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 2015  ottobre 11 Domenica calendario

A che cosa serve un’aurora boreale? A niente. E allora perché così tante persone si affaticano (spostandosi, spendendo, restando sveglie) pur di vederne una, pur di conservare dentro di sé il ricordo di qualcosa che è unico, che esce da ogni canone o regola? È la bellezza, bellezza

A che cosa serve un’aurora boreale? A niente. E allora perché così tante persone si affaticano (spostandosi, spendendo, restando sveglie) pur di vederne una, pur di conservare dentro di sé il ricordo di qualcosa che è unico, che esce da ogni canone o regola? È la bellezza, bellezza. Non è che serva: semplicemente, è indispensabile. Fa respirare. L’arte è ossigeno, chi la produce dà fiato anche a te, digli di continuare. Uno di quelli che lo fanno si chiama Philippe Petit. Ha scelto un modo raro per riuscirci: è diventato un funambolo. Ha percorso sul filo una distanza pari alla circonferenza della Terra. Di quei quarantamila chilometri ce ne ha regalati un paio, forse meno. Trentanovemilanovecentonovantotto chilometri (anche il numero è lungo, come un cavo teso) di allenamento sono serviti per quei due scarsi in cui ha attraversato il vuoto tra due guglie o due torri riempiendolo di meraviglia. Noi abbiamo visto quello 0,005 per cento, lui conosce tutto il resto. Predica la gioia alla luce del sole, coltiva la sofferenza al riparo dagli sguardi. Petit è un uomo strano, un cartone animato di quelli disneyani, prima che la Pixar li tormentasse con la psicologia. Crede nell’impossibile con più fiducia che fede. È pre-fanciullesco e post-anziano. Se gli chiedi che cosa fa veramente ti risponde: collego cose. Vede tratti, corridoi, opportunità che agli altri sfuggono, ma mica per questo non esistono. È un esibizionista provato dai fatti e dalla vita. Riesce a trovare l’universo in un nodo, a rispettare una corda, cambiare significato alla parola illegalità. Ora che il tempo si frappone alle sue passeggiate sul nulla, scrive, parla, vive, con la stessa improbabile arte. A tratti, senza preavviso, splende, indispensabile come un’aurora boreale. Gabriele Romagnoli, la Repubblica 11/10/2015