo fortuna cavalcando l’idea della mobilità sostenibile.
Seguendo fino in fondo la suggestione del paragone tra l’Elon Musk di oggi e lo Steve Jobs che si prepara a cambiare il mondo con l’iPhone, bisogna concludere che la tecnologia con cui Tesla farà la sua rivoluzione non sarà l’auto elettrica che già produce e commercializza, almeno non come la conosciamo oggi: se davvero Musk è il prossimo Steve Jobs, allora deve ancora svelare il suo iPhone.
Nei giorni scorsi, dopo la pubblicazione dei risultati del secondo trimestre 2015, i giornali Usa hanno titolato: «Tesla perde 4mila dollari per ogni Model S venduta». Gli osservatori hanno diviso la perdita operativa del trimestre (47 milioni di dollari), per le auto consegnate nel periodo (11.532 Model S). Una sintesi fuorviante che però, se letta al contrario, potrebbe aiutare a focalizzarsi sulla vera strategia di Musk, che nel 2013 ha rischiato il fallimento.
La cassa “bruciata” da Tesla tra aprile e giugno è pari a 349 milioni di dollari. Una somma che va ben oltre le perdite del periodo. E che conferma che Tesla sta investendo su progetti di lungo termine. Solo per la Gigafactory, l’impianto per produrre batterie agli ioni di litio che Tesla e Panasonic stanno costruendo in Nevada, serviranno nei prossimi anni 5 miliardi di dollari. E c’è anche il cantiere, avanzato, sulla batteria domestica di accumulo.
Per tranquillizzare il mercato, Musk ha spiegato che i guadagni arriveranno quando la Model 3 – l’auto che promette la svolta per l’elettrica di massa, almeno negli Stati Uniti – sarà in produzione. E questo accadrà non prima della fine del 2016, se tutto andrà bene (gli analisti di Morgan Stanley, per esempio, hanno recentemente sollevato qualche dubbio al riguardo, rivedendo al ribasso le stime sul titolo). Di certo, secondo il Musk-pensiero, non è questo il tempo per produrre utili, che di sicuro non arriveranno con la Model S, in vendita dal 2012 e progettata oltre sei anni fa. E neppure dall’ultima nata, la Model X.
La Model X, appunto. Proprio durante l’ultima presentazione, Musk potrebbe aver svelato qualcosa della sua visione. Per capirlo dobbiamo rincorrere di nuovo una suggestione, fare un passo indietro e tornare all’atto costitutivo della società Tesla, nata ufficialmente «per accelerare la transizione mondiale verso il trasporto sostenibile».
Tesla non è nata per produrre le auto elettriche più belle di sempre. Giorni fa, Musk non ha risparmiato colpi alla Mela, commentando così un possibile ingresso di Cupertino nel mercato delle elettriche: «L’Apple car? Non mi preoccupa. Fare auto è più complesso che fare telefonini». L’iPhone di Musk potrebbe avere a che fare, piuttosto, con l’auto che guida da sola. Non quella che immaginiamo oggi: un’auto senza pilota stile Google. Ma un nuovo sistema per mobilità urbana ed extraurbana dove l’auto elettrica sarà una parte, non il tutto: il cuore di una piattaforma più ampia. Questo farebbe luce su alcune scelte aziendali (Tesla nel 2014 ha messo a disposizione tutti i propri brevetti) e darebbe un senso a certe caratteristiche della Model X, che sembrano pensate «per qualcos’altro». Per esempio, le porte ad ali di gabbiano (davvero è solo una scelta di stile?) che cambiano l’accessibilità (ora più simile a quella di una metro) e che si aprono da sole quando si avvicina l’autista. O anche il sistema di ricarica che comunica con la colonnina a bordo strada, e vi si attacca per fare il pieno, anche in questo caso senza l’intervento del proprietario.
Tesla punta a vendere 500mila auto all’anno entro il 2020. Se raggiungerà l’obiettivo, non sarà più una startup (ancora oggi c’è chi la definisce «una grande startup»). Eppure, per Musk, «dovrà conservarne lo spirito», proprio come voleva Steve Jobs per la sua Apple. Allora l’idea di un’auto dotata di intelligenza, capace di comunicare con le altre auto e con l’ambiente circostante e di condurci dove vogliamo senza la necessità di essere condotta, potrebbe fornire l’area di azione in cui conservare, coccolare, tenere accesa la capacità di innovare dell’azienda. Un luogo dove sperimentare senza limiti, alla ricerca di quel che oggi non esiste: un iPhone della mobilità sostenibile.
Se fosse questa l’idea nascosta nella Tesla di Elon Musk?
Antonio Larizza, Il Sole 24 Ore 11/10/2015