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 2015  ottobre 10 Sabato calendario

CRONACHE DAL 2115


Terremoti e tsunami come in 2012. Città sommerse come in The day after tomorrow – L’alba del giorno dopo. Un mondo talmente imbarbarito e inquinato da spingere chi può su un altro pianeta, come in Elysium, oppure una Terra ormai abitata solo da un robottino (Wall-E) o solo da Will Smith (Io sono leggenda). Con tutti questi scenari apocalittici, degni delle bibliche cavallette (imprescindibile citare Blade Runner. «Io ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi...»), Hollywood ha le sue responsabilità se dipingiamo sempre di nero il futuro dellaTerra.
Ma anche gli scienziati, con l’intento lodevole di metterci in guardia dai nostri eccessi, a volte non sono da meno. Il grande astrofisico Stephen Hawking ha ipotizzato che tra un secolo potremmo essere costretti a traslocare su un altro pianeta, e di recente ha ricevuto il Pulitzer il libro dell’ecogiornalista Elizabeth Kolbert, La sesta estinzione – Una storia innaturale. Per non parlare della Bbc, che prevede l’inizio di una nuova era glaciale (ma insieme alla fine delle tasse negli Stati Uniti, quindi non c’è da preoccuparsi). E poiché a fine dicembre si terrà a Parigi una fondamentale Conferenza sul Clima, e lì comincerà a nascere la Terra del 2115, abbiamo allora chiesto a sei esperti di immaginare come si vivrà tra 100 anni. Ogni discussione ha avuto un convitato di pietra: il riscaldamento globale. C’è motivo di speranza? Chi può salvare il pianeta?

Largo ai centenari
Partiamo dalla popolazione del futuro. È possibile prevederne alcune caratteristiche? «Certe tendenze sono abbastanza delineate», risponde Alessandro Rosina, docente di Demografia all’Università Cattolica e autore di Demografia (Egea 2014): «Tra 100 anni avremo smesso di crescere. Sarà del tutto normale arrivare a compiere il centesimo compleanno e ci si arriverà in buona salute. Gli anziani saranno molti più dei giovani, ma ci si ritirerà dalla vita attiva molto più tardi di oggi. Si vivrà soprattutto in megalopoli ipertecnologiche e ci si sposterà assai facilmente tra l’una e l’altra». La tecnologia: proprio da lì potrebbero arrivare le soluzioni, soprattutto se nel campo dell’edilizia, dei rifiuti o dei trasporti si sposerà con l’ecologia, come ha osservato qualche anno fa un rapporto di Legambiente: 2108, la Terra che verrà.
Oggi intanto siamo in piena crisi migratoria. Nei Paesi Ocse la popolazione straniera è aumentata del 40% rispetto al 2000. «I flussi continueranno a essere consistenti, ma molte migrazioni avverranno all’interno dei Paesi in via di sviluppo», riflette Rosina. «La società sarà molto più multietnica di oggi. L’Africa è destinata a raddoppiare la popolazione, mentre l’Europa a dimezzarsi continuando a invecchiare, e per questo sarà importante pensare a un cambiamento culturale a favore della lunga vita attiva nel mondo del lavoro e nella società».

Oltre il petrolio
Affrontiamo dunque il convitato di pietra. Il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana e volto noto di RaiTre, avverte che le prime dinamiche dei cambiamenti globali potrebbero presto sfuggirci di mano: «Prendiamo la temperatura. La Terra del 2100 rischia di essere anche 5 gradi più calda rispetto a oggi. Una catastrofe, non c’è dubbio. C’è chi avrà più siccità (la California ne ha un assaggio già ora), chi più alluvioni (tra cui l’Italia), chi più ondate di calore (praticamente ovunque)». Enrico Alleva, etologo dell’Istituto superiore di sanità e professore della Sapienza di Roma, esordisce in stile Armageddon: «Secondo il noto evoluzionista Niles Eldredge, ogni 20 minuti scompare una specie animale, vegetale o un microrganismo». Ci sono però anche buone ragioni per non farsi prendere dalla disperazione. La più importante la spiega così il chimico Vincenzo Balzani, docente dell’Università di Bologna ed esperto di questioni energetiche: «È fuori dubbio che nei prossimi decenni i combustibili fossili, in via di progressivo esaurimento, forniranno quantità sempre minori di energia. Nell’Ue si stima che nel 2050 l’80% dell’energia sarà ottenuta da risorse rinnovabili, con le quali praticamente tutto il mondo funzionerà fra 100 anni». Niente più guerre per l’energia, dunque. O no? «Le rinnovabili, a differenza dei combustibili fossili, sono abbondanti e ben distribuite nel globo. Tuttavia, il maggior contributo verrà dal fotovoltaico e dal solare a concentrazione, e dunque le rinnovabili sono utili all’uomo solo se vengono convertite nelle cosiddette energie di uso finale: per cui serve la costruzione di congegni e apparecchiature (pannelli, pale eoliche, inverter, fili, catalizzatori...) a partire da minerali che invece non sono equamente distribuiti nel pianeta e mediante un’industria manifatturiera che difficilmente riuscirà a installarsi nei Paesi più poveri. Quindi le nazioni più forti potranno ricorrere alla guerra per accaparrarsi quelle risorse».

