Gloria Satta, Il Messaggero 11/10/2015, 11 ottobre 2015
«IO, L’UOMO CHE SUSSURRA AI LEONI»
Lo chiamano ”l’uomo che sussurra ai leoni”. Kevin Richardson, 41 anni, sudafricano, è uno degli zoologhi più famoso del mondo, specializzato nei grandi felini che cura e protegge nella riserva naturale Kingdom Wildlife Sanctuary, vicino a Johannesburg. Per il bene dei suoi ”big cats”, Kevin è disposto a tutto: anche ad operare ai denti un animale sofferente, come l’esemplare bianco Aslan al quale ha di recente sostituito i canini grazie a una sofisticata operazione. Autore di documentari, star globetrotter contesa dai convegni e dalle tv di tutti i Paesi, lo zoologo oggi sarà l’ospite d’onore di Il mondo insieme, il programma di Licia Colò che torna su Tv2000 (vedi box).
E mentre il mondo è ancora scosso per la morte di Cecil, il leone simbolo dello Zimbabwe ucciso nel luglio scorso da uno scellerato dentista americano, Richardson racconta al Messaggero il suo lavoro e la sua passione.
Si aspettava che quello sciagurato episodio sollevasse l’indignazione globale?
«L’uccisione di Cecil ha avuto il merito di portare alla luce una situazione gravissima. Moltissimi leoni vengono uccisi ogni settimana come lui da cacciatori di trofei che arrivano a sborsare fino a 50mila dollari per una preda».
Sono dunque gli umani senza scrupoli il rischio maggiore per i grandi felini selvaggi?
«L’insidia peggiore, per i leoni, è la perdita del loro habitat naturale. Soprattutto nell’Africa dell’Est la caccia è diffusissima e sta decimando la specie. Quando ho cominciato a lavorare nei parchi i leoni erano 200mila, oggi si sono ridotti a 15-30mila. Poi ci sono le epidemie: negli anni ’90 il cimurro ha sterminato gli esemplari che vivevano nel Serengeti. Altre minacce sono il bracconaggio e il traffico di ossa di leoni, usati nella medicina cinese come droga euforizzante: proprio come la cocaina in Occidente!».
Quando ha deciso di diventare il paladino dei leoni?
«Ho sempre manifestato grande predisposizione per gli animali. Da piccolo ero conosciuto come ”The Bird Man”, l’uomo degli uccelli perché mi prendevo cura di volatili in difficoltà ma anche di criceti e rane. Volevo fare il veterinario, ma non sono riuscito a entrare all’università così ho studiato fisioterapia. A 23 anni mi venne offerto un lavoro al Lion Park, che accettai senza esitare».
E’ dunque uno zoologo autodidatta?
«Sì, ho imparato tutto sul campo studiando il carattere e il modo di comunicare di ciascun leone. All’inizio avevo paura, come tutti. Appena entrato nel Parco un grosso felino mi saltò sul finestrino dell’auto, avevo il cuore in gola! Oggi il segreto del mio rapporto con i ”big cats” è il rispetto: molti pensano che siano dei giocattoli, invece hanno personalità ed emozioni come noi».
Ha mai avuto incidenti?
«Una sola volta, quando un leone selvatico è stato aggressivo con me perché avevo interpretato male i suoi segnali. Ma ero alle prime armi. Da allora è tutto filato liscio, salvo i graffi che mi procuro ogni giorno giocando con quei gattoni da 200 chili».
Che scopo ha il Kingdom Wildlife Sanctuary?
«Intende creare un’oasi autosufficiente per preservare le specie in pericolo, come i grandi carnivori africani, e a far crescere la consapevolezza. Il Sanctuary si propone di azzerare il numero dei leoni tenuti in cattività e di portare alla luce gli orrori, come la canned hunting (caccia in scatola, ndr)».
In che consiste?
«Si allevano cuccioli in cattività per venderli poi come prede a cacciatori senza scrupoli».
Quanti animali vivono nella riserva protetta?
«Attualmente ci sono 33 leoni, 19 iene maculate, 2 a strisce e 4 leopardi neri. Ho lo stesso rapporto di empatia con tutti, considero ognuno un individuo a sé e e ho imparato a conoscere il carattere di ciascuno di loro».
Ma le iene, che lei tiene amorevolmente in braccio, non sono animali infidi da tenere a distanza?
«Prima le iene non stavano simpatiche nemmeno a me, poi ho scoperto che sono intelligentissime. Mi hanno rubato il cuore! Studiando il loro modo di socializzare e la loro struttura sociale ho capito che sono evolutissime».
Qual è la sua missione, Kevin?
«Una parte cruciale del mio lavoro è la battaglia per far capire alla gente l’importanza delle aree protette e la necessità di contribuire al loro sostentamento. Perciò giro il mondo e uso i social. Se ciascuno dei miei 600mila followers mi desse un dollaro, avrei una bella somma da utilizzare nelle riserve».
L’Italia, secondo lei, rispetta gli animali?
«Sì, il vostro Paese non ha una cattiva reputazione di caccia. Voi italiani amate la natura».