Varie 10/10/2015, 10 ottobre 2015
APPUNTI PER GAZZETTA ANKARA - Doveva essere una manifestazione per la pace, i primi gruppi di partecipanti avevano appena cominciato a danzare e gridare i loro slogan, quando due esplosioni hanno squarciato il corteo stamattina davanti alla stazione di Ankara
APPUNTI PER GAZZETTA ANKARA - Doveva essere una manifestazione per la pace, i primi gruppi di partecipanti avevano appena cominciato a danzare e gridare i loro slogan, quando due esplosioni hanno squarciato il corteo stamattina davanti alla stazione di Ankara. Almeno 86 i morti e 186 i feriti. La marcia era stata organizzata da vari gruppi dell’opposizione, organizzazioni di sinistra e i curdi moderati dell’Hdp, il cui successo elettorale alla consultazione di giugno aveva impedito a Erdogan di conquistare la maggioranza e costretto a indire le elezioni del prossimo 1 novembre. Nel frattempo però la guerra con i curdi del Pkk era riesplosa in Turchia, anche in correlazione alla guerra in Siria. E la manifestazione era stata indetta proprio per chiedere la fine del conflitto con i curdi. I due attentatori kamikaze si sono infiltrati tra i manifestanti e si sono fatti esplodere proprio in mezzo ai militanti dei partito curdo moderato Hdp. Ankara, bomba al corteo pacifista: l’esplosione Condividi PUBBLICITÀ Poco dopo aver sentito il boato, un gruppo di persone ha attaccato un’auto delle forze dell’ordine. La polizia ha sparato in aria a più riprese ed è intervenuta con i gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Su Twitter il partito Hdp di Selahattin Demirtas ha denunciato che "la polizia ha attaccato le persone che cercavano di portare via i feriti dal luogo dell’incontro". Turchia, attentato ad Ankara: esplosioni alla stazione Navigazione per la galleria fotografica 1 di 25 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow () () Fonti del governo turco hanno confermato che si tratta di un attacco terroristico. "Condanno questo attentato contro la nostra unità e la pace nel nostro paese", ha detto il presidente Recep Tayyip Erdogan. Il premier, Ahmet Davutoglu, ha convocato una riunione d’urgenza con i vertici della sicurezza. Alcune persone hanno contestato i ministri turchi di Salute e Interno quando si sono recati sul luogo dell’attentato anche con lanci di bottiglie, e i due si sono subito allontanati in auto. Turchia: esplosione scuote un corteo pacifista ad Ankara Condividi Migliaia di persone erano accorse alla manifestazione, organizzata dai sindacati di sinistra Disk e Kesk, dal partito moderato curdo, dalle opposizioni e dagli ordini degli ingegneri e dei medici. Il leder del filo-curdo Partito democratico del Popolo (Hdp), Selattin Demirtas, ha denunciato che le bombe hanno preso di mira specificamente i suoi attivisti tra le centinaia di manifestanti presenti. "Molti dei feriti sono in condizioni gravi e quindi c’è il timore che il numero dei morti possa aumentare", ha detto Demirtas. Poco dopo le esplosioni, il corteo è stato annullato e gli organizzatori hanno chiesto ai partecipanti e a quelli che stavano arrivando da altre città di tornare a casa nel timore di nuovi attentati. "Stiamo assistendo a un enorme massacro. È una continuazione di quelli di Diyarbakir e Suruc", ha denunciato Demirtas, riferendosi all’attentato a un suo comizio a Diyarbakir alla vigilia del voto di giugno, in cui morirono 2 persone, e a quello del 20 luglio a Suruc, con 33 attivisti diretti a Kobane uccisi da un kamikaze dell’Is. E’ la seconda volta in meno di tre mesi che attivisti filo-curdi finiscono nel mirino degli attentatori. Proprio l’attacco Suruc aveva spinto pochi giorni dopo il presidente Recep Tayyip Erdogan a una svolta nella politica turca, avviando un’offensiva antiterroristica contro gli jihadisti dell’Isis ma anche contro il Pkk, rompendo così di fatto una tregua che durava da oltre 10 anni con i miliziani curdi. In questi mesi, Ankara ha inviato ripetutamente i caccia a bombardare basi dei guerriglieri curdi nel sud-est del Paese ma anche nel vicino Iraq, roccaforte