Sommersi o salvati
Andrea Segrè, presidente del Comitato tecnico-scientifico del Piano nazionale per la prevenzione dei rifiuti del ministero dell’Ambiente e promotore della Carta per le amministrazioni a spreco zero, ammonisce: «Se non spezziamo la linearità fra la produzione di beni spesso inutili e consumi altrettanto inutili, fra 100 anni saremo sommersi dai rifiuti. Dobbiamo promuovere un’economia circolare, dove i rifiuti diventano risorse e progressivamente si azzerano, così come gli sprechi». Gli esperti concordano comunque su un punto: negli ultimi anni è aumentata la sensibilità sul cambiamento climatico e le sue conseguenze. Sostiene Balzani: «L’umanità incomincia a capire la gravità della situazione in cui si trova il mondo, importanti istituzioni come Ue e Onu stanno prendendo decisioni sagge».
«I leader mondiali hanno un grosso problema», osserva l’ecologo marino Giuseppe Notarbartolo di Sciara, professore all’Università di Milano: «Nessuno di loro ha un orizzonte che arrivi al 2115. Anche i più responsabili devono rendere conto agli elettori dopo 4-5 anni, non ai nostri pronipoti, e non sono capaci di prendere decisioni che oggi possono avere alti costi politici ed economici».
«Secondo l’Intergovenmental Panel on Climate Change, tra 100 anni il livello dei mari potrebbe alzarsi tra 1 e 7 metri», avverte Notarbartolo di Sciara. «Tutto dipenderà soprattutto dal riscaldamento globale e dalla quantità di ghiaccio che si scioglierà. L’innalzamento di un metro significherà che sarà andata bene, mentre 7 metri vorrà dire che Roma e New York saranno sott’acqua».

L’estinzione può attendere
«Nel 2115 continueremo ad avere grandi specie come tigri e leoni, e va detto che già oggi il monitoraggio delle emergenze ecosistemiche e sanitarie è migliorato molto, soprattutto grazie all’Onu», nota Alleva, che ha «fiducia che la comunità scientifica saprà comunicare sempre meglio, saprà alfabetizzarci su fenomeni che sono etici ed estetici insieme, come la stessa salvaguardia degli animali. Proprio al cittadino comune è rivolto il programma di finanziamenti europei Horizon 2020».
Già, il cittadino comune. La storia del 2115 la scriveranno i leader del pianeta, ma insieme a “noi”. Qualche consiglio concreto arriva da Segrè: «Dovremmo essere tutti un po’ più vegetariani. O comunque ricordarci che una dieta tipo quella mediterranea ha un minore impatto dal punto di vista ambientale. Se è vero che oggi nel mondo si perde o spreca un terzo della produzione agroalimentare, che senso ha aumentarla del 60%, come stima la Fao? Sarebbe come dire che il 20% di questo incremento va sprecato, producendo ulteriori rifiuti. Noi consumatori “critici” dobbiamo fare massa con la nostra domanda di prodotti e beni più sostenibili».
Conclude Luca Mercalli: «La temperatura salirà comunque almeno di un paio di gradi da qui al 2100, e un certo adattamento dobbiamo prepararci ad affrontarlo. Ma possiamo fare molto per ridurre il rischio e contenere le conseguenze, l’ha detto anche Papa Francesco nell’enciclica Laudato si: «Ognuno coi propri gesti quotidiani, dalla raccolta differenziata al risparmio energetico in casa, fa sì che ogni grammo in meno di Co2 fossile nell’aria sia un passo in più per evitare i 5 gradi e rimanere nei 2. Comunque sia, al lavoro per salvare il salvabile, subito!».