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 2015  ottobre 09 Venerdì calendario

VACILLA ANCHE IL MITO MESSI. CHIESTI 22 MESI DI CARCERE

Già visto, già sentito tante altre volte. A un tratto, in un’aula di tribunale, si scopre che il magnifico atleta, quello che nel suo recinto tutto vede e tutto sa, quello che fa vibrare le folle col suo genio e le sue mirabolanti astuzie, il migliore di tutti, fuori dal recinto diventa l’ultimo dei fessi, uno che non sa, non ricorda, non capisce, con qualcun altro che lo trascina verso il crimine mentre lui, povera anima, si fida e rimane fregato.
«Non leggo mai i fogli che mio padre mi dà da firmare, non faccio proprio domande. Firmo a occhi chiusi. So quanto guadagno ogni anno, questo sì, ma non so dove va a finire il denaro: di tutto si occupa mio padre e mi fido completamente di lui». Questa la difesa di Lionel Messi davanti al giudice di Gavà (vicino Barcellona), che gli chiedeva conto dell’accusa per tre reati di frode fiscale sui diritti d’immagine relativi agli anni 2007, 2008 e 2009, mentre quel denaro sarebbe volato su conti protetti, legati a società di comodo, in paradisi fiscali come il Belize e l’Uruguay.
E se due giorni fa la Fiscalìa, cioè la procura, aveva chiesto un anno e mezzo di carcere per il padre di Messi, Jorge Horacio, scagionando il giocatore dall’accusa (e accogliendo la posizione della difesa che per giustificare la superficialità della Pulce aveva parlato dei suoi “livelli di studio”, dandogli insomma dell’ignorante a prescindere), ieri l’Avvocatura dello Stato, che tutela gli interessi del Fisco spagnolo, ha formulato invece, considerati i «concreti e logici indizi di criminalità», una richiesta pesantissima, con cui si andrà a giudizio: 22 mesi e mezzo di carcere per Messi e suo padre, per l’esattezza 7 mesi e 15 giorni per ogni anno in cui non sono state pagate le tasse in questione, più una multa di 4,1 milioni.
Anche l’Avvocatura ha riconosciuto le attenuanti dell’assoluta ignoranza in temi tributari da parte di Messi, ma chiede la condanna del più bravo giocatore al mondo, sicuro vincitore del Pallone d’oro 2015, perché «non poteva ignorare» che quel denaro finiva in paradisi fiscali, e se lo ignorava peggio per lui, perché la legge, come tutti sanno, non ammette ignoranza, né distrazioni. Tra l’altro conviene ricordare che a distrazioni simili padre e figlio non sono nuovi: nel 2014 Messi pagò al Fisco 55 milioni, diventando per quell’anno il principale contribuente di Spagna, sistemando una analoga e imbarazzante questione di mancati pagamenti di imposte, e sembrava che la cosa fosse chiusa lì. Nemmeno per idea. E probabilmente nella richiesta di carcere per Jorge& Lionel Messi pesa anche la recidiva di quel procedimento.
Bruttissimo affare, che macchia la carriera della Pulce. Anche se evidentemente al Barcellona un po’ tutti hanno questi problemoni col fisco. L’ex presidente Sandro Rosell ha dovuto cedere il ruolo a Bartomeu perché su di lui pende una richiesta di carcere per 7 anni e tre mesi per frode fiscale nell’acquisto di Neymar (ne hanno chiesti 2 e mezzo anche per Bartomeu). Pochi giorni fa il fisco brasiliano ha chiesto a Neymar 14 milioni per imposte passate non pagate, e intanto gli ha bloccato beni per 42 milioni. Javier Mascherano, pesce piccolo, è invece a giudizio a Barcellona per una piccola frode, che volete che sia: 1,5 milioni. Proprio vero: il Barça è «mes que un club», è molto di più.