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 2015  ottobre 13 Martedì calendario

I NUOVI DISEGNI DI GIUGIARO

L’uomo che ha rivoluzionato il mondo dell’auto ama andare fuori strada. Al posto del volante, si trova più a suo agio aggrappato a un manubrio, cullato dal rumore a due tempi di una 300 di cilindrata. E se la gode davvero, rombando tra sentieri e mulattiere delle sue Alpi Cozie, in su per i bricchi del Monviso, fino a scivolare via in lunghe cavalcate fino alla costa ligure. E pazienza se queste escursioni indiavolate, con sterzate improvvise e balzi da stambecco, finiscono sotto il naso della Forestale: la legge non apprezza i percorsi alternativi. E fa anche parte del gioco, se alcune discese a tutto gas finiscono con un volo e 5 denti da aggiustare.
Giorgetto Giugiaro, 77 anni, incoronato nel ’99 a Las Vegas “car designer del secolo”, è fatto così. È salito in sella per la prima volta a 40 anni suonati, un po’ per gioco e un po’ per apprensione paterna. Ha cominciato inseguendo il figlio Fabrizio, fresco innamorato del Trial. Ed è finita che Fabrizio si è innamorato del design, oggi corre in bicicletta e ha lasciato la moto in garage. Mentre Giorgetto non ha più smesso di dare gas alla passione del motoalpinismo.
«C’è chi ama stare ad arrostire in Costa Smeralda e chi ama l’avventura», spiega Giugiaro, raccontando la recente vacanza sui monti aspri del Gennargentu, dove rimanere col serbatoio a secco è un altro capitolo dell’avventura. «Almeno non si dirà che Giugiaro va in pensione, a pescare tutto solo in qualche laghetto».
Forse qualcuno l’ha pensato il giorno in cui, pochi mesi fa, se ne è andato da Italdesign sbattendo la porta. La sua creatura – un gioiello di cultura dell’auto e del design nato nel ’68 – è ora di Volkswagen al 100%, sotto la guida di Walter de Silva. E ancora in preda ai bisticci d’alta finanza tra i vertici Winterkorn e Piëch.
Il grande vecchio di Wolfsburg, Ferdinand Piëch, è l’uomo a cui Giugiaro si era legato nel 2010, in un accordo che ha portato la maggioranza della società ai tedeschi. Un accordo da galantuomini dell’auto, in cui si dava la libertà totale allo stilista piemontese. Ma nella partita per il controllo di Volkswagen Piëch ha perso – almeno per il momento – e per Giugiaro cambiare aria era quasi un atto dovuto.
La sua uscita, però, non va letta come un addio al mondo dell’auto e del design. «In tutta la mia vita ho disegnato solo scatole, potrei dedicarmi alla pesca ma la voglia di fare non mi è ancora passata», dice.
Giugiaro, di “scatole” ne ha disegnate più di 200, alcune addirittura quando non era neanche maggiorenne e di automobili sapeva poco o niente. Nato il 7 agosto 1938 a Garessio, in provincia di Cuneo, Giorgetto respira buona aria di montagna, ma soprattutto quella dei colori e degli affreschi che il padre Mario dipinge nelle chiese e nei palazzi nobiliari della zona. A14 anni va a Torino per studiare Belle Arti, ma l’opportunità di entrare in Fiat è ghiotta e non se la fa sfuggire.
Va a lavorare con un mito, quel Dante Giacosa che ha costruito la grande Fiat del dopoguerra. Sono anni intensi di lavoro e di apprendistato, nei quali incontra Maria Teresa, la donna della sua vita. Se il matrimonio tiene e gli dà due figli – Fabrizio (1965) e Laura (’68) – l’avventura professionale al Lingotto dura poco. Il carattere del ragazzo è indipendente, creativo. Giorgetto ama sperimentare e andare oltre il convenzionale. Invia un bozzetto di auto a Nuccio Bertone, il maestro degli stilisti delle quattro ruote piemontesi insieme con Pinin Farina. La scintilla scocca subito e, in soli due mesi, il 21enne di Garessio lancia l’avveniristica Chevrolet CorvairTestudo: dopo il Salone di Ginevra, Giorgetto Giugiaro se ne va al mare a bordo del prototipo, coi fari che si sollevano e fanno l’occhiolino alla luna.
«Oggi», dice, «per realizzare un fanale le case automobilistiche usano team multidisciplinari e ci lavorano per mesi. All’epoca si faceva tutto con grande maestria, ma in fretta e con poche risorse. I tempi sono cambiati, però l’idea, la forza motrice di un progetto, rimane la stessa».
Funzionalità, voglia di stupire e di scavalcare gli ostacoli. I fari annegati e completamente piatti della Testudo non sono solo belli e futuristici, ma utili: Giorgetto pensa a illuminare le finestre della fidanzata e degli amici quando va a prenderli sotto casa. Decisamente più elegante del clacson.
Giugiaro ha scritto nel suo libro Le strade del design: «La bellezza è matematica. Per disegnare un’auto? Non si parte dalle emozioni». Dietro l’aria sorniona con cui si schermisce al sentir parlare di sé come del designer del secolo, c’è prima di tutto il lavoratore. Basti pensare ai modelli disegnati per Bertone (Ferrari 250 Gt, Aston Martin DB4, Bmw 3200 4 posti, Alfa Romeo Giulia Gt, Fiat Spider), molti dei quali sono stati creati durante il servizio di leva negli Alpini.
Dopo l’esperienza in Bertone, Giugiaro passa in Ghia, ma la personalità di Alejandro De Tomaso – a capo della ditta – è troppo ingombrante per lui. Che infatti sforna la Maserati Ghibli, la De Tomaso Mangusta e se ne va per la sua strada. Come al solito, la meno ovvia.
Ad appena 30 anni, nel 1968, crea la Italdesign Giugiaro. È l’epoca dei grandi modelli e delle concept car: soluzioni all’avanguardia che in seguito vengono introdotte nelle produzioni di serie, e che spesso risollevano le sorti di intere aziende automobilistiche. È il caso della Passat e soprattutto della Golf, utilitarie che cambiano la storia dell’auto con forme attraenti e abitacoli spaziosi. Per non parlare delle creazioni per la Fiat, nei primi anni Ottanta, quando escono le fortunatissime serie della Panda e della Uno, con cui il Lingotto intende bissare i successi di Topolino e 500.
Con la nascita della divisione Giugiaro Design e poi di Giugiaro Architettura, Giorgetto amplia gli orizzonti: dalla sua penna Staedtler nascono macchine fotografiche Nikon, treni dell’alta velocità, allestimenti di navi, yacht e stazioni spaziali.
E adesso? In tanti sono pronti a scommettere che Giorgetto non se ne starà in panchina. Meglio, in sella, a seminare i ragazzi della Forestale, rigorosamente fuori strada.