Diego Gabutti, ItaliaOggi 10/10/2015, 10 ottobre 2015
FIN DA BAMBINO IL CAVALIERE ERA UN DEMOCRATICO E UN ANTICOMUNISTA CIOÈ UNA PERSONA PER BENE, PROMERCATO, ETEROSESSUALE, FILOAMERICANO
Entrando nel Cremlino, dove incontrerà Vladimir Putin, il migliore amico del Caimano, ad Alan Friedman sembra d’essere finito in «un film di James Bond, Dalla Russia con amore». Naturalmente, a dispetto del titolo, Dalla Russia con amore non si svolge in Russia, ma a Istanbul e Venezia. Putin, inoltre, nonostante i suoi trascorsi nel Kgb, è uno dei «buoni» (mentre i cattivi e i «malamente», in questo My Way. Berlusconi si racconta a Friedman, Rizzoli 2015, pp. 389, 20.00 euro, ebook 9,99 euro, sono i leader europei più anticomunisti, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, e un postcomunista italiano, Giorgio Napolitano). Generoso, oltre che atletico e di modi notoriamente spicci con chi non porta sufficiente rispetto, il despota asiatico del Cremlino, non appena il discorso cade sull’«amico Silvio», si sdilinquisce e passa subito a tesserne l’elogio. «Berlusconi», dice, «è un uomo che non ragiona soltanto in funzione della campagna elettorale o del prossimo ciclo di elezioni. Berlusconi ha una prospettiva strategica».
Mah. Può darsi. Perché no? Certo Putin ci crede, o così dice, e Friedman gli va a ruota. Come tutti i biografi, anche il giornalista americano (autore l’anno scorso di Ammazziamo il Gattopardo, Rizzoli 2014, un altro libro in cui Berlusconi fa la sua figura mentre i suoi avversari politici, sempre gli stessi, ne escono a brandelli) finisce per invaghirsi del suo personaggio, oltretutto un famoso seduttore, nonché un tipo decisamente simpatico, catastrofi politiche a parte.
Friedman racconta la sua storia a partire dalla nascita, nel remoto 1936. Pubblica persino le foto di Papi bebè. Spiega, con le parole stesse del leader di plastica, come il futuro reinventore del centrodestra italiano fosse fin da bambino un democratico e un anticomunista, cioè una persona per bene, promercato, eterosessuale, filoamericano. C’è pure un aneddoto che forse è vero ma che sembra falso: il suo babbo che lo porta ad Anzio, sulla spiaggia, o meglio sul «basciasciuga», dove nel gennaio del 1944 sbarcarono gli alleati, e mostrandogli le tombe dei soldati morti gli fa giurare, con la mano sul cuore, di restare per sempre fedele alla democrazia, e all’America, Dio la benedica.
Poi ci sono le avventure da intrattenitore sulle navi da crociera, da chitarrista, da cantante jazz e confidenziale, da palazzinaro milanese di genio, da padre (e genio della lampada) delle tv commerciali, da ricco sfondato, da amico di Bettino Craxi, da maritato e da divorziato, da barzellettiere, da proprietario del Milan, infine da politico e da fondatore d’una sorta di «Canale 5» politico che in quattro mesi, con un’operazione di marketing mai vista prima nella storia del mondo, non vince ma stravince le elezioni.
Difficile per un biografo non tifare per un simile personaggio. Biografia tosta, romanzesca. D’origini modeste, il giovane Silvio tifa per il profitto, passa il compito ai compagni in cambio di soldi o di gomme da masticare, tutte le donne ai suoi piedi, Milano 2, Mike Bongiorno, il Giornale nuovo di Montanelli, lo stalliere Mangano e le accuse di collusione con la mafia, soldi, soldi, soldi, ville e palazzi in ogni parte del mondo, le barche, il Maestro Apicella, la bandana. A un certo punto, con Don Verzè, sacerdote ma anche bravo affarista, carezza l’idea di fondare un istituto che studi il modo, a Dio piacendo, d’alzare l’età media a 120 anni, alè, senza avarizia.
Poi il disastro. Prima la minorenne di Casoria e il bunga bunga e poi, in rapidissima successione, il sorrisetto congiunto d’Angela Merkel e di Sarkozy, la condanna per evasione e frode fiscale, il tentativo da parte dei suoi nemici europei nell’operazione antiberlusconiana in corsa, il «complotto» che lo sbalza dal trono e porta Mario «bin Loden» Monti a Palazzo Chigi, i servizi sociali, Dudù e Dudina, una morosa di millantanni più giovane di lui e il suo doppio, infine, Matteo Renzi, che eredita il suo programma politico, dopo la condanna,un’assoluzione (evidentemente il bunga bunga non costituisce reato) mentre lui, l’originale, invecchia e sbiadisce. Friedman, giornalista e fan, racconta con brio e passione tutta la storia, che definisce a ragione «epica».
Peccato che le interviste gliele abbiano concesse solo gli amici del Caimano (e nemmeno tutti: Bush jr, un suo amicone, per esempio non figura). Parla Adriano Galliani, Fedele Confalonieri dice la sua, ma chissà che cos’avrebbe detto Romano Prodi, se Friedman l’avesse intervistato per My Way, o che cosa avrebbero detto Nicolas Sarkozy e signora, Gianfranco Fini e il presidente dell’Ucraina, Angiolino Alfano e Giulio Tremonti, per non parlare d’Angela Merkel, convinta (sbagliando, perché non era vero) che lui l’avesse definita «una culona inchiavabile».
Detto ciò, il libro si legge con piacere e profitto, e a dispetto di tutte le sue scapestrataggini e dismisure, più politiche che esistenziali, Berlusconi resta un personaggio positivo, a differenza di quasi tutti i suoi nemici, da Achille Occhetto ai magistrati d’assalto a Beppe Grillo.
Papi, al solito, è divertente, e oltretutto è per lo più, politicamente parlando, dalla parte della ragione. Anche Friedman è bravo come sempre. Chissà se anche in America trovano strano che parli come Oliver Hardy.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 10/10/2015