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 2015  ottobre 13 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - AL SENATO PASSA LA RIFORMA DEL SENATO


REPUBBLICA.IT
ROMA - Aventino, contestazioni, cravatte verdi, fogli tricolore e cartelli di protesta ma anche abbracci simbolici tra due grandi ’vecchi’ del Senato. E’ in questo contesto che l’aula di Palazzo Madama ha approvato il disegno di legge Boschi che riforma il Senato e il Titolo V con 179 voti a favore, 16 contrari, 7 astenuti. Una vittoria politica del premier Matteo Renzi sull’opposizione sia interna (minoranza Pd) sia esterna. Ma i tempi per l’approvazione definitiva della legge sono ancora molto lunghi. Questo, infatti, è solo il primo round. Le due Camere dovranno rivotare, si dovrà passare dal referendum popolare e la Consulta si dovrà pronunciare. Come minimo si arriverà al 2017 e le insidie per la legge non sono poche.
Riforme, via libera a nuovo Senato. Boschi: "Per Italia bellissimo giorno"
I fogli tricolore sui banchi del M5s prima di uscire dall’aula
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Hanno votato a favore solo i partiti di maggioranza che sostengono il governo. Le opposizioni (M5s, Lega, Forza Italia e Sel), fatta eccezione per i fittiani che hanno optato per il pollice verso, non hanno partecipato al voto. Tra i ’dissidenti’, nel Pd Walter Tocci, Corradino Mineo e Felice Casson; in Forza Italia Bernabò Bocca e Riccardo Villari hanno invece votato a favore, in dissenso dal gruppo. Si sono astenuti i senatori tosiani, così come la senatrice a vita Elena Cattaneo (i voti di astensione al Senato equivalgono a voto contrario). Dalla maggioranza fanno osservare che i voti dei verdiniani sono solo voti "aggiuntivi" e non "determinanti".
Su Twitter il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, scrive a scrutinio concluso: "Semplicemente una bellissima giornata. Per noi ma soprattutto per l’Italia. Grazie a chi ci ha sempre creduto. E’ proprio #lavoltabuona".
A ruota, il premier posta un tweet in cui dice: "Grazie a chi continua a inseguire il sogno di un’Italia più semplice e più forte".

Prima del via libera Silvio Berlusconi aveva riunito il gruppo di Forza Italia nel tentativo di cercare una posizione comune di tutte le opposizioni. Fi, infatti, è rimasta divisa per un po’ tra la scelta di disertare l’aula o restare pur non partecipando al voto. Il timore nel partito è che, restando in aula, qualche senatore azzurro potesse votare a favore della riforma. Alla fine, si è deciso non per un vero e proprio Aventino, ma per una presa di distanza che risultasse evidente. E dunque, al momento del voto finale sul ddl riforme, Fi non ha votato ma lascerà i banchi del gruppo senza abbandonare l’aula e restando quindi nell’emiciclo. Una posizione emersa al termine di una lunga discussione e c’è stato anche chi - come Augusto Minzolini - ha proposto di uscire fuori in occasione della dichiarazione di voto di Giorgio Napolitano. Lo stesso Berlusconi, peraltro, durante la riunione ha ribadito ancora una volta ai suoi - come già molte altre volte in passato - "la complicità fra Napolitano e ciò che determinò le mie dimissioni da presidente del Consiglio" nel 2011.

