Corriere della Sera 12/10/2015, 12 ottobre 2015
COSA FARE SE IL MONDO NON FINISCE
Alcuni — la tv sintonizzata su un canale all news — sono rimasti svegli l’intera notte, in attesa. Al sorgere del sole, stupiti ma fiduciosi, si sono detti: forse avverrà a mezzogiorno, o a mezzanotte. Infine, confusi, hanno atteso che mercoledì 7 ottobre diventasse giovedì 8 in tutti i fusi orari del pianeta. Solo allora i seguaci della eBible Fellowship, un gruppo cristiano americano, hanno capito che il loro capo aveva sbagliato. Il mondo, cocciuto, era ancora lì. A quel punto Chris McCann, fondatore e guida della congregazione, aveva davanti a sé un compito complicato: spiegare perché, contrariamente a quanto previsto, la Terra non era stata annichilita dall’Apocalisse.
McCann si è sistemato gli occhiali, s’è seduto davanti alla tastiera e ha scritto quello che, fino al giorno prima, gli sarebbe sembrato inconcepibile: «Dato che è giovedì, è ovvio che ci siamo sbagliati». Ha abbozzato scuse («avevamo parlato di una forte probabilità che avvenisse») e spiegazioni («è la volontà di Dio, ed è perfetta»), poi ha rilanciato: il mondo finirà comunque. Quando? «Presto».
Quella di McCann, dei suoi seguaci, delle loro convinzioni, è una storia che — per quanto paia bizzarra — non è isolata. Primo, perché l’annuncio aveva (comprensibilmente) fatto il giro del mondo. Secondo, perché la più grande e impegnativa delle previsioni affascina da secoli (e, per fortuna, da secoli beffa) un numero stupefacente di gruppi religiosi. Prendete McCann: la sua previsione — sbagliata — si basava su una previsione — sbagliata — di Harold Camping.
Ora: Harold Camping era un arzillo radiopredicatore settantatreenne quando, nel ‘94, annunciò per la prima volta che il mondo aveva le ore contate. La data era il 6 settembre. Errore. Ci riprovò il 21 maggio 2011. Niente da fare. Il destino gli permise di sbagliare una terza volta, il 21 ottobre 2011. Fu solo a quel punto che Camping decise di smettere, con una lettera di scuse. Ma prima di lui ci avevano provato, tra gli altri: Pyotr Kuznetsov, che convinse 35 membri della Vera Chiesa Ortodossa di Russia ad attendere la fine del mondo in una cava, nel 2008 (si salvarono per miracolo); David Koresh, che diede fuoco al ranch dove si era asserragliato con 100 membri della sua setta a Waco, Texas, nel ‘93; l’ex ingegnere della Nasa Edgar Whisenant (4,5 milioni di copie vendute del suo libro, «88 ragioni per cui la fine del mondo potrebbe essere nel 1988», picco della sua carriera di autore), i millenaristi.
Le domande, per chi non crede, sono sempre le stesse: perché? E che accade, dopo? Il giornalista Tom Bartlett, nel 2012, aveva provato a rispondere. Era entrato in contatto con alcuni seguaci di Camping, e li aveva intervistati prima e dopo la data della (presunta) Apocalisse. Il suo resoconto è un viaggio nell’universo delle nostre menti: affascinate dalla possibilità di scoprire, in un testo millenario, indizi che indicano una data futura in grado di far quadrare tutto. «Basandoci su tutto quello che sappiamo, e guardando le prove — beh, queste non sono cose che capitano », aveva detto a Bartlett un membro della setta di Camping. Un’illuminazione.
Molti seguaci — musicisti, ingegneri, banchieri — avevano lasciato il lavoro, speso i loro risparmi in cartelloni pubblicitari per avvisare il mondo della catastrofe imminente, litigato con amici e familiari. Dopo il secondo errore di Camping è successa quella che il sociologo Lorne Dawson definisce una razionalizzazione estrema: «Dio ci sta mettendo alla prova». Dopo il terzo errore, Bartlett parlò con alcuni fedeli. Un musicista che aveva messo in pausa la sua vita per quattro anni spiegò di aver «perso molta parte della mia fede»: non tutta. «Io e mia moglie scherziamo pensando a quanto saremo presi in giro dai nostri figli», disse un uomo, padre di tre bambini. A farlo, prima dei figli, ci pensa anche Steve Colbert, il comico del Late show . «Le mie condoglianze più sentite», ha detto rivolto ai seguaci di McCann. «Mi spiace, il mondo è ancora qui».
Davide Casati