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 2015  ottobre 09 Venerdì calendario

HO VISTO IL PROSSIMO MESSI


Londra. Al 174 di Old Street, là dove di “old” c’è solo il pub William Blake, mentre tutt’attorno è un susseguirsi di edifici hi-tech che ospitano startup di ogni genere, c’è un palazzo di sei piani dove si considera il calcio per ciò che è: un gioco. O meglio, un videogioco. Ma di quelli così ben fatti e simulativi che non è raro, sui social, vedere scatti di atleti e allenatori famosi mentre si dilettano tra una partita e l’altra. Il suo nome è Football Manager, è prodotto da Sports Interactive e al suo interno batte una tecnologia così raffinata da far gola a chi con il calcio e i calciatori ci lavora.
Ecco perché, per esempio, dal giugno dello scorso anno, la League Managers Association inglese, ossia l’associazione che riunisce tutti gli allenatori, ha deciso di inserire Football Manager nei suoi corsi dedicati a ex calciatori che vogliono sedersi in panchina. Nella parte del mister, ovviamente.
Sports Interactive, fondata nel 1994, occupa i piani 2, 5 e 6 del palazzo con un gioco che, ogni anno, vende oltre un milione di copie nella versione per computer, a cui se ne aggiungono qualche centinaio di migliaia con le edizioni per smartphone e tablet. Ciaran Brennan, responsabile della comunicazione, mi fa entrare trangugiando quello che lui stesso, da amante dell’Italia quale è, definisce un pessimo caffè. Quando gli chiedo come fa a vendere così tanto un gioco che ti mette davanti a migliaia di numeri e nomi, e in cui devi gestire ogni aspetto di una squadra, dalle tattiche agli allenamenti, passando per calciomercato e relazioni con la stampa, lui mi risponde sicuro: «Merito della scelta di non scendere a compromessi con la semplicità e dare ciò che un vero impallinato di calcio si aspetta: realismo».
Il realismo, nel caso di Football Manager, è dovuto principalmente al suo database: un enorme archivio dove trova spazio oltre mezzo milione di giocatori reali. Ciascuno, al di là di decine di caratteristiche fisiche, come altezza e peso, è valutato in base a più di 250 parametri: accelerazione, velocità, precisione, abilità nei colpi di testa, agilità, aggressività, morale e molti altri ancora.
Football Manager è duro e puro, senza compromessi. Un appassionato passa anche un paio d’ore per preparare la sua squadra virtuale al prossimo match. Saliamo le scale e ad attendermi, nella stanza dei ricercatori, c’è un ragazzetto alto e dal completo impeccabile, con un sorriso smagliante: è Tom Markham, il capo del business development. Colui, in pratica, che deve vendere non il videogioco ma la tecnologia. «Il cuore del titolo», mi spiega, «è l’FMD, ossia il Football Manager Database: un concentrato di dati come nessuno ha mai fatto in questo campo».
L’FMD è una sorta di schedario, il cui elemento base è il giocatore, con tutti i suoi parametri. L’anno del debutto conteneva 4.000 nomi. Oggi sono più di 585mila, distribuiti nelle circa 32mila squadre presenti nel gioco. «L’arma vincente è la cura maniacale con cui compiliamo il database», mi spiega uno dei ricercatori, mentre davanti a lui ci sono due schermi con dati che scorrono come in un film di hacker.
Organizza il lavoro di una rete di 1.300 collaboratori da tutto il mondo. Ciascuno di loro segue ogni giorno le squadre locali, attraverso la tv e i social, guardando ogni partita e a volte contattando la stessa dirigenza. Raccolte le informazioni, compila il database e lo passa a un coordinatore, che lo verifica e, infine, lo trasmette proprio ai tizi che ho davanti. «Lo facciamo 5 o 6 volte l’anno, per stabilire la tendenza seguita da un certo giocatore: sta migliorando? Peggiora? È un possibile campione ma fatica a esprimere il proprio potenziale?».
Tom è eccitato mentre me lo spiega. Questo processo così raffinato ha portato, tanto per dire, a scoprire un certo Lionel Messi prima di tutti gli altri, talent scout e procuratori compresi. «Dai dati ricevuti dai collaboratori argentini ci siamo accorti di questo Messi: aveva dei parametri fuori dall’ordinario». Ma è solo un esempio: Gareth Bale, Wayne Rooney, Cesc Fàbregas, Gaël Clichy e il giovane Gerson conteso da Roma e Barcellona sono altri giocatori che, quando ancora erano sconosciuti, qui al 174 di Old Street erano già considerati “futuri campioni”.
«Grazie all’FMD avevamo individuato anche Pogba, che in verità non fu nemmeno una sorpresa: fin da bambino era un predestinato», dice Miles Jacobson, lo studio director di Sports Interactive, in pratica a capo del progetto da più di 15 anni. Ciò ha trasformato il cuore di Football Manager anche in strumento professionale. Ecco perché Prozone, società inglese specializzata nell’analisi delle prestazioni degli sportivi, non ha avuto dubbi quando si è trattato di scegliere un partner che le fornisse dati sui calciatori di mezzo mondo. All’improvviso, la tecnologia di un gioco si è ritrovata al centro delle strategie dei club che già utilizzavano i servizi di Prozone per scoprire nuovi talenti a livello planetario.
Prozone Recruiter è uno strumento “tutto in uno” che contiene un archivio di circa 80mila calciatori, che si possono confrontare e filtrare, fino a selezionare gli elementi su cui puntare le strategie di calciomercato del club (vero) che ne fa uso. Visto che tra i clienti di Prozone ci sono Arsenal, Manchester United, Chelsea e Athletic Bilbao, è chiaro che Sports Interactive è destinata a conquistare le panchine vere, oltre a quelle virtuali. «Soprattutto», come racconta Tom Markham, «quelle di squadre medio-piccole che non posso permettersi una rete di scout».
E non solo: anche la tv è caduta ai piedi di Jacobson e del suo team. Sky Sports Uk, infatti, da quest’anno, sfrutta l’FMD per mostrare ai telespettatori le schede dei vari calciatori, analizzando in diretta le prestazioni e confrontandole tra loro.
Jacobson conosce il nostro calcio come le sue tasche, e ci tiene così tanto da aver assegnato un ricercatore per ogni squadra di Serie A. Così, un po’ per gioco e un po’ per testare l’efficacia di Football Manager 2016, gli chiedo chi vincerà il campionato. Lui risponde allargando le braccia, senza lasciare speranza agli avversari: «La Juventus, ovviamente».