del Pkk, che ha risposto con attentati e aggressioni contro le forze di sicurezza. La campagna militare di Erdogan è stata subito denunciata dagli attivisti filo-curdi e dal partito Hdp, inaspettato trionfatore delle recenti elezioni dove si è affermato come seconda forze del Paese, che hanno accusato il leader islamista di voler mettere fine al processo di pace. Turchia, Ansaldo: "Attentato ai pacifisti, nel mirino il partito curdo" Condividi Oggi il Pkk curdo ha ordinato ai suoi miliziani di cessare le attività contro le forze di sicurezza turche, a meno che non siano attaccati. Secondo l’agenzia di stampa, il nuovo cessate il fuoco è stato deciso dietro pressioni dall’interno e dall’esterno della Turchia per evitare atti che potrebbero impedire lo svolgimento di "elezioni giuste e corrette" il primo novembre, in cui il partito filo-curdo Hdp punta a consolidare i consensi ottenuti nel voto di giugno. STAMPA.IT Mattinata di terrore in Turchia, dove una doppia esplosione ha fatto strage tra i manifestanti radunatisi per un corteo pacifista davanti alla stazione ferroviaria di Ankara. Secondo quanto riporta il ministro della Salute Mehmet Muezzinoglu i morti sarebbero almeno 86 e i feriti 186 (di cui 28 gravi) il bilancio quindi potrebbe aggravarsi. L’attentato, che secondo alcune fonti sarebbe stato portato a segno da un kamikaze, è avvenuto poche ore prima della manifestazione per chiedere di mettere fine al conflitto con i separatisti curdi del Pkk. Le immagini postate in rete mostrano diversi corpi senza vita e persone ferite su Hipodrum Street, davanti alla stazione. Tutto fa credere a un attentato suicida: gli inquirenti parlano di due kamikaze. La manifestazione per la pace è stata poi annullata e gli organizzatori hanno chiesto ai partecipanti e a quelli che stavano arrivando da altre città di tornare a casa nel timore di ulteriori attacchi. “ATTACCO ALLA PACE E ALLA DEMOCRAZIA” Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha condannato «l’attacco terroristico» e ha aggiunto che sono in corso indagini e gli autori delle esplosioni verranno consegnati alla giustizia. «Qualunque sia l’origine» dell’attacco, ha proseguito il presidente turco, è necessario opporsi a tutti i terroristi. In un comunicato scritto diffuso dall’ufficio della presidenza di Ankara, Erdogan ha affermato inoltre che «la solidarietà e la determinazione sono la risposta più forte al terrorismo». I responsabili dell’attentato, ha proseguito, mirano a creare divisioni all’interno della società turca. Si tratta di una minaccia alla pace e all’unità della Turchia, ha concluso Erdogan. IL FANTASMA DI SURUC La Turchia ripiomba nell’incubo attentati a tre settimane dalle elezioni parlamentari del primo novembre , mentre è ancora nitido il ricordo di Suruc , la cittadina curda vicino al confine con la Siria e di fronte a Kobane, teatro della strage consumatasi il 20 luglio scorso e costata la vita a 30 ragazzi dell’associazione dei giovani socialisti turchi che si stavano organizzando con squadre e mezzi per portare viveri proprio alla cittadina di Kobane, da tempo un vero e proprio simbolo della lotta curda contro Isis. Proprio oggi il Pkk curdo ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale nel conflitto con la Turchia nel sud-est del Paese in vista delle elezioni anticipate del primo novembre IL VOTO TRA TRE SETTIMANE Ma le bombe di oggi ricordano anche le due esplosioni a Diyarbakir il 5 giugno scorso, alla fine della campagna elettorale e quando il segretario dell’Hdp, Selahattin Demirtas, doveva tenere il suo comizio finale. In quel caso la manifestazione fu annullata e il dito fu puntato con decisione contro il Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan, accusato, se non di avere addirittura organizzato l’attacco tramite l’intelligence, di non aver fatto nulla per impedirlo. E se si conta che al voto mancano ancora tre settimane, qualcuno potrebbe dire che stavolta chi ha i curdi nel mirino ha preferito giocare di anticipo. La Turchia si appresta ad andare alle urne