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 2015  ottobre 10 Sabato calendario

SONO SPARITI GLI 0-0 MA FORSE NON È UN BENE


Se vi mancano gli argomenti di conversazione in ascensore e siete stufi di parlare di stagioni, ve ne suggeriamo uno originale: «Non ci sono più gli 0-0 di una volta». È così, spariti come i bei nebbioni di un tempo che cancellavano di colpo le periferie di Milano e facevano rimbombare i passi sui marciapiedi. Nebbioni complici delle coppiette che s’imboscavano in auto, così fitti che ci potevi piantare un chiodo. Si vedeva zero. Oggi è scomparso tutto: la nebbia e gli 0-0.
Su settanta partite disputate in queste prime sette giornate, una sola è terminata senza gol: Carpi-Napoli alla quinta. Nel campionato 2014-15 si erano registrati due 0-0 già alla prima giornata (Torino-Inter, Atalanta-Verona) e alla fine del torneo sarebbero diventati 30. È il caso di interpretare il fenomeno come un segno di progresso e di benessere, come il boom economico dopo le strettezze del dopoguerra? Fosse ancora vivo Annibale Frossi, la piccola ala destra occhialuta, eroe dell’oro olimpico a Berlino ’36, risponderebbe con un no categorico. Frossi, il dottor Sottile, teorizzava lo 0-0 come risultato perfetto, perché deposito di una partita equilibrata e senza errori. Allontanarsi dallo 0-0, per lui, voleva dire allontanarsi dalla perfezione e quindi ci vedrebbe vivere tempi imperfetti. Frossi portava sul naso due lenti tonde che, di fatto, erano uno 0-0. Dovessimo invece chiedere alla Fifa, che ha impostato tutte le sue riforme per favorire il gioco offensivo e i gol, risponderebbe che sì: la diminuzione degli 0-0 è senza dubbio un segno di civiltà.
Chi ha ragione? Come sempre la verità sta nel mezzo. Cioè, è esagerato e un filo masochistico ridurre la bellezza del calcio alla perfezione di uno 0-0. Un po’ come ridurre il fascino del cinema alla Corazzata Potemkin e all’avanguardia russa.
Dall’altra parte però non può bastare la quantità dei gol a definire la bellezza di una partita, così come non possono bastare le risate a qualificare un film, altrimenti i cine-panettoni saccheggerebbero i premi Oscar.
È vero che la scomparsa degli 0-0, almeno in parte, è una conseguenza virtuosa del nuovo atteggiamento degli allenatori che sono aperti a un calcio più propositivo, sull’esempio dei modelli europei che fanno scuola. Anche senza allenare il Barcellona, si può educare un tridente offensivo come fa abilmente da anni Di Francesco al Sassuolo. Ma è anche vero che le reti si riempiono per colpe e non solo per virtù. Abbiamo disperso il know-how difensivo che ci caratterizzava nel mondo. I Baresi e i Maldini non nascono più. E neppure i Nesta e i Cannavaro. Ricordate la paperissima del torinista Padelli nel campionato scorso? E l’autogol fantozziano del doriano Moisander nel torneo in corso? Gli 0-0 sono spariti anche per questo.
Un bene? Un male? Discussione aperta. Una sola sensazione nitida: che i malinconici 0-0 di una volta ci mancheranno, come la nebbia che ci regalava un’intimità perduta.