E proprio quando l’ex presidente della Repubblica (oggi senatore a vita) prende la parola, esplode la clamorosa contestazione di parte delle opposizioni nei suoi confronti: i senatori M5s e quelli - quasi al completo - del gruppo Fi si alzano e lasciano l’aula. "Non mi avete notato al mio banco - dice intanto Napolitano - perché ho ritenuto più appropriato il non intervenire, dopo aver dato contributo in commissione, a aspro scontro politico in assemblea su temi tra i più delicati". E poi: "E’ compito di tutti prepararci a mettere concretamente in piedi il nuovo Senato, non stiamo semplicemnte chiudendo i conti con i tentativi frustrati, dobbiamo dare risposte a situazioni nuove e a esigenze stringenti, dobbiamo riformare arricchendola la nostra democrazia parlamentare e dare attenzione a tutte le preoccupazioni espresse in queste settimane sulla legge elettorale e gli equilibri istituzionali". L’ex capo dello Stato ha ammesso che "la riforma non è certamente perfetta" ma "l’alternativa era restare inchiodati a tutte le distorsioni e storture, se penso alle tante occasioni perdute ne colgo la causa in una defaticante ricerca del perfetto o meno imperfetto".
Senato, il giorno del Sì alla riforma: il fotoracconto
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Secondo Napolitano la ragione di fondo di tutti i tentativi falliti fino a oggi "è stato il fatale riprodursi di un insormontabile sospetto e allarme tra gli schieramenti" e invece "il tempo della maturità per la democrazia dell’alternanza, del reciproco riconoscimento, rispetto e ascolto, del confrontarsi con dignità è un’esigenza che rimane e si è fatta più scottante.
Quella maturità è la prova a cui nessuna forza politica può più sottrarsi", ha concluso, ricorcando come già nel suo primo discorso di investitura al Colle nel 2006 aveva espresso questo auspicio.
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Al termine dell’intervento, uno scrosciante applauso si è levato dai banchi del Pd, con i senatori dem in piedi. Anche Area popolare ha applaudito e una parte del gruppo si è alzata. Seduti al loro posto, pur non negando l’applauso, sono rimasti i verdiniani. Un momento particolarmente emozionante è stato quando Napolitano ha accarezzato il viso di Sergio Zavoli, che si era recato a salutare il senatore a vita per congratularsi dell’intervento.
Più tardi, fuori dall’aula, l’ex presidente ha risposto così a chi gli chiedeva un commento sull’Italicum: "Le risposte non devo darle io, sono un senatore sui generis, non guido gruppi né sto al governo". Rispetto a quanto detto in aula, Napolitano ha precisato che "c’è bisogno dell’attenzione del governo e di coloro i quali guidano la maggioranza".
Su Twitter, però, è stato il gruppo pentastellato a pubblicare una foto con un post nel quale si legge: "Verdini e Napolitano a colloquio. Ecco chi si appresta a stravolgere la Costituzione". Nello scatto, un incontro tra Denis Verdini e Napolitano nell’aula del Senato.
Un cartello con la scritta ’2011’ l’ha sollevato Domenico Scilipoti proprio durante l’intervento di Napolitano. I commessi hanno ritirato il cartello ma lui ne ha tirato fuori un secondo, anche questo sequestrato. Una censura è arrivata dal presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso. "La prossima volta la caccio dall’aula", ha detto l’ex magistrato rivolgendosi al senatore.
Lo stesso Grasso, più tardi, scriverà su Facebook: "Alcuni mi hanno accusato di essere ’schierato’ con la maggioranza, altri di essere ’il leader delle opposizioni’. In coscienza posso dire che in un clima così infuocato ho fatto di tutto per rimanere imparziale senza lasciarmi condizionare dalle ragioni degli uni o degli altri. Non è mio compito entrare nel merito di un provvedimento o giudicarne il contenuto. In questo caso, una volta terminato l’iter parlamentare, saranno i cittadini a decidere, attraverso il referendum, se questa sia o meno una buona riforma della nostra Costituzione".
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Sul fronte dei centristi, era stato il capogruppo di Area popolare (Ncd più Udc), Renato Schifani, a escludere qualsiasi passo indietro rispetto al ddl nonostante lo scontro in atto - e tutto interno alla maggioranza di governo - sulle unioni civili, col Pd che ha deciso di chiedere subito l’incardinamento in aula del provvedimento: "Noi siamo un partito serio, siamo nati per la riforma costituzionale: le unioni civili non influiranno sul voto della riforma costituzionale che verrà approvata con il nostro ok, fatta eccezione di quei singoli parlamentari, colleghi di partito, che hanno già dichiarato di non votarla, quindi sono posizioni pubbliche e non di queste ore".