in un clima esasperato, mentre sul direttore del quotidiano “Today’s Zaman” si abbatte un ordine di arresto per un tweet anti-Erdogan. L’accusa a suo carico: ingiuria contro il presidente. MARTA OTTAVIANI Il richiamo più immediato, anche per le dimensioni della strage, sarebbe quello dei 34 morti a Suruç, quando un kamikaze legato all’Isis si fece esplodere uccidendo volontari che volevano portare aiuti a Kobane, la città siriana divenuta il simbolo della resistenza allo Stato Islamico. Ma le due bombe scoppiate oggi ad Ankara e che hanno provocato oltre 80 morti, ricordano molto anche le due esplosioni a Diyarbakir il 5 giugno scorso, alla fine della campagna elettorale e quando il segretario dell’Hdp, Selahattin Demirtas, doveva tenere il suo comizio finale. In quel caso la manifestazione fu annullata e il dito fu puntato con decisione contro il Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan, accusato, se non di avere addirittura organizzato l’attacco tramite l’intelligence, di non aver fatto nulla per impedirlo. E se si conta che al voto del primo novembre mancano ancora tre settimane, qualcuno potrebbe dire che stavolta chi ha i curdi nel mirino ha preferito giocare di anticipo. A Diyarbakir all’inizio le autorità esclusero la matrice terroristica, dicendo che la deflagrazione era dovuta a un corto circuito, per poi essere smentiti da un ordigno ritrovato in una cabina del telefono. Le indagini per il momento non hanno avuto seguito, anche perché nel frattempo nel Paese è scoppiata una cosa a metà fra la guerra civile e quella fra bande, dove il Presidente Erdogan sembra molto più impegnato nella lotta contro il Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, organizzazione terrorista-separatista, che contro lo Stato Islamico. Quel che è certo, è che a qualcuno la minoranza nel Paese dà molto fastidio e non si accontenta più di lavorare perché rimanga fuori dal Parlamento. E che, anche per la situazione che si è venuta a creare, quanto a mandanti morali, Erdogan sarà sicuramente l’indiziato numero uno. Sia che si voglia pensare a un attacco organizzato dall’intelligence per creare una strategia della tensione prima del voto, sia che gli attentatori siano kamikaze legati a Isis. Perché, a questo punto, tornerà l’incubo di una Turchia sempre più vicina allo Stato Islamico, con cui condivide due nemici: Assad e i curdi. L’unica difficoltà sarà capire quale sia l’accusa peggiore. CORRIERE.IT Perché il conflitto tra il Pkk e la Turchia si è riacceso proprio ora? Da mesi, Erdogan è impegnato a distogliere l’attenzione dallo Stato Islamico, con il quale è accusato di avere rapporti ambigui, e ha ingaggiato una vera e propria guerra su tutti i fronti contro la minoranza curda. Quando lo scorso 20 luglio una bomba dell’Is provocò 32 morti a Suruç, la città a pochi chilometri da Kobane in Siria, il premier promise di combattere il terrorismo ma, nei fatti, se la prese con i curdi. In molte città del sud-est del Paese si sono registrati scontri tra la popolazione e le forze dell’ordine. A settembre a Cizre, sulla frontiera con la Siria, i militari hanno imposto un coprifuoco di una settimana impedendo anche ai parlamentari di avvicinarsi alla città. Stessa situazione a Yuksekova, dalla parte del confine iracheno, dove, sempre a settembre, è stata arrestata per la seconda volta Frederike Geerdink, giornalista olandese specializzata sulla questione curda che era lì per assistere agli scontri, accusata di essere legata all’organizzazione separatista. Il presidente Erdogan alimenta una strategia della tensione? Una parte del Paese accusa il presidente Recep Tayyip Erdogan di fomentare una vera e propria guerra interna per screditare il partito curdo, exploit delle scorse elezioni, e riconquistare la maggioranza assoluta al voto anticipato del prossimo primo novembre. Ma lui nega nettamente ogni accusa. Di certo la sua campagna militare contro i guerriglieri curdi del Pkk ha contribuito ad alimentare i sospetti delle opposizioni nei suoi confronti. Perché il primo novembre