Egidio Bandini, Libero 11/10/2015, 11 ottobre 2015
COSÌ L’ATTORE FERNANDEL DIVENNE DON CAMILLO
S’intitola Il vero volto di don Camillo - vita & storie di Fernandel il volume di Fulvio Fulvi (Ares, pp. 200, euro 15) che traccia una singolarissima biografia del grande attore francese, il cui nome rimase legato a doppio filo a quello del pretone creato da Giovannino Guareschi. Ai gureschiani duri e puri verrebbe già da contestare il titolo: il don Camillo di Giovannino è un omone colossale, così come appare nei disegni dello stesso Guareschi, non fosse che proprio lui, Giovannino, a un bel momento scrisse: «Gino Cervi è uguale al mio Peppone, mentre Fernandel non somiglia affatto al mio don Camillo, ma è talmente bravo che adesso, quando scrivo una storia di Mondo piccolo, mi ritrovo a far lavorare un prete che ha il volto e il sorriso di Fernandel». Accertato, così, che l’interprete di cinque film della saga guareschiana sia il vero volto di don Camillo, leggiamo la prefazione di Tatti Sanguineti, che scrive a braccio del don Camillo di celluloide, attribuendogli la scalcagnata bicicletta che, invece, era in dotazione proprio a Guareschi negli anni della Bohéme parmigiana. Scrive Sanguineti: «Trapiantato in Italia nella guerra fredda della Bassa infuocata, Fernandel diverrà così popolare che avrebbe veramente rischiato di diventare Papa, dato che il suo personaggio di parroco prima e monsignore dopo, aveva margini di carriera illimitati e inarrestabili. Nessuno sapeva che lui parlava direttamente col Grande Capo». Crediamo che Guareschi mai avrebbe immaginato che il suo pretone potesse diventare Papa, dal momento che, quando lo racconta sollevare e fracassare il tavolone in Curia, è lo stesso Presule a dirgli: «Povero don Camillo, decisamente tu non diventerai mai Vescovo…». Considerazioni di carriera ecclesiastica a parte, il libro descrive la vicenda umana e professionale di Fernandel con una profondità lieve, che si fa leggere d’un fiato, mescolando abilmente biografia e aneddoti, raccontando un Fernandel innamorato di Guareschi e del personaggio che Giovannino gli aveva cucito addosso. Cinque film e un pezzo (poiché il sesto Don Camillo et les contestataires non venne terminato), sempre con lo stesso attaccamento e la stessa passione per il prete di Mondo piccolo? A leggere Fulvi parrebbe di sì, ma due anni prima di iniziare a girare proprio il sesto e incompiuto film, il 4 giugno del 1968, Fernandel rilasciava alla Domenica del Corriere un’intervista a proposito della nuova serie tv «Hallo Fernandel!» che si apprestava a girare, per la regia di Camillo Mastrocinque. Dice l’attore: «Devo molto all’Italia e ai libri di Guareschi; se adesso però mi offrissero di interpretare un altro film di quel filone non accetterei perché ho sempre rifiutato di correre il rischio di vedermi identificare con un personaggio». Sapeva benissimo, il francese, che ormai con il personaggio di don Camillo non si era solo identificato: era diventato don Camillo e sarebbe stato così, come lo è ancora, ai giorni nostri. Forse per questo si arrese alla richiesta di girare il sesto film, durante il quale, racconta Fulvi con commozione, deve lasciare il set causa la malattia che lo ucciderà nel febbraio dell’anno successivo. Ma fortunatamente, come è accaduto per i personaggi di Guareschi, anche Fernandel è ben vivo, nel cuore e nella memoria di milioni di persone. Lo dice bene nel proprio intervento Paolo Cevoli: «Ho una grande passione per Guareschi. Leggendo e rileggendo i suoi libri, mi vengono sempre in mente i visi di Fernandel e Cervi che hanno interpretato al cinema i suoi personaggi. Sono volti buoni e veri. / sono due personaggi eterni e non solo specchio dei tempi. Rimangono veri oggi come ieri».