DAGOSPIA
1.DDL RIFORME: VIA LIBERA SENATO CON 178 SI’, TORNA ALLA CAMERA
Radiocor - Il Senato ha approvato con 178 voti favorevoli, 17 contrari e 7 astenuti il disegno di legge con le riforme istituzionali. Gran parte delle opposizioni ha lasciato l’Aula o comunque non ha partecipato al voto finale. Il gruppo Ala, dei cosiddetti ’verdiniani’ ha votato a favore. Il provvedimento deve tornare alla Camera e poi nuovamente al Senato come previsto dall’iter delle modifiche alla Costituzione prima dell’annunciato referendum confermativo.
2.RENZI,GRAZIE A CHI INSEGUE SOGNO ITALIA PIÙ FORTE
(ANSA) - "Grazie a chi continua ad inseguire il sogno di un’Italia più semplice e più forte: Le riforme servono a questo #lavoltabuona". Così Matteo Renzi commenta su twitter il via libera del Senato al ddl Boschi.

3.RIFORME:NAPOLITANO,VOTO IMPORTANTE, ALTERNATIVA RESTAR FERMI
(ANSA) - "E’ un voto importante, l’alternativa era restare fermi e tornare indietro". Lo sottolinea, interpellato dai cronisti in Transatlantico, il presidente emerito Giorgio Napolitano sul via libera del Senato al ddl riforme.



4.RIFORME: GRASSO, FATTO DI TUTTO PER ESSERE IMPARZIALE
(ANSA) - "E’ stato un percorso lungo e segnato da momenti tesi: non sono state settimane facili. In coscienza posso dire che in un clima così infuocato ho fatto di tutto per rimanere imparziale senza lasciarmi condizionare dalle ragioni degli uni o degli altri". Lo scrive, su Facebook, il presidente del Senato Pietro Grasso dopo l’ok alle riforme.

5.RIFORME: FITTO, DEBOLISSIME, COLPA ANCHE DI BERLUSCONI

(ANSA) - "Se oggi siamo a questo punto, è anche colpa sua": è quanto afferma Raffaele Fitto, leader dei Conservatori e Riformisti, a proposito del ruolo di Berlusconi nell’approvazioni di riforme "debolissime". "Sono soddisfatto - sostiene - della scelta del nostro Gruppo dei Conservatori e Riformisti al Senato di stare in Aula e votare no Le riforme sono debolissime, e c’è una enorme distanza tra le parole roboanti di Renzi e la debole sostanza del testo.
Mancano i veri punti di svolta, che noi avevamo presentato in altrettanti emendamenti (tutti ripetutamente respinti da Governo e maggioranza, sia alla Camera che al Senato): presidenzialismo, tetto fiscale in Costituzione, abolizione secca del Senato (o almeno, in subordine, sua elettività). Quanto alla odierna "stentorea" dichiarazione di opposizione da parte di Berlusconi, mi chiedo se per caso sia stato un suo sosia quello che, quando gli spiegavamo che stava facendo due errori colossali, dava semaforo verde sia all’Italicum sia a queste pseudo riforme, ed esattamente nelle versioni che oggi contesta"

LA STAMPA
È arrivato il «giorno X». Oggi il Senato darà il via libera al ddl che segnerà la più importante modifica della Costituzione dalla sua nascita, ponendo fine al bicameralismo paritario. Non sarà il via libera definitivo del Parlamento, perché ci vorranno altri tre passaggi. Saranno votazioni formali: la sostanza del testo - salvo imprevisti - non verrà toccata. Il vero scoglio arriverà tra un anno, quando i cittadini diranno la loro votando al tanto atteso referendum.
Rispetto alla versione iniziale, il testo è molto diverso e gli ultimi ritocchi - in particolare sulla semi-elettività dei senatori - sono frutto dell’accordo che ha riportato la pace nel Pd. Avremo un Senato composto da sindaci e consiglieri, con funzioni limitate, un’unica Camera che legifera e vota la fiducia. Più poteri al governo, che potrà chiedere tempi certi per l’approvazione dei suoi ddl. Capitolo risparmi: resteranno molti costi fissi, circa l’80%, che nemmeno questa riforma potrà abbattere.


