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 2015  ottobre 10 Sabato calendario

SPARÒ CONTRO I LADRI “PAGHI 135MILA EURO” SCOPPIA LA POLEMICA

MILANO.
Condannato in primo grado a 5 anni e 4 mesi di reclusione per il duplice tentato omicidio volontario dei due ladri che aveva sorpreso a rubare nel suo deposito di ferrivecchi. Ermes Mattielli, a Scalini di Arsiero (provincia di Vicenza) faceva il rottamaio e ora non lavora più. «Per colpa loro. Mi hanno fatto chiudere l’attività, con nove mesi di sequestro del deposito». È convinto di essere «un perseguitato dalla giustizia». Sostenendo di non aver avuto intenzione di uccidere, aveva scelto di affrontare il processo pubblico anziché il rito abbreviato.
«Questa è una mafia legalizzata, non ho altre parole», ha detto ad alcuni giornalisti subito dopo aver sentito la sentenza. «Tutelano i ladri, mica gli onesti cittadini », si è sfogato. E poi ancora: «L’avevo già detto che della giustizia mi fido poco». Quando gli è stato chiesto se oggi sparerebbe di nuovo, ha risposto «sì. In fin dei conti non sono mica io quello che va a rubare in giro».
Contro quei due aveva sparato 14 colpi di pistola ferendoli gravemente, tanto che uno è rimasto invalido. È stato condannato anche a risarcirli per le lesioni con una provvisionale immediatamente esecutiva di 135mila euro in totale.
«’Ndo vado torli, i schei» — dove vado a prenderli, i soldi — si è lamentato l’ex artigiano, che è anche invalido civile.
La sera del 13 giugno del 2006 aveva sorpreso i nomadi, che allora avevano 28 e 22 anni, a rubare nel suo deposito. Scattato l’allarme, era arrivato rapidamente con in mano una pistola calibro 9 che aveva in casa. I due ragazzi, Blu Helt (quello che è rimasto invalido, ha una gamba più corta di 3 centimetri rispetto all’altra, a causa della frattura al femore) oggi 36 anni, di Malo (Vicenza) e Cris Caris, oggi 31enne, di Piovene Rocchette, non erano armati ma, secondo quanto aveva raccontato Mattielli, avevano già ammucchiato dei cavi in rame. Sentendo dei passi, avevano spento le pile che tenevano in mano e così l’artigiano aveva visto due ombre: aveva sparato subito due colpi e poi, a 4-5 metri di distanza secondo la ricostruzione, aveva scaricato tutto il caricatore, 14 colpi “all’impazzata”.
«Ero disperato — aveva spiegato lui — perché avevo già subìto numerosi furti».
Mattielli era già stato processato tre anni fa a Schio e in aula aveva dichiarato di aver sentito i due dirgli «stai zitto». La sentenza del 4 luglio 2012, poi annullata dalla corte d’Appello di Venezia, lo condannava a un anno per lesioni colpose. La pena era stata sospesa e condizionata al pagamento di una provvisionale di 120 mila euro ai nomadi, condannati a 4 mesi per il tentativo di furto. Uno di loro era incensurato.
Una parte della cittadinanza era scesa in piazza, assieme a qualche politico leghista, per una fiaccolata di solidarietà all’artigiano e contro quella sentenza. Era stata tentata una raccolta fondi, ma si contarono solo 800 euro.
La vicenda giudiziaria, invece, aveva preso tutt’altra piega perché la corte d’Appello veneziana sosteneva che non si poteva considerare l’azione di Mattielli come legittima difesa ma si trattava di una sua reazione spropositata: i giudici avevano spiegato che Mattielli non aveva agito per difendere la propria incolumità perché non c’era pericolo che fosse aggredito. Aveva dunque violato la legge mettendo in atto una reazione spropositata rispetto all’offesa che stava subendo. Lo scriveva il giudice Cristina Bertotti nelle motivazioni. E per di più, secondo questa logica, la sparatoria di Mattielli aveva il fine di proteggere pezzi di ferro e rame, a discapito di due vite umane.
L’avvocato dell’artigiano, Maurizio Zuccollo, annuncia ricorso in Appello e poi in Cassazione, se necessario.
Matteo Salvini ha commentato la sentenza scrivendo su Facebook «Pazzesco! Come Lega faremo il possibile per aiutare questo commerciante. Come cittadino, sono schifato da questa “giustizia”. Io sto con Ermes».
Simone Bianchin, la Repubblica 10/10/2015