Gloria Satta, Grazia 8/10/2015, 8 ottobre 2015
TUTTO SU MIA MADRE
Tutto cominciò con una lettera, la più famosa e appassionata della storia del cinema. «Caro Roberto Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e mi sono piaciuti moltissimo. Dovesse mai aver bisogno di un’attrice svedese che parla molto bene l’inglese, non ha dimenticato il tedesco, si fa capire in francese e in italiano sa dire solo “ti amo”, sarei pronta a venire a lavorare con lei. Firmato: Ingrid Bergman».
Era il 1948. Il grande regista non solo rispose, ma si innamorò perdutamente della diva che aveva già vinto, per il thriller Angoscia, il primo dei suoi tre Oscar. E per lei lasciò l’attrice Anna Magnani, che la prese malissimo arrivando, racconta la leggenda, a rovesciargli un piatto di spaghetti sulla testa.
Cinema, amore impetuoso, scandalo: per seguire Rossellini, Ingrid aveva abbandonato Hollywood, il primo marito svedese Petter Lindström e la figlia Pia (che non avrebbe rivisto per otto anni) scatenando aspre polemiche in tutto il mondo. Accusata di essere una rovinafamiglie, rischiò di non lavorare più nella puritana America, dove un senatore la definì “espressione del demonio”.
Il sodalizio tra il maestro del cinema neorealista e Bergman, che ebbe come scenario l’Italia, generò sei film (tra cui Stromboli e Giovanna d’Arco al rogo) e tre figli: le gemelle Isabella e Isotta Ingrid, 63 anni, e Robertino, 64. Ma si concluse appena nove anni dopo, nel 1957, quando Rossellini s’invaghì dell’indiana Sonali Das Gupta.
«Mamma e papà si sono amati moltissimo sfidando i violenti attacchi contro di loro e il perbenismo. Il loro amore era stato così forte che anche dopo il divorzio mantennero un rapporto affettuoso e costante», mi racconta l’attrice, regista e modella Isabella Rossellini che, nel centenario della celebre madre, nata il 29 agosto 1915 e portata via da un tumore al seno nell’82 nel giorno del suo 67° compleanno, ha organizzato l’omaggio itinerante The Ingrid Bergman Tribute.
Si tratta di uno spettacolo teatrale in forma di reading (una serie di letture) scritto da Ludovica Damiani e Guido Torlonia, che va in scena l’11 ottobre all’Auditorium di Roma dopo essere stato a Londra, Parigi, New York: la stessa Isabella e l’attore Christian De Sica, suo amore adolescenziale, leggeranno alcune lettere e introdurranno la proiezione di video inediti.
Il 16 ottobre anche la Festa del cinema di Roma renderà omaggio alla diva con la proiezione dell’episodio da lei interpretato nel film collettivo Siamo donne, girato da Roberto Rossellini nel 1976. E il 19 ottobre uscirà nelle sale il documentario Io sono Ingrid, un ritratto emozionante della protagonista di Casablanca e Notorius realizzato dal regista svedese Stig Björkman che ha montato immagini, filmati, testimonianze. «Della mamma ricordo l’energia, il talento eccezionale, il coraggio di mettersi in gioco e il senso dell’organizzazione: da lei ho imparato ad amare l’ordine e a mandare avanti la casa», mi racconta Isabella, l’unica dei figli della coppia Rossellini-Bergman ad aver scelto lo spettacolo: Robertino lavora nella finanza e Isotta Ingrid insegna Letteratura all’università. Completo di seta animalier Stella McCartney, i consueti capelli corti, cerchi di brillanti alle orecchie, Isabella è sempre un’icona di stile. Ha lo stesso viso luminoso della madre, le sue labbra carnose, l’eleganza minimalista. E un sano distacco dallo star System che le ha impedito di venire schiacciata dal mito dei genitori con cui viveva da bambina in una villa a Santa Marinella, cittadina di mare in provincia di Roma.
«Non ho mai considerato il mio cognome come un peso, semmai è stato un dono: i miei mi hanno insegnato la passione totalizzante per il cinema», mi rivela. «Papà, scomparso nel 1977, è stato un esempio di indipendenza intellettuale. La mamma ha spaziato con curiosità tra culture, generi e cinematografie diverse: ha lavorato in Svezia, a Hollywood e in Europa recitando in cinque lingue. Io non ho il suo talento e non sono stata animata dal sacro fuoco che guidò la sua vita. Mi diceva sempre: non sono stata io a scegliere la recitazione, ma questo mondo ha scelto me, non potrei fare altro».
Isabella è stata sposata con il regista Martin Scorsese e ha due figli, la top model Elettra Rossellini Wiedemann, 32 anni, nata dal secondo matrimonio con il modello americano Jon Wiedemann, e Roberto, 22, adottato dopo il divorzio da Jon. E mi racconta che il clamore suscitato dalla storia d’amore dei suoi genitori si riverberò anche sulla sua infanzia.
«Eravamo inseguiti dai paparazzi: un incubo. Dello scandalo che aveva accompagnato la separazione dal primo marito, la mamma non parlava ma mi fece capire che l’aveva addolorata moltissimo».
S’intenerisce, Isabella, quando parla di Ingrid: «Ha avuto una forza fuori dal comune e non hai mai subito imposizioni: quando il potente produttore hollywoodiano David O. Selznick le chiese di cambiare il suo cognome, sfoltire le sopracciglia e raddrizzare i denti, rispose che non se ne parlava proprio, piuttosto sarebbe tornata in Svezia. È stata la prima attrice “al naturale” e un simbolo di indipendenza per le donne».
In uno dei suoi film più famosi, Sinfonia d’autunno di Ingmar Bergman, Ingrid è una pianista che ha messo al primo posto la carriera a scapito della figlia. «Conciliare il lavoro con la famiglia è il problema di noi donne», mi dice Isabella, «e la mamma non faceva eccezione. Spesso era sul set, ma noi figli non ci siamo sentiti trascurati. Quando stava con noi ci riservava una dedizione totale. A 13 anni, mi è stata diagnosticata una scoliosi e sono rimasta per mesi immobilizzata dentro un busto: Ingrid rinunciò per due anni a lavorare per seguirmi». Di svedese, la star aveva un grande amore per l’attività fisica: «Sciava, praticava la scherma, giocava a tennis e mi ha inculcato la passione per l’equitazione e il ballo. Ed era molto moderna nel modo di vestire: metteva i pantaloni, d’estate li portava addirittura corti».
Lo smisurato materiale che Björkman ha avuto a disposizione per il suo documentario era stato raccolto dalla stessa Bergman. «Appena le venne diagnosticato il cancro, cominciò a riordinare foto, filmati, lettere che la riguardavano», mi racconta Isabella. «Mi disse: un giorno tutti ti chiederanno queste cose perché ho avuto una vita importante».
Il suo ultimo impegno sul set, poco prima di morire, fu il ruolo della statista israeliana Golda Meir in un film-tv che le fruttò un Golden Globe postumo. Isabella, che ha appena girato il film di David O. Russell Joy con Bradley Cooper, Jennifer Lawrence e Robert De Niro, ha un rimpianto: «Non ho potuto rivedere un’ultima volta mia madre quando ormai era malata. Nel 1982 lei era a Londra, io negli Stati Uniti e la gravidanza mi ha impedito di muovermi». Le chiedo se interpreterebbe l’attrice in una pellicola biografico. «Sarebbe una pessima idea», mi risponde. «Ingrid deve rivivere nelle sue opere e nel ricordo di forza, passione e libertà che ci ha lasciato». Non posso darle torto.