Funzioni ridotte e meno poltrone
ma l’8% dei costi del Senato resta
«Finisce il bicameralismo paritario»: che significa?
Oggi Camera e Senato hanno le stesse, identiche, funzioni. Con la riforma, la Camera continuerà a votare le leggi e a svolgere le funzioni di indirizzo e di controllo politico - per esempio votando la fiducia al governo -, ma lo farà in maniera esclusiva.
E il Senato cosa farà?
Non voterà più la fiducia e la sua funzione legislativa sarà drasticamente ridotta. Non avrà più competenza sulle leggi ordinarie. Potrà solo chiedere delle modifiche, ma il suo parere non sarà vincolante. Resta la competenza concorrente, tra Camera e Senato, in alcune materie specifiche, come le leggi elettorali, le leggi costituzionali e la ratifica dei trattati dell’Ue. Avrà una funzione di raccordo tra lo Stato e gli enti locali. Per questo sarà composto da amministratori: 74 consiglieri regionali e 21 sindaci. Ci saranno poi 5 cittadini nominati dal Presidente della Repubblica.
Saranno i cittadini a eleggere i 95 senatori?
La risposta è «nì». Durante le elezioni regionali, i cittadini esprimeranno la loro preferenza, indicando chi vorranno mandare in Senato (una legge ordinaria, ancora da approvare, regolerà questo meccanismo). Ma poi saranno i consigli regionali ad eleggere i futuri senatori, in proporzione alla loro composizione politica.
I senatori avranno un’indennità?
No, riceveranno solo quella da sindaco o da consigliere. Avranno però l’immunità.
Quanto risparmierà il Senato con la riforma?
Non è facile dirlo. Ma proviamo a fare due calcoli: nel 2014 le spese del Senato ammontavano a 501 milioni di euro. Di questi, circa 98 milioni vanno ai senatori (41 milioni per le indennità, 36 milioni per i rimborsi spese e 21 milioni per i contributi ai gruppi parlamentari). Altri 9 milioni vanno al personale addetto alle segreterie particolari. Questi costi saranno praticamente azzerati. Ci sono poi le spese di funzionamento, che oggi pesano per 44 milioni: qualcosina si risparmierà anche da qui, ma certamente non tutto.
A spanne, restano ancora circa 380-390 milioni...
Eh sì, perché ci sono alcuni costi che non potranno essere azzerati. Almeno non nell’immediato. Parliamo per esempio delle pensioni degli ex senatori (80 milioni), del costo del personale (151 milioni) e delle pensioni degli ex dipendenti (120 milioni).
Cos’altro cambia con il ddl?
Cambia il Titolo V della Costituzione: sono state definite in modo più netto le materie di competenza legislativa dello Stato da quelle delle Regioni. È stato anche rivisto il quorum per i referendum (si abbassa se aumenta il numero di firme presentate) e sale il numero di firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare (da 50 mila a 150 mila). Vengono inoltre aboliti definitivamente il Cnel e le Province.
Chi eleggerà il Presidente della Repubblica?
I deputati e i senatori in seduta comune. Per i primi tre scrutini servono i due terzi dei componenti; dal quarto si scende ai tre quinti degli aventi diritto; dal settimo basterà la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Cosa succede adesso?
Ora il testo della riforma dovrà tornare alla Camera. In caso di via libera senza modifiche si concluderà la prima lettura. Poi dovrà essere nuovamente approvata dal Senato e infine ancora della Camera. A quel punto, come annunciato, ci sarà il referendum.

(ANSA/GIUSEPPE LAMI) - Oggi i senatori sono 315: con la riforma diventeranno 100