Chiara Mariani, Sette 9/10/2015, 9 ottobre 2015
FOTOCOPIE EN PLEIN AIR PER SCUOTERE IL MONDO
In principio era tutto illegale. Oggi JR (pseudonimo di un uomo nato in Francia nel 1983 e di cui si sa poco) festeggia i suoi dieci anni di vita artistica allo scoperto. Anzi en plein air, dato che la peculiarità del photograffeur, come lui stesso ama definirsi, è impossessarsi del mondo. La sua tecnica è nota: fotografare le persone, fotocopiare gli scatti, ingigantirli e incollarli sulle strade, i tetti, i ponti e qualsiasi superficie pubblica che il suo genio voglia adibire a galleria privata. «Le immagini non sono speciali, dice. Dipende da cosa ci fai». Can Art Change the World? È il titolo che Phaidon ha scelto per il volume in uscita il 12 ottobre che celebra questo interprete del nostro tempo il cui estro ha vinto le resistenze dei più conservatori: lo scorso anno nel mese di marzo 9 monumenti nazionali francesi sono stati contaminati dal progetto Inside out. Tra questi il Pantheon: 195 mila ritratti di persone giunti da 100 Paesi del mondo sono stati incollati sul pavimento e la cupola, modificando la percezione dell’ultima dimora di Voltaire, Jean-Jacques Rousseau, Victor Hugo…
Il mondo dei graffitari lo conquista a 13 anni, ma la sua ispirazione presto trascende il linguaggio tipico dei suoi colleghi. Vuole coinvolgere un numero vasto di persone, quelle anonime, neglette e perlopiù rappresentate con degli stereotipi. Secondo la leggenda, JR trova una macchina fotografica in una stazione della metropolitana e inizia a fotografare i protagonisti delle rivolte che infiammano nel 2005 le banlieu parigine. Vuole rappresentarli ognuno con una propria identità e non come una massa arrabbiata e informe. Questo il principio a cui è fedele ancora oggi. Nel 2006 inizia a lavorare con Marco Berrebi a un progetto più ambizioso. Ritiene che i media parlino in modo troppo astratto di chi vive in Israele/Palestina di qua e di là dal muro. Fotografa chi si dichiara per la pace e per la creazione di due stati. Con la complicità di israeliani e palestinesi, coordina un’esposizione illegale dei loro ritratti monumentali e irriverenti (Face 2 face) e accosta le fotografie degli omologhi di entrambe le parti utilizzando come supporto il muro che separa i due popoli.
Il talento a disposizione di tutti. La sua è una forma d’arte nuova. Vuole scuotere chi accetta le interpretazioni conformiste e rivolgersi a chi non ama o non frequenta né musei né gallerie. Ha fatto rivivere l’atmosfera di Ellis Island incollando sulle pareti le foto ingigantite degli immigrati sottoposti un secolo fa alla quarantena; ha addobbato le favelas di Rio con gli occhi enormi dei suoi abitanti; ha lastricato i viali e le facciate degli edifici nelle capitali del mondo con i volti degli eroi senza nome del nostro tempo per sensibilizzare verso la povertà e le diseguaglianze. La didascalia di suo pugno della fotografia di questa pagina, realizzata quest’anno in Flatiron Plaza, recità così: «Era un progetto sugli immigranti anonimi che arrivano ogni giorno a New York. La gente camminava senza capire cosa fosse questa cosa di 50 metri. Poi l’ho fotografata dall’elicottero, e il New York Times Magazine l’ha pubblicata in copertina. Improvvisamente il punto di vista è cambiato. Il ragazzo della foto, Elmar, un immigrato dell’Azerbaijan, ora era il centro dell’interesse. I pedoni che ci camminavano sopra erano solo piccole ombre». Può l’arte cambiare il mondo? Forse no, ma JR ci prova.