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 2015  ottobre 12 Lunedì calendario

I COMPAGNI “FELCE E MIRTILLO” CHE SERVONO AI PROTEZIONISTI

Il socialismo, basato sulla cooperazione e l’altruismo, credo sia un modello superiore al capitalismo, basato sull’avidità e la competizione (davvero valori non entusiasmanti). Peccato che la storia ha dimostrato che il socialismo non funziona, a causa di mancati incentivi che hanno paralizzato, invece che stimolare, la crescita delle forze produttive prevista da Karl Marx. E inoltre genera l’esplosione di una feroce competizione “egoistica” a livello politico, non esplicitabile in modo istituzionale, che ha a sua volta poi prodotto dittature spesso sanguinarie. Non che capitalismo e democrazia siano sempre andati d’accordo, ma il fatto di esser nati insieme ha giovato molto anche alla seconda.
Ora, gli anticapitalisti, proprio perché mantengono a livello morale un modello secondo me superiore a quello capitalistico, fanno fatica a riconciliarsi con la storia. L’ultima trasformazione del dogma marxiano dell’inevitabile crollo del capitalismo sembra essere quello ambientale. La campionessa mondiale della tesi catastrofistica ambientale, con il sol dell’avvenir sullo sfondo, è Naomi Klein, anche se recentemente stroncata dalla sinistra “pensante”, ben rappresentata dalla New York Review of Books, dove scrivono molti premi Nobel.
Ma di questa linea di pensiero vi sono certo altri campioni internazionali, come Vandana Shiva, che sostiene per rimediare alla fame nel mondo un massiccio ritorno all’agricoltura tradizionale, che, con la sua bassa produttività, è in realtà una solida garanzia del ritorno alla fame, più che dimezzata negli ultimi vent’anni proprio grazie all’abbandono dell’agricoltura tradizionale. Ma quest’ultima è tanto più verde e romantica di quella industriale (chi scrive ha lavorato 13 anni in Paesi “tanto verdi e romantici…”).
Questa visione mistico-magica del mondo è ben rappresentata in Italia, dagli oppositori ideologici alla motorizzazione privata, che sembrano ignorare il modesto contributo di questa al riscaldamento globale (dell’ordine del 15% secondo l’Ipcc, massima autorità sul tema). Ma certamente l’automobile privata è carica di valori simbolici capitalistici, sia sul versante della produzione (privata, mentre i treni sono statali), che dei consumi (di massa, che corrompono i lavoratori), che dei modelli di vita (più individualistici). Tutte cose vere.
Un secondo bersaglio ideologico è agricolo. I nostri verdi più combattivi si battono con successo contro gli Ogm e i patrioti delle produzioni nazionali contro i perfidi stranieri, mentre i fautori del chilometro zero poi non disdegnano di esportare i loro prodotti tanto ecologici nei quattro angoli del mondo, anche via la pubblicità ottenuta con Expo. Per coerenza, dovrebbero rifiutarsi. Circa la solidità delle opinioni scientifiche dei nemici degli Ogm si veda il dibattito su Repubblica tra Carlo Petrini (sostenuto nei fatti dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina) e la scienziata senatrice a vita Elena Cattaneo. Per la superiorità alimentare dei prodotti cosiddetti ecologici si veda invece una accurata ricerca di Altroconsumo, mentre infine per la superiorità dei prodotti agricoli e caseari italiani rispetto a quelli, per esempio, di Germania, Olanda o Danimarca basta e avanza il buon senso, e la gloriosa storia delle nostre innumerevoli frodi alimentari.
Guardando questo scenario agricolo con il cinico occhio dell’economista, sembra di scorgere un elemento comune, che certo sfugge a molti ambientalisti anticapitalisti in buona fede, ma non ai più solidi interessi che li affiancano e spesso se ne servono. Questi interessi hanno un nome: protezionismo, e due dure battaglie da combattere. La prima è quella contro le importazioni, da qualsiasi parte provengano, anche se, e soprattutto, andassero a ridurre i prezzi per i prodotti nazionali (una sciagura per i consumatori italiani meno ricchi), e aumentassero le importazioni alimentari dai paesi meno sviluppati (una sciagura per quei poveri contadini sfruttati, ci viene sempre spiegato). Ma soprattutto una sciagura per il portafoglio dei (pochi) produttori nazionali.
Della seconda battaglia non è invece politically correct anche solo accennarne: i sussidi europei diretti (circa 6 miliardi all’anno), e quelli italiani indiretti (carburanti ecc..). Tutto per difendere l’ambiente, dimenticando che l’agricoltura è una delle attività più inquinanti, soprattutto per le acque, che anche queste devono essere sussidiate e depurate a spese della collettività.
Come avviene nei trasporti, si mandano avanti quelli che guadagnano davvero poco (come adesso all’Expo i piccoli agricoltori), per difendere interessi ben più solidi. L’importante è commuovere gli animi. E “a lor nulla per l’oro sconviene” (stando con Verdi, ma non è un gioco di parole): contro l’apertura dei mercati dei prodotti agricoli si è sentito parlare persino della necessità di “autonomia alimentare nazionale” (e perché allora non anche energetica? E anche per la cultura? E per la lingua italiana? Usiamo “ordinatore” come fanno i francesi, basta l’anglofilo Pc!). E alla fine usciamo anche dall’euro, e ci chiudiamo felici nella “fortezza Italia”, respingendo gli emigranti che ci minacciano, come ci minaccia il mondo intero. Sconfiggendo i perfidi giudo-pluto-massoni che complottano a livello mondiale contro di noi. Non vi ricorda niente?
Marco Ponti, il Fatto Quotidiano 12/10/2015