Notizie tratte da: Caritas, Cibo di guerra, il Mulino, Bologna, pagg. 210, € 15,30, 11 ottobre 2015
LIBRO IN GOCCE NUMERO 59
(Cibo di guerra)
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USA E RUSSIA ESPORTANO IL 58% DI ARMI –
Jihadisti. Secondo alcune stime le vittime di attacchi terroristici jihadisti sono quintuplicate negli ultimi quindici anni. La gran parte degli attacchi ha avuto luogo in questi cinque Paesi: Iraq, Siria, Afghanistan, Pakistan e Nigeria.
Morti. Morti in battaglia nel 2003: 21mila. Nel 2012: 38mila.
Armi/1. Stati Uniti e Russia contano insieme per il 58% delle esportazioni globali di armi. Al terzo posto la Cina.
Armi/2. Tra i Paesi che hanno aumentato considerevolmente le proprie importazioni di armi, India (+140%) e Arabia Saudita (+300 per cento). Tra gli europei, la Polonia ha acquistato armi tedesche, statunitensi e sudcoreane a scopo precauzionale nei confronti della Russia. E nella regione africana, Nigeria e Camerun, per contrastare Boko Haram.
Italia. L’Italia è il primo esportatore mondiale di due categorie di armi: le armi non militari e le armi comuni, ossia quelle destinate alla difesa personale, all’uso sportivo e venatorio, ai corpi di polizia o di sicurezza privata (dati dell’annuario Comtrade 2014).
Produzione. La produzione di armi italiane è concentrata principalmente a Brescia e a Pesaro-Urbino.
Carestie. Nel XX secolo, le carestie hanno ucciso almeno 70 milioni di persone. La più famosa, quella del Biafra, nel 1967, quando la Nigeria impose un blocco alimentare alla regione indipendentista provocando un milione di morti in quattro anni.
Calorie. L’organismo umano ha bisogno mediamente di assimilare 2.100 kilocalorie al giorno, in forma di carboidrati (70%), grassi (17%) e proteine (13 per cento). Basta ridurre l’alimentazione di 500 kilocalorie al giorno, circa un quarto del fabbisogno minimo, per moltiplicare per 8 il tasso di mortalità di una popolazione.
Fame. «Quando si sciolse la neve, cominciò la fame vera. La gente aveva facce, gambe e ventri gonfi. Non riusciva a contenere le urine. (...) E adesso mangiavano qualsiasi cosa. Catturavano topi, ratti, passeri, formiche, lombrichi. Macinavano le ossa in una specie di farina e facevano lo stesso con il cuoio e le suole delle scarpe. Cucinavano perfino la colla». (Vasily Grossman, parlando della carestia ucraina del 1933).
Bambini. In Somalia si stima che nel 1992 sia morto di fame il 90% dei bambini sotto i 5 anni.
Siria. La campagna siriana che un funzionario ha chiamato «affamare fino alla sottomissione» spinse milioni di persone a lasciare forzatamente le aree controllate dagli oppositori di Assad, cui le Nazioni Unite non potevano consegnare aiuti umanitari, per poter ricevere cibo e farmaci nei territori tenuti dal governo.
Aiuti. Ogni anno il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite distribuisce alimenti per circa 5 milioni di tonnellate. Secondo uno studio del 2014 l’aiuto può peggiorare un conflitto quando la guerra sia durata molto a lungo e avvenga in un Paese che riceve aiuti da molti anni; la fame non è (quasi) mai la causa iniziale della crisi; l’effetto si verifica solo sui conflitti interni; un aumento del 10% dell’aiuto alimentare, statisticamente, può produrre un aumento della conflittualità dello 0,7 per cento.
Media. «Siamo in battaglia. E più della metà di questa battaglia sta avvenendo nel terreno dei media» (Ayman al-Zawahiri, ai tempi numero due di Al Qaeda, nel 2005).
Al-Awelaki. Anwar al-Awelaki, definito dal «New York Times» la «prima Youtube star» della jihad, «si rivolgeva agli occidentali con un inglese colloquiale, aveva un blog e una pagina Facebook, contribuiva a realizzare un magazine in inglese chiamato “Inspire”».
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 11/10/2015