si tornerà al voto dopo solo 5 mesi dalle ultime elezioni? Il voto del 7 giugno 2015 ha rappresentato un terremoto politico per la Turchia perché per la prima volta il partito filo curdo, guidato dal giovane Selahattin Demirtas, è riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10% e ad entrare in Parlamento con 80 deputati togliendo così voti all’Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan che ha perso per la prima volta in tanti anni la maggioranza assoluta e si è trovato nella condizione di non poter imporre la riforma presidenziale della Costituzione. Ma Erdogan, al potere in Turchia da 13 anni, non è il tipo che si arrende facilmente. Fallito il tentativo, mai seriamente perseguito, di far formare al premier Davutoglu un governo di coalizione, il presidente ha pensato di giocare la carta di un nuovo voto, sperando di riuscire nel frattempo a fiaccare il consenso popolare dell’Hdp. Qual è la posizione della Turchia nella partita sulla Siria? Dopo che l’8 ottobre quattro missili russi destinati alla Siria sono caduti in territorio iraniano, il presidente turco Erdogan ha alzato la voce nei confronti degli alleati , forte delle violazioni del proprio spazio aereo, chiedendo una no-fly zone al confine siriano, reclamando aiuti economici miliardari all’Unione Europea per poter continuare a ospitare gli oltre due milioni di profughi siriani entro i propri confini, invitando la Nato a proteggere i suoi confini e minacciando Mosca di non comprare più il suo gas e di non cooperare più nella costruzione della prima centrale nucleare di Ankara. Ma, in verità, il suo obiettivo è impedire che si formi uno Stato a guida curda a cavallo dei confini siro-iracheni e ottenere l’allontanamento del suo arcinemico Bashar Assad. CORRIERE.IT Un sanguinoso attacco terroristico ha sconvolto la Turchia a tre settimane dalle elezioni politiche del primo novembre, ritenute decisive per il governo del presidente Erdogan. Erano circa le dieci di sabato mattina quando due kamikaze si sono fatti esplodere in mezzo alla folla radunata di fronte alla stazione di Ankara. Poco prima dell’inizio di una manifestazione organizzata per chiedere la fine delle violenze tra esercito turco e separatisti curdi del Pkk nel Sud-Est del Paese. Il bilancio - ancora provvisorio - è di 97 morti e oltre 400 feriti. «La strage più grave nella storia della Repubblica», ha detto il premier turco, Ahmet Davutoglu, annunciando tre giorni di lutto nazionale. «Nessuno ha rivendicato le esplosioni, ma Isis, Pkk e Dhkp-c (estrema sinistra, ndr) sono potenziali sospetti», ha aggiunto. Il leader filocurdo: «L’Akp ha le mani sporche di sangue» Subito dopo le esplosioni, il partito filocurdo Hdp - tra i promotori della marcia - ha denunciato che «la polizia ha attaccato le persone che cercavano di portare via i feriti». Il leader Selahattin Demirtas ha accusato l’Akp, il partito del presidente Erdogan, di avere «le mani sporche di sangue» e di «sostenere il terrorismo». Definendo il nuovo attacco come «una continuazione di quelli di Diyarbakir e Suruc». Il riferimento è all’attentato avvenuto alla fine della sua campagna elettorale il 5 giugno, in cui morirono due persone. E a quello del 20 luglio, quando un kamikaze si fece esplodere uccidendo 33 attivisti filocurdi in partenza per Kobane, la città siriana diventata simbolo della resistenza all’Isis. Il Pkk ordina il cessate il fuoco Il Pkk curdo ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale nel conflitto con la Turchia nel sud-est del Paese. Una decisione che arriva tre mesi dopo la fine della tregua che durava da due anni, annunciata dal Pkk come risposta all’offensiva anti-terroristica avviata a fine luglio da Erdogan. Erdogan: «Attacco contro l’unità del Paese» Il premier turco Ahmet Davutoglu ha convocato una riunione di emergenza. Erdogan dal canto suo ha condannato la strage, affermando che l’attacco prende di mira l’unità e la pace della Turchia. E aggiungendo che i responsabili mirano a seminare divisioni fra le diverse parti della società turca.