Giuseppe Bizzarri, il Fatto Quotidiano 9/10/2015, 9 ottobre 2015
“ROUSSEFF TRUCCA I BILANCI” E RISCHIA L’IMPEACHMENT
Sarà forse una coincidenza ma mercoledì, giorno in cui le autorità svizzere hanno bloccato 2,4 milioni di dollari, detenuti illegalmente dal presidente della camera brasiliana, Eduardo Cunha in Svizzera, la Corte dei Conti (Tribunal de contas da união, Tcu) ha considerato irregolare il bilancio statale per l’anno 2014 presentato dalla presidente Dilma Rousseff. Benché la decisione non sia legalmente vincolante – solo il Congresso può approvare, o no, il resoconto dei conti pubblici presentato dall’esecutivo – potrebbe essere sfruttata dagli avversari politici di Dilma per promuovere uno impeachment.
Avverrà ora un ricorso alla decisione del Tcu e un lunghissimo, travagliato, dibattito al congresso, ma chi in definitiva avrà il potere di dare via alle procedure d’impeachment sarà proprio Cunha, il presidente della Camera, il quale nega che i conti svizzeri intestati a suo nome, ma anche a moglie e figlia, siano suoi. Il neo pentecostale affiliato al Pmdb, il principale partito alleato del Partido dos Trabalhadores, il partito della Rousseff e dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, è stato citato dal pentito Paulo Roberto Costa, l’ex manager della Petrobras, come uno dei deputati e senatori coinvolti nello schema di corruzione del Lava Jato, l’autolavaggio, il nome dato all’inquietante scandalo della Petrobras, la società petrolifera da mesi sotto la lente dalla Commissione parlamentare d’investigazione.
I dollari in Svizzera proverrebbero da tangenti ricevute da Cunha, il quale non ha intenzione di dimettersi, grazie anche all’appoggio della poderosa lobby politica neo-pentecostale che fa quadrato intorno al pemedebista. Cunha sfrutta lo scandalo del Lava Jato non solo per consentire al suo partito d’ottenere incarichi e segreterie, come il settimo ministero conseguito dalla Rousseff, dopo la recente riforma ministeriale, ma anche per varare leggi che favorirebbero la lobby neo pentecostale. Tutti lo temono a Brasilia, dove la lista dei parlamentari indagati è lunga. Se Cunha cadrà, porterà con se molti politici.
L’accusa d’avere nascosto, se non truccato, dati del bilancio pubblico sono uno delle tante carte che l’opposizione cerca di giocare per far dimettere Rousseff; ma anche spodestare il Pt al potere da 13 anni, artefice della crescita economica e sociale del Paese.
Dietro la battaglia politica si cela la lotta di classe che si accentua con la crisi economica. Sono in molti, tra cui l’ex guerrigliera Dilma, a usare la parole golpe per definire l’accanita opposizione di una classe sociale che perde sempre più privilegi nel paese.
La destra ha cercato di collegare Rousseff a Lava Jato, ma la commissione non ha però raccolto nessuna prova contro la presidente, la quale era nel consiglio di amministrazione della Petrobras durante il governo del presidente Lula. Il “golpe” andrebbe avanti se, dopo il parere favorevole ricevuto dal Supremo tribunale federale, la polizia federale interrogasse entro 80 giorni il presidente più votato della storia brasiliana, Lula, il quale, in qualità di persona in formate sui fati, dovrà deporre sullo scandalo Lava Jato.
Giuseppe Bizzarri, il Fatto Quotidiano 9/10/2015