Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport 10/10/2015, 10 ottobre 2015
TRAPATTONI: «VERRATTI, PRENDITI L’ITALIA»
Tredici anni e un mese fa cominciò qui la sua lunga carriera azzurra Andrea Pirlo, oggi neanche in panchina per colpa di una contrattura. Chi lo schierò se lo ricorda bene: «Eravamo reduci dall’eliminazione in Corea, avrò anche sbagliato qualcosa, ma Moreno e la Fifa…». Giovanni Trapattoni, seconda voce Rai in telecronaca, rivede quel 7 settembre 2002: «Avevo cambiato modulo, ero passato al 4-3-1-2 e cercavo nuove soluzioni. Pirlo aveva personalità, tecnica, visione di gioco e soprattutto ne era consapevole. Sarebbe diventato presto un elemento cruciale della Nazionale». L’allora c.t. lo definì «uno Zico davanti alla difesa. Sapeva sempre cosa fare quando riceveva palla, dava di prima, i compagni si appoggiavano a lui. Ci vuole uno che sappia dettare i tempi quando c’è anche da rifiatare. Con il dovuto rispetto, quello che mi faceva Platini nella Juve una ventina di metri più avanti».
A Baku la sua Italia vinse facile. Oggi basterebbe un 1-0 per essere in Francia: ma è così scontato?
«Per niente. Non è come tredici anni fa, la cultura calcistica è universale, i tecnici studiano e trovano contromosse, Prosinecki ha dato solidità all’Azerbaigian. Ha aggiornato la scuola russa. Ma, certo, noi abbiamo estro, equilibrio tattico ed esperienza: se la condizione ci aiuta, vinciamo».
Se si gioca con il 4-4-2, a parte l’infortunio, non c’è spazio per Pirlo…
«Comprensibile, Conte ha bisogno di equilibrio in mezzo, Verratti può dare dinamismo e filtro. Ma sa che in ogni momento può puntare su Andrea, anche a gara in corso, perché Andrea non sa cosa sia l’emozione».
Dopo Pirlo in Italia sta scomparendo il play classico?
«Ci sono altre versioni, da De Rossi a Verratti. Non sempre ho giocato con il regista, a volte lo avevo più avanzato tipo Matteoli, altre ho impostato la mediana sull’agonismo. E poi dipende da dove comincia il gioco. Oggi per esempio il primo regista è Buffon che apre agli esterni: Verratti può fare da appoggio, ma piuttosto si cerca la verticalizzazione, i corridoi in avanti. Nuove idee calcistiche, ci si adatta ai giocatori a disposizione».
Verratti è play, mezzala o cosa?
«Dire mezzala è riduttivo, è un centrocampista a tutto campo con ormai grande esperienza fatta nel Psg. Mi ricorda un po’ il Tommasi: stessa posizione, nella sua trequarti, dinamismo, verticalizzazioni, lontano dall’area avversaria. Ritmi così, oggi che il pressing è esasperato, sono importanti».
Il 4-4-2 sta tornando di moda dopo essere stato cancellato?
«È il sistema più semplice. Nel calcio purtroppo si va per imitazione e tutti hanno voluto scimmiottare il Barcellona: ma chi ha giocatori che con trenta passaggi possono arrivare in porta? Se non hai grandi palleggiatori puoi usare un metodo meno elegante ma più redditizio. Con i suoi schemi: gli esterni mica possono fare solo gli esterni, ma devono proporsi, stringere verso il centro se una delle due punte si allarga, rientrare…».
Manca sempre il centravantone, il suo Vieri: dopo Toni, si è visto ben poco.
«Era importante il centravanti d’area, partecipava poco ma era risposato nei 16 metri per colpire. Oggi però che si gioca un calcio totale non è male un attaccante che rientra e partecipa. A me Pellè non spiace per niente: ha tecnica, forza, voglia di collaborare».
Dal campionato arrivano tante indicazioni: il 4-3-3 di Sarri, il bel gioco di Sousa…
«Stanno incantando. Paulo Sousa è un ragazzo intelligente che conosco bene e la sua Fiorentina è spumeggiante, il Napoli è organizzatissimo e quasi spregiudicato, prepotente. Sousa e Sarri sanno che arriveranno momenti più difficili, a me succedeva a metà novembre e avevo 14 giocatori, non 25: staranno lavorando per mantenere il vantaggio. Ognuno conosce la “febbre” della sua squadra».
Uno dei fenomeni del Napoli è Insigne, ma ha lasciato la Nazionale per infortunio. Conte si sente solo….
«Eh, a volte cominciano le pressioni delle società. Non mi riferisco a questa situazione, ma al fatto che agli interessi “patriottici” non sempre corrispondono quelli dei club che stipendiano i giocatori. Mi ci sono trovato anch’io, c’era chi cercava di condizionare le rose perché magari al rientro aveva una partita scudetto. Comunque io ho imposto le visite fiscali ai giocatori a Coverciano: era il nostro medico a decidere, non i club».
E la Juve insegue a -10. Può recuperare?
«È molto lontana, ma chi sta davanti riuscirà a tenere sempre questo ritmo? In fondo la Juve ha la mentalità compatta, lo spirito vincente, gioca un bel calcio anche se ha faticato a segnare, da Morata a Dybala ha grandissimi attaccanti giovani. Diciamo che ha lo spazio temporale per recuperare».
Pur con un punto in più il Milan non riceve lo stesso credito…
«Ma io credo in Mihajlovic. Ha esperienza, viene da campionati importanti, ha carattere. Forse al Milan hanno sbagliato nel voler trasformare giocatori in ruoli non adeguati: a quel livello si prendono giocatori per il loro ruolo».