Maria Teresa Totaro, il Fatto Quotidiano 11/10/2015, 11 ottobre 2015
DAL TABLET CON I LEGO AL SOFTWARE DA BERE: È BARI, NON LA SILICON VALLEY
Questo tablet l’abbiamo fatto noi. Abbiamo comprato i singoli componenti, (schermo touch, scheda video…) li abbiamo assemblate ed eccolo qui. Perfettamente funzionante, con sistema operativo Linux. E siccome non sapevamo come fare, per le parti esterne abbiamo usato i Lego, in attesa di stampare in 3d il case”. A parlare è Francesco Schino, uno dei ragazzi di SOS – Scuola Open Source, da mesi impegnati nel progetto che probabilmente cambierà la loro vita.
La Scuola Open Source è un centro di ricerca, di didattica artistica e tecnologica, di innovazione sociale e di condivisione. Un contenitore, risultato del laboratorio di ricerca e coprogettazione XYLAB (nato nell’ambito dell’iniziativa Laboratori dal Basso promossa dalla Regione Puglia), in cui si insegna e si crea. Nata a Bari dalle menti creative di un gruppo di 27 tra hacker, ingegneri elettronici, maker, video maker, artigiani, studenti, designer e non solo, la scuola è già attiva con eventi e laboratori, ma diventerà operativa a tutti gli effetti entro il prossimo anno. Il progetto è in corsa per “cheFare”, un premio nazionale che sosterrà le tre migliori idee culturali e di innovazione tecnologica con 50 mila euro a testa.
SOS sorgerà nel capoluogo pugliese, come racconta uno degli ideatori del progetto, il designer Alessandro Tartaglia: “Non mi interessa farla a Milano o in America, io voglio che sia qui, nella mia città. Perché troppe volte mi è capitato di conoscere persone che avevano grandi idee e non sapevano come realizzarle, oppure aziende cui serviva risolvere problemi e non sapevano a chi rivolgersi. La scuola è un luogo di scambio, di co-living, un contesto virtuoso di insegnamento e scambio di idee”.
Il percorso è arduo ma non impossibile: mostrare anche ai più scettici che la tecnologia non è incomprensibile, anzi spesso ci semplifica la vita. “Tutti possono frequentare la Scuola Open Source, dai bambini ai pensionati, dagli studenti ai grandi manager – Spiega Alessandro Balena, che si è costruito un computer in una valigetta –. L’idea è quella di utilizzare Arduino (o componenti equivalenti), la scheda open source inventata a Ivrea da Massimo Banzi, per applicarla a infiniti campi. Insieme a Nicolò Loprieno ho creato Drinkino, una macchina che dosa perfettamente la quantità di alcool e ghiaccio e crea il cocktail perfetto. Oppure esiste una tecnologia che ti consente di visualizzare una mappa in tempo reale di tutti i contenuti pubblici con le parole chiave che a te interessano, provenienti da profili Facebook, Instagram e Twitter”.
I ragazzi di SOS hanno in testa modelli di riferimento prestigiosi, come la scuola Bauhaus, la fabbrica di Adriano Olivetti e la comunità di Roycroft. L’obiettivo è creare innovazione sociale, non nella Silincon Valley, ma a Bari. Una sfida, ma non un’utopia, se si pensa che il tablet fatto in casa è costato poco più di 350 euro e che tutti possono imparare a costruirlo. “Ci piacerebbe creare un modello di sviluppo diverso, sostenibile che segua la filosofia dell’open source – racconta Tartaglia –. Tutto ciò che è libero, svincolato da licenze e brevetti, non solo è a disposizione di tutti, ma si presta a essere modificato e migliorato”.
Maria Teresa Totaro, il Fatto Quotidiano 